24 agosto 2014

AGGIORNAMENTI SUL COMPAGNO GABRIEL POMBO DA SILVA


riceviamo e diffondiamo:


Mercoledì, 6 agosto 2014, il compagno Gabriel Pombo Da Silva alla fine è uscito dall'isolamento provvisorio (al quale era stato sottoposto il 17 giugno ad A Lama) per essere trasferito al carcere di Topas (Salamanca), dove è arrivato venerdì 8 agosto. Adesso è in una cella singola. Appena arrivato gli è stato nuovamente notificato il controllo di tutte le comunicazioni (scritte, telefoniche e dei colloqui).
L'amministrazione penitenziaria dispone anche di tutto un arsenale di misure e molestie per punire e vendicarsi di coloro che, come Gabriel, Francisco, Monica e molti altri si rifiutano di abbassare la testa e sottomettersi.
Citiamo tra l'altro i ripetuti tentativi di interrompere le relazioni del prigioniero, rendendo difficili - e a volte impossibili - i contatti con l'esterno o di separarlo dai suoi amici con i trasferimenti da un modulo all'altro, come è appena accaduto, a soli tre giorni dal suo arrivo a Topas.
Questi piccoli giochi sporchi caratteristici del Potere e dell'Autorità non hanno nulla di sorprendente, fanno parte dell'abominevole routine carceraria e del ricatto della "buona condotta" del bastone e della carota.
E' proprio perchè lo sappiamo e non siamo disposti ad accettarlo che staremo attenti alla situazione dei compagni, e soprattutto continueremo a lottare contro la macchina di frantumazione che vuole schiacciarci.
Da entrambi i lati del muro! Distruggiamo ciò che ci distrugge!
Per la Libertà,

Alcuni anarchici
16 agosto 2014

Per scrivere a Gabriel ( sembra che nel carcere di Topas possano entrare le pubblicazioni con deposito legale):


Gabriel Pombo Da Silva
Centro Penitenciario  de Topas - Salamanca
Ctra. N-630, km. 314
 37799 Topas ( Salamanca )

RADIOCANE: LE AVVENTURE DI CIPOLLINA PARTE II

<< Cipollina [...] io desidero che tu prenda la tua roba e te ne vada per il mondo ad imparare.>> <<Ma io non ho libri e non ho soldi per comperarli.>> <<Non importa studierai una materia sola: i tiranni e gli oppressori, imparerai chi sono i veri malfattori. Quando ne troverai, fermati e studiali per bene.>> <<E poi cosa farò?>> <<Vedrai al momento giusto ti verrà in mente che cosa fare.>>

Una monella che fa piangere chi le strappa i capelli e un tiranno acido e prepotente sono i due principali antagonisti. La posta in gioco dello scontro è nientemeno che la libertà di un popolo intero, composto di pomodori, ciliege, ragni e vecchie talpe. Il principe Limone e la sua corte, devono attraversare a tutti i costi una valle di maleodoranti cipolle e con la violenza e con l’inganno cercano di sbarazzarsi di quella fastidiosa popolazione. Il nonno di Cipollina, finisce in carcere. La sua reale colpa è di aver tentato di “aprire gli occhi” al popolo sugli inganni del tiranno. Cipollina va a trovare in carcere suo nonno, con cui ha un importante colloquio che la convince a partire per un lungo viaggio, in giro per il mondo a imparare chi sono i veri malfattori. Si farà tanti complici e compagni con i quali imbastirà diverse battaglie. E a colpi di scherzi, beffe e piani geniali riuscirà a far evadere tutti i prigionieri dal carcere e a sconfiggere il tiranno.

“Le avventure di Cipollina” è parte del cd “AUDIO STORIE E FILASTROCCHE PER BAMBINE E BAMBINI RESISTENTI” per contatti e copie: Biblioteca popolare Rebeldies rebeldies@libero.it



ascolta:

http://www.radiocane.info/le-avventure-di-cipollina-parte-ii/

13 agosto 2014

ULTIME SU LUCIO E GRAZIANO



Dall’11 luglio, nel carcere di Borgo San Nicola a Lecce, Graziano si trova in isolamento di fatto: blindo chiuso tutto il giorno e aria, che si rifiuta di fare, da solo e per di più in un buco piccolo e sporco. La responsabilità di questo trattamento è della direzione del carcere, che lo motiva con il fatto che sono gli altri detenuti della sezione a non poter incontrare nessuno.
Il 3 agosto è stato spostato di cella, cosa che ha peggiorato la sua situazione: la cella è più piccola, meno pulita, la televisione non funziona e inoltre le celle accanto alla sua sono vuote, gli è quindi impossibile scambiare anche solo poche parole.
Posta e libri arrivano invece abbastanza regolarmente, per cui l’invito è di continuare a scrivergli. Graziano è riuscito poi a sentire bene i presidi fatti in sua solidarietà.
Lucio si trova invece nel carcere di Busto Arsizio da sabato 26 luglio. L’ingresso in carcere è stato suggellato dal colloquio con il vicecomandante delle guardie, che ci ha tenuto molto a dirgli chiaramente che, a patto che lui faccia il bravo e si attenga al regolamento, la sua persona non è di nessun interesse per il carcere in questione. Lucio è in cella con due ragazzi più o meno coetanei, con i quali si trova bene. Il blindo è chiuso sempre, eccetto per le 2 ore d’aria del mattino e le 3 ore d’aria del pomeriggio, che si possono alternare alla socialità o alle attività. Le quattro sezioni del carcere possono utilizzare gli spazi dell’aria, che sono uno per sezione (6m x 10m), le salette per la socialità e, a rotazione, i due campi da calcio. C’è anche una palestra, alla quale si può accedere solo tramite domandina che, come per ogni altra richiesta relativa alle attività e ai beni di lusso come orologio, cintura e scarpe di ricambio, ha tempi di risposta superiori a un mese.
Più in generale Lucio ci fa sapere che le guardie sono molto formali, molto rispettose del regolamento e più distaccate nella relazione con i detenuti rispetto a S. Vittore, cosa che non lo turba affatto, anzi: tale distanza corrisposta gli semplifica di non poco la vita in sezione, rendendo più semplice la sua intenzione di ridurre ai minimi termini i rapporti con secondini.
Ricordiamo che domani,
Domenica 10 agosto ci sarà un presidio davanti al carcere di Busto Arsizio dalle 15.00 alle 19.00
Ricordiamo poi nuovamente gli indirizzi per scrivere ai sette compagni:
Francesco Sala C.C. via Palosca, 2 - 26100 Cremona;
Lucio Alberti
 C.C. Via Cassano Magnago, 102 - 21052 Busto Arsizio (Varese);
Graziano Mazzarelli
 C.C. via Paolo Perrone, 4, Borgo San Nicola - 73100 Lecce;
Niccolò Blasi
 e Mattia Zanotti C.C. San Michele strada Casale, 50/A - 15121 Alessandria;
Claudio Alberto
 C.C. via dell’Arginone, 327 - 44100 Ferrara;
Chiara Zenobi
 C.C. “Rebibbia” via Bartolo Longo, 92 - 00156 Roma.

da Macerie

1 agosto 2014

PADOVA: DENUNCIATI/E PER PRESIDIO ANTICARCERARIO

Riceviamo e diffondiamo un comunicato di solidarietà con i sei compagni denunciati per un presidio anticarcerario organizzato per supportare la mobilitazione dei detenuti dello scorso aprile:

Solidarietà ai compagni denunciati durante un presidio sotto al carcere di Padova!


Con l’ondata di mobilitazioni dentro alle carceri che da un anno si sta facendo sentire, la repressione non ha tardato a colpire il movimento solidale all’esterno che, nel corso di questi mesi, è stato al fianco dei prigionieri in lotta. A Padova, sono arrivate sei denunce dopo il presidio che si svolse lo scorso 18 aprile presso la casa circondariale Due Palazzi.
Quel giorno un gruppo di compagni e compagne solidali con i detenuti in lotta si recarono nel parcheggio adiacente il carcere con l’intento di promuovere i quindici giorni di mobilitazione, dentro e fuori i penitenziari, lanciati dal coordinamento dei detenuti. Vennero fatti interventi al microfono, scanditi slogan, lette lettere dalle carceri, un po’ di musica ha allietato la triste routine dei ragazzi chiusi in cella e per finire venne fatto esplodere qualche semplice fuoco artificiale, fatto che suscitò gli animi dei detenuti che risposero agli scoppi con fischi e grida di gioia. Quest’ultimo episodio sembra non essere stato particolarmente gradito dai servi in divisa della questura, che immancabilmente hanno colto l’occasione per far pervenire a casa di un compagno minorenne la denuncia per “detenzione e lancio di materiale esplodente”, nel foglio si parla di bombe carta. Leggendo gli atti della procedura penale, apprendiamo che a essere coinvolti nell’inchiesta ci sarebbero altri 5 compagni, rei anch’essi di aver contribuito allo spettacolo pirotecnico.
L’intento di queste denunce è un chiaro attacco alla solidarietà di classe espressa nei confronti dei prigionieri reclusi e mira a spezzare il legame tra chi lotta dentro alle prigioni e chi, dall’esterno, supporta le proteste, facendo da eco e dando voce alle istanze dei detenuti.
Inoltre, le sei denunce giungono a distanza di una settimana da altre 13 per occupazione abusiva e danneggiamento, seguite allo sgombero della Marzolo occupata avvenuto il 15 luglio. In questo contesto, è evidente come a essere sotto attacco siano pratiche di lotta che risultano incompatibili con il clima di pace sociale che i padroni della città vorrebbero regnasse indisturbato e per garantirlo tentano di intimorire, minacciare, dividere e infine isolare chi non si allinea con il pensiero dominante cui ci vorrebbero sottomessi. La repressione si scaglia contro tutti coloro che non scendono a compromessi e al contrario si organizzano in forme di lotta: colpisce chi si mobilita dentro come fuori le prigioni. Per questo motivo, solo uniti possiamo combatterla e proseguire insieme, avanzando lungo il sentiero tracciato della lotta.

Solidarietà ai compagni denunciati!
Al fianco dei detenuti in lotta!
Rispondiamo alla repressione rilanciando la mobilitazione!

Le compagne di Scatenati – trasmissione radio
scatenati@radiazione.info
www.radiazione.info

TRENTO: INTERROTTO INCONTRO "SENTIERI DI PACE" IN SOLIDARIETA' CON LA POPOLAZIONE DI GAZA

riceviamo e diffondiamo:

Sospendiamo le trasmissioni: il massacro di Gaza parte da qui


Domenica 27 luglio, nelle Gallerie di Piedicastello a Trento, si stava svolgendo un dibattito sulla Grande Guerra trasmesso in diretta da Radio Tre. L’incontro faceva parte di una serie di serate dal titolo “Sentiero di Pace” organizzate dalla Provincia di Trento. In vista del centenario della Prima Guerra Mondiale, giornalisti e storici stavano discutendo, tra una battuta e l’altra, di battaglie, generali, memorialistica, in un misto di denuncia della brutalità della guerra e di esaltazione di episodi di eroismo e onore patrio. Centrale in questa retorica, che nei mesi a venire si abbatterà come un fiume in piena sulle terre di confine, il ruolo dell’irredentismo, con l’annosa questione se Cesare Battisti fosse un eroe trentino oppure un traditore dell’Austria. Mai nessuno di questi storici pagati per esserlo che ricordi una semplice verità: e cioè che tutti i “socialisti” che propagandarono la partecipazione italiana alla guerra furono prima di tutto traditori della classe proletaria, che da quell’immane carneficina ricavò centinaia di migliaia di morti e feriti, nonché una disfatta sociale da cui emergerà, anni più tardi, il fascismo.

D’obbligo, per giornalisti e storici, qualche fuggevole riferimento alle guerre di oggi, inaggirabile nei giorni del massacro della popolazione palestinese di Gaza. Tutto molto educato. Tutto molto lontano.

Ecco allora che una quindicina di antimilitaristi irrompe nella sala a ricordare con uno striscione, dei volantini e degli interventi un fatto che tutti vorrebbero tenere sotto silenzio: la Provincia di Trento, organizzatrice dell’evento, da anni collabora con lo Stato di Israele. Gli accordi scientifici e commerciali tra fondazioni e università dei due Paesi fanno della Provincia trentina un complice a tutti gli effetti dell’apartheid israeliano.

Gli interventi dei compagni hanno smascherato l’ipocrisia dei “giornalisti di sinistra” e spinto la direzione di Rai Tre a sospendere le trasmissioni per circa dieci minuti. Il direttore Sinibaldi cercava affannato se in scaletta ci fosse scritto “anarchici”, ma non era pronto al fuoriprogramma di chi non recitava a copione. Quando chi promuove i “sentieri di pace” sostiene la pianificazione di un genocidio, si rompe il teatrino e basta.

Anche il 16 luglio, sempre a Trento, un’iniziativa itinerante aveva ricordato alla Fondazione Bruno Kessler, agli atenei cittadini e alla Provincia che il massacro dei palestinesi parte anche da qui, e che non tutti fanno finta di niente. Troppo spesso ci si ricorda dell’oppressione palestinese quando la violenza coloniale raggiunge il suo apice, per tornare poi piano piano nel dimenticatoio.

Boicottare e sabotare gli interessi israeliani ovunque, a partire dalle complicità accademiche, ci sembra la migliore solidarietà internazionalista. Smascherare le responsabilità è solo il primo passo.

Con Gaza nel cuore.


Domenica 27 luglio a Trento, nel ventesimo giorno di massacri indiscriminati in corso a Gaza, un gruppo di antimilitaristi ha interrotto la diretta radiofonica di Radio3 della trasmissione “Sentieri di pace” dedicata al centenario della prima guerra mondiale.
Le persone presenti alla trasmissione potevano entrare solo su invito nominale; i compagni, visti gli oltre mille (fin qui) morti e 7000 feriti in Palestina,  hanno ritenuto opportuno autoinvitarsi alla kermesse per dare un contributo drammaticamente attuale e, appena entrati nella sala fra la sorpresa di pubblico e attori, alcuni hanno aperto uno striscione con la scritta: “Il mondo è in guerra. Fermiamo le collaborazioni scientifiche fra Università di Trento e Israele”. Altri hanno distribuito un centinaio di volantini ai presenti in sala, riscuotendo un certo interesse.
Appena iniziato l'intervento al megafono il direttore di Radio3 Marino Sinibaldi ha subito tentato di impedirlo, invano. L'obiettivo era rompere il teatrino e  ricordare che le reponsabilità per il massacro di Gaza e per ogni guerra iniziano qui. Obiettivo raggiunto.

FERMIAMO LA COLLABORAZIONE FRA TRENTINO E ISRAELE
FERMIAMO GLI ACCORDI MILITARI FRA ITALIA E ISRAELE
LA GUERRA è ANCHE QUI

Antimilitaristi di Trento e Rovereto




Di seguito il volantino distribuito il 27 luglio:


UN MONDO IN GUERRA – PALESTINA OGGI


Ciò che sta accadendo in Palestina è terrificante. Stiamo assistendo ad un’operazione di genocidio del popolo palestinese. Uno degli eserciti più forti e tecnologicamente avanzati del mondo uccide in pochi giorni oltre ottocento palestinesi. Massacri pianificati scientificamente che avvengono sotto l’egida della “lotta al terrorismo”, portata avanti da Israele con il silenzio/assenso degli Stati occidentali. 
Altrettanto terrificante è la crescente indifferenza a livello internazionale. Nonostante le immagini dei massacri del popolo palestinese entrino nella vita di tutti, la quotidianità trascorre nella sua silente meccanicità. Oltre all’assuefazione alla visione quotidiana di guerre e massacri, c’è anche una totale estraneità alle rivendicazioni del popolo palestinese, tra cui una terra dove vivere liberamente. Una possibilità che da più di mezzo secolo viene negata.  
Il sostegno che i paesi occidentali danno al colonialismo di Israele viene anche da qui. La provincia di Trento da un lato promuove iniziative di stampo “pacifista” come questa, dall’altro finanzia collaborazioni e progetti di ricerca all’interno di Accordi-quadro tra Italia e Israele sul piano della difesa e della sicurezza.
Trento viene celebrata come Università all’avanguardia nella ricerca in campo internazionale. Ma sono in pochi a interrogarsi sulla natura e le finalità di questa ricerca. Dietro l’abito della “collaborazione scientifica”, la Fondazione Bruno Kessler di Trento, specie attraverso la figura del suo ex-presidente Oliviero Stock, collabora da anni con Università di Haifa in Israele i cui centri di ricerca, come il Technion, sono attivamente coinvolti nella pianificazione dell’oppressione quotidiana del popolo palestinese; Eledia Lab, centro di ricerca sulle telecomunicazioni coinvolto nella progettazione di componenti high tech e sistemi di controllo a fini militari. Nello stesso dipartimento troviamo il gruppo di ricerca coadiuvato dal prof. Fausto Giunchiglia, già membro di Eurotech, gruppo controllato daFinmeccanica che sviluppa componenti elettroniche degli Uav (velivoli senza pilota).
Se in Occidente si appoggia lo Stato israeliano e le sue pratiche terroristiche – come definire altrimenti il massacro indiscriminato e il bombardamento di scuole e ospedali? – è perché Israele rappresenta un modello di sviluppo socio-economico in cui si riconoscono le democrazie occidentali. Un’organizzazione sociale in cui possono convivere la difesa dei diritti, ad esempio verso omosessuali e lesbiche, e un’apartheid interna e quotidiana. Questa guerra ci riguarda perché riflette un modello sociale molto vicino al nostro, in cui la guerra diventa parte integrante della società democratica.
Non ci si può dichiarare contro la guerra senza denunciare i meccanismi e le responsabilità precise che anche da qui la alimentano. Rompere il silenzio sulle complicità accademiche, dirette o indirette, può essere un primo passo. Con il suo carico di massacri, morti, soprusi, la guerra è ancora oggi qui a dividerci tra chi si arricchisce, chi si adopera per giustificarla e chi intende combatterla.      

SOLIDARIETA’ CON IL POPOLO PALESTINESE
FERMIAMO LE COLLABORAZIONI TRA PROVINCIA DI TRENTO E STATO D’ISRAELE 


www.romperelerighe.noblogs.org 

sui media di regime:

 http://www.ladige.it/articoli/2014/07/27/blitz-pro-palestina-gallerie-interrotta-diretta-radio-3