22 dicembre 2014

CITTA' DEL MESSICO: LETTERA DAL CARCERE DI CARLOS LOPEZ "CHIVO" DAL RECLUSORIO ORIENTE


riceviamo e diffondiamo:


Sul conflitto in Messico e una critica all’ambiente anarchico. 

Attualmente è un periodo di forte tensione in parte del paese, il malcontento che individui e gruppi hanno contro lo Stato-Capitale si sta estendendo, creando così un contesto idoneo per continuare la nostra lotta per la liberazione totale. Viviamo in una presunta “democrazia”, nella quale i suoi rappresentanti raddoppiano gli sforzi per consolidare una inesistente “pace sociale”, che in pratica non è altro che maggior controllo e dominio sulle nostre vite. Ma è proprio questo stesso controllo che genera odio e risentimento e che presto o tardi esploderà in rivolte.
Possiamo vedere che siamo di fronte un governo che si è sentito vulnerabile e a cui fa male vedersi momentaneamente superato dall’azione di quelli e quelle che combattono la sua oppressione e a cui fa terrore che il conflitto si generalizzi per dare il passo verso l’insurrezione sociale.
In tutto il paese avvengono decine di assassinii e ingiustizie, di casi isolati che non hanno l’appoggio mediatico né la forza sociale per provocare quella indignazione che alzi il livello del conflitto e questo ci fa pensare che continuiamo a preferire lo spettacolare e il quantitativo. Il conflitto più recente in questo senso è il caso di Ayotzinapa, lo stesso che ha fatto da detonante per una serie di sommosse avvenute in differenti punti del paese per via della desaparicion dei 43 studenti normalisti, decisione presa dalle sfere del potere governativo e che ci dimostra che la guerra sucia(la guerra sporca) non è qualcosa del passato ma anzi continua ad essere una pratica che prevale, come si dimostra in Chiapas, Atenco, Oaxaca.
Fiumi di informazione scorrono quotidianamente riguardo il tema di Ayotzinapa, in cui si spettacolarizza sull’incerto destino dei ragazzi; così posso solo dire che la sparizione dei 43 studenti avviene in un contesto complicato, in cui sono stati tanti i fattori che hanno contribuito a provocare questa situazione: le dispute fra i cartelli della droga che agiscono nella zona per il controllo della piazza dell’oppio e la marijuana, i quali vedono nel traffico di droga un mezzo per acquisire non solo armi e soldi ma anche potere e prestigio per la realizzazione dei loro obbiettivi. Mischiato ciò al tema della politica, infatti come sappiamo bene i rappresentanti della democrazia sono collusi con le mafie per aumentare il loro potere politico ed economico, dando vita così a un narco-governo. Inoltre esistono storicamente gruppi politico-militari che hanno la loro base sociale in questa regione (lo stato di Guerrero).
Noi, individualità contrarie a tutti i tipi di autorità, non possiamo accettare nessun potere visibile o di fatto e allo stesso modo mostriamo la nostra piena negazione a qualsiasi tipo di assassinio o desaparicion per motivi politici o interessi mafiosi.
La desaparición dei 43 normalisti ha avuto una certa diffusione nell’opinione pubblica e nei mass media, dando vita al movimento “Todos somos Ayotzinapa” e dando respiro a una serie di manifestazioni di protesta, incontri, critiche in internet alle istituzioni dello Stato per la sua “inefficienza”; comitati cittadini chiedendo la rinuncia del presidente fascista Peña Nieto; familiari e amici esigendo la presentazione con vita dei loro cari e portando gran parte della lotta sulla via della legalità, però anche per mezzo di forme violente, soprattutto a Guerrero e a Città del Messico.
Personalmente mi solidarizzo con il dolore che senza dubbio sentono i familiari deidesaparecidos, infatti non è per nulla facile la situazione che stanno vivendo e mi sembra ovvio che si riferiscano alle autorità per chiedere giustizia, non avendo posizioni anarchiche. E anche se capisco, ma non condivido, che la maggior parte del movimento preferisca manifestare in maniera pacifica e non violenta, quello che non posso accettare è che questo stesso movimento, o una sua parte, segnali o arrivi a consegnare compagnx che decidono appoggiare con metodologie illegaliste.
Dalla mia prospettiva anarchica, considero che il pacifismo è una lotta facilmente recuperabile dallo Stato, oltre ad essere opposto ai nostri principi. Noi non pretendiamo carcere per nessuno, anzi lottiamo per la distruzione delle prigioni perché le consideriamo inutili. Per l’anarchico barcamenarsi in questa società non presuppone nessuna realizzazione ma una costante tensione che cerchiamo di estendere in tutti gli ambiti delle nostre vite, per questo dobbiamo essere attenti alle nostre prese di posizione e sapere portare avanti una lotta al fianco di coloro che si ribellano, però senza abbandonare le nostre convinzioni, senza cercare di essere accettati né benvoluti e tanto meno riconosciuti.
Per esempio, appoggiamo la rivolta sorta in seno ai fatti di Ayotzinapa però non cadremo in metodi e forme distanti dalle nostre, lasciandoci condurre dalla corrente. Non tutti siamo Ayotzinapa. Ci impegniamo ad ampliare il conflitto senza metterci la casacca di un movimento che non ci rappresenta. Sono d’accordo con il compagno Mario López “Tripa” sul fatto che la nostra lotta non è per migliorare le cose, né per ritornare a una forma di governo più giusto, non concepiamo nessun mal o buon governo, non cerchiamo di sviluppare le nostre lotte in una prospettiva “buena onda”. Quello che invece cerchiamo è una rottura totale, un “Ai ferri corti” con tutte le manifestazioni di dominazione, arrivi da dove arrivi, una rottura fino alle ultime conseguenze.
Non vogliamo chiedere niente a nessuno ma solo approfittare delle condizioni per continuare le nostre lotte, giacché ogni colpo assestato al potere ci fa più liberx. Crediamo fermamente che gli attacchi solidari sono la forma migliore di dimostrare il nostro appoggio. Non crediamo nelle congiunture per dimostrare la nostra solidarietà, al contrario desideriamo e ci sforziamo di mettere in pratica la insurrezione quotidiana e sociale.
Essere prigioniero suole essere duro ed inoltre riduce abbastanza la quantità di informazione che uno riceve sui fatti che succedono fuori, però questo non impedisce che possiamo esprimere le nostre riflessioni, nonostante l’impotenza per non avere l’opportunità di appoggiare spalla a spalla i compagni, quando vediamo che le condizioni si prestano per realizzare questa insurrezione a cui mi riferisco e, certamente, il Momento che moltx anarchicx tanto dicono aspettare, come propugna l’anarchismo di sintesi o quei “rivoluzionari anti-sistema” che dicono di lottare per un mondo migliore e, se è così, in questi momenti non possono inventare pretesti per saltar fuori da questa eterna attesa e dalla zona di comodità che offre la parola fine a se stessa. Ora si tratta di continuare con la tensione e non permettere che si estingua il fuoco liberatore. Dobbiamo continuare ad avanzare, non solo alzando il pugno e la voce, bensì con tutto il corpo e la volontà, e tenendo chiaro che se non c’è un agglomerato di compagnx per agire, abbiamo la valorosa opzione di continuare con attacchi notturni e anonimi, con artefatti esplosivi fatti in casa e semplici però contundenti, gli obbiettivi abbondano.
Senza dubbio, la vanità e il capitalismo sono soliti essere valori che distorcono la solidarietà, confondendola con azioni banali quali andare a una partita di calcio o concerti musicali, cercando di comparire nelle foto ed essere famosi per un istante o sentire una grande forza momentanea nell’ascoltare un artista o un intellettuale lanciare discorsi facili e applaudire fortemente per poi tornare alle proprie case e continuare con la routine della vita.
O quelli che dimostrano il loro appoggio comprando una maglietta con qualche piccolo testo senza avere chiaro che con ciò invece di appoggiare una lotta solo si sta appoggiando l’industria capitalista. E potremmo menzionare molti esempi simili…però questo non succede tra anarchicx…o invece si?
Ho chiaro che l’insurrezione deve essere sociale, al fianco della gente, anche se di differente ideologia, partendo dal fatto che la lotta deve essere generalizzata e cercando una soddisfazione individuale, però questo non vuol dire che stiamo cercando alleanze con nessuno, infatti come dice Bonanno: “gli anarchici siamo estranei ad ogni tipo di alleanza”. Considero questa unione solo momentanea ed allo scopo di ampliare il conflitto e non “recuperare terreno” sullo Stato, ma distruggerlo dalle fondamenta. Da questo la mia discrepanza con le alleanze, infatti sono solite essere impossibili dovuto alle discrepanze di principi.
Un esempio di queste discrepanze è l’EZLN dove si dimostra una evidente contraddizione in quanto moltx anarchicx, o anarcozapatistx, di presunta postura antiautoritaria, appoggiano e si sentono identificati con questo esercito, di tendenza comunista e struttura autoritaria. Questi anarcozapatisti si fanno influenzare da motti quali “comandare obbedendo”, e allora noi diciamo che il comando genera sempre potere e di conseguenza ci sarà sempre qualcuno a cui obbedire, nonostante gli zapatisti dicano che “è il popolo che comanda e che il governo è chi obbedisce”. È scontato che non disconosco la lotta che nel 1994 intraprese con valore l’EZLN contro lo Stato, guadagnandosi centinaia di simpatizzanti nel mondo per la loro causa; e successe che vari anarchici ci facemmo accattivare dalla “Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona”, però presto arrivò la delusione rendendoci conto che continuava ad esistere una pratica autoritaria, nonostante il presunto discorso libertario.
Qualsiasi esercito per quanto rivoluzionario si possa dire, anche se si tratta di eserciti neri che si reclamano presuntamente anarchici, avrà sempre una base autoritaria (maoista o marxista-leninista), che è contraria all’anarchia ed è per questo che considero superflue e sterili tali alleanze. Vediamo come necessario prendere le distanze da un certo tipo di sinistra che cerca di ribaltare il potere con lo scopo di sostituirlo con un altro, classica teoria marxista-leninista.
Per concludere non vogliamo omettere di menzionare che nell’attuale congiuntura differenti gruppi hanno dato vita ad attività: anarchicx, gruppi politici e cittadini ed anche guerriglie hanno contribuito con azioni separate al conflitto e, come sempre, c’è chi cerca di trarne beneficio, come il caso della guerriglia che si sta dedicando a reclutare gente, incluso alcunx anarchicx, per ampliare il suo circolo guerrigliero. Promettono addestramento nella strategia militare e logistica di attacco, uso delle armi. È preoccupante che alcunx anarchicx si lascino sedurre e partecipino, andando in questo modo nel senso opposto alle proprie convinzioni, ma forse a volte è mancanza di informazione. Le guerriglie sono avanguardie specializzate che hanno scelto volontariamente la clandestinità come forma di attacco.
Dobbiamo avere chiaro che non è necessaria la specializzazione in nulla, perché non siamo professionisti né proviamo ad esserlo, ci avvaliamo solo di attacchi semplici e permanenti, usando solo il necessario per rendere effettiva la lotta, in quanto il fine non giustifica i mezzi e non dobbiamo mai perdere la coerenza fra chi siamo e come e perché realizziamo i nostri atti.
Carlos López “Chivo”

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