21 luglio 2013

GENOVA: ESISTIAMO QUINDI RESISTIAMO


riceviamo e diffondiamo un testo distribuito durante il presidio in vista delle due udienze di riesame per l'applicazione di una serie di misure cautelari a Genova:


ESISTIAMO E QUINDI RESISTIAMO

Per essersi opposti allo sgombero di una casa occupata piuttosto che all’esproprio di un terreno coltivato, per essersi difesi della polizia che caricava studenti o lavoratori, per aver espresso solidarietà e rabbia, oggi non si rischia più solo una condanna da parte dei tribunali, ma si viene sottoposti a “misure preventive” che, passando per l’obbligo di una o più firme quotidiane presso i commissariati, arrivano fino agli arresti domiciliari. La “prevenzione” del radica(lizza)rsi della lotta sembra essere diventata una pratica nazionale, come appare evidente dalle denunce e conseguenti misure, a carico di studenti e non solo, di Milano, Padova, Torino e Livorno, dai continui fogli di via della Val di Susa e dai continui ricatti di cassintegrazione che vengono posti in essere sul mondo del lavoro nel momento in cui una lotta inizia a delinearsi.
Genova in tutto questo non è un’eccezione. Dal dicembre 2012, 11 compagni sono stati sottoposti a diverse misure cautelari (dagli arresti domiciliari all’obbligo di presentarsi in questura una o più volte al giorno) per losgombero della casa occupata Giustiniani 19 del 7 agosto dello stesso anno.
Tali misure sono state loro imposte non in quanto “sanzione” di presunti reati commessi, ma come “prevenzione” di presunti reati ancora da compiersi: si tratta, infatti, di misure cautelari preventive, disposte per “sorvegliare e punire” coloro che dimostrano di avere un comportamento che non può essere “corretto” altrimenti, come viene affermato dai giudici stessi. 
Il 18 e 19 luglio il Tribunale del Riesame di Genova è chiamato a pronunciarsi per l’ennesima volta su queste misure,
dopo che la Cassazione ha provveduto a dichiarare l’illegittimità di quello che è stato da noi definito il DASPO politico. Ogni giorno è sempre più chiaro, come lo stato democratico pretende di regolare la vita sociale: sempre più misure repressive e sempre più presenza di polizia. E se in un periodo di relativa pace sociale, l’attenzione repressiva sembrava confinata ad una sfera limitata di attivisti ora che il fermento sociale sta prendendo una forma più definita, lo stato inizia ad estendere questo comportamento a porzioni sociali più ampie, con il chiaro intento di sconfiggere definitivamente ogni possibilità di resistergli e di stroncare chi prova a farlo. 
Non ci sono soluzioni facili a tutto questo, ma crediamo che una risposta alle diverse manovre repressive sia quella di continuare ad opporsi al progressivo incedere dei meccanismi di sfruttamento lottando in prima persona, costruendo reti di relazioni e lotta, diffondendo anche la consapevolezza che carcere e repressione sono gli spauracchi che sempre ci verranno agitati davanti. Occorre imparare a difendersi e praticare la solidarietà. Occorre immaginare come costruire momenti di rottura e percorsi di liberazione, condividerli, estenderli, generalizzarli. Percorsi dove tutti ed ognuno, in autonomia e libertà, possano trovare il proprio spazio e dare il proprio contributo.

Solidarietà a tutti gli inquisiti.
Liberare tutti… e vincere.

Rete genovese contro la repressione

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