femminismo
Udine, giovedì 17 marzo 2016
Cattiva, frusta, cattiva, sessista!
Questa fotografia è sessista? Che cosa c’è di sessista in questa immagine? E poi, noi siamo prima di tutto anti-sessisti o anti-autoritari? Perché nel primo caso urlare, starnazzare e zittire chiunque ti capiti a tiro sarebbe il più onorevole dei comportamenti, e noi cosa ci staremmo qui a crucciare e a spremere le meningi su come buttare nero su bianco lo schifo che proviamo per gli habita mentali movimentisti, assodati e indiscutibili? Nel secondo caso, invece, se l’anti-sessismo divenisse autoritario sarebbe semplicemente da accantonare e lasciare bello che intero e pronto per la prossima abbuffata di femminismo alle suore laiche dell’ultima religione che mi dice che cosa devo fare con il mio cazzo o con la mia figa. Ops, volevo dire con la mia clitoride, la figa è peccaminosa1.
A tutti questi dogmi sessuofobi, volti, nonostante tutti i proclami del caso, a normare il sesso, preferiamo stare dalla parte di chi impiega il suo corpo come meglio crede (ci viene in mente un articolo di una donna, anti-sessista, attaccata da un gruppo di femministe perché si dilettava di pratiche B.D.S.M., immaginiamo non come mistress o sarebbe andato tutto bene). E chi domina e chi è sottomesso lo decidiamo noi, non i cromosomi, il patriarcato, né le femministe. E dal momento che lo decidiamo, è un atto libero. Gli unici legislatori sono cattolici e femministe.
Dominique Karamazov, in Miseria del femminismo, scriveva: «Che si sia contro il fallocratismo, sì, ma perché si è contro il potere e per il fallo»2.

Dalla categoria-prigione del Dominio alla categoria-prigione del Movimento
Per gli amanti del genere, scusate il giuoco di parole, precisiamo, dopo questa breve introduzione, che chi scrive sono un uomo e una donna… ops, pardon, una donna e un uomo. Non che noi crediamo nei generi, sia chiaro, cioè nell’identificazione con essi. Vi è una differenza sostanziale fra l’ontologia e una descrizione. “Maschile” e “femminile” sono aggettivi di descrizione. Ma l’ontologia è un’altra cosa, è individuale e ce la creiamo noi. Non se ne voglia il sig. Movimento, ma è affar nostro e di nessun altro.
Il femminismo è anti-individualista. Nega, esplicitamente o implicitamente, quindi conseguentemente, l’individuo, l’io, l’unico, per impacchettarlo per bene in una delle categoria del collettivismo. Così come il Dominio, il patriarcato per es., ragiona in termini di categorie standardizzate e preconfezionate, l’uomo forte, il pater familias, e stronzate del genere, così il sig. Movimento, nel suo porsi come un dominio alternativo al dominio esistente, anziché come sua negazione e negazione di ogni possibile dominio, cioè di ogni possibile società, ricrea le sue categorie e i suoi ruoli. Ma non credendo noi in sistemi migliori, rigettiamo ogni categoria in cui l’unico possa essere preso in considerazione per un qualsiasi suo mero aspetto, che si volge in totalità ontologica, anziché per il suo semplice sé, perché l’unico demiurgo che ci può definire è l’io stesso.
Il femminismo e l’individualismo sono per noi quindi incompatibili, perché il primo crea un collettivismo di genere e il secondo distrugge ogni insieme imposto e annichilente l’io.
Si farà riferimento in questo breve scritto al già citato testo Miseria del femminismo di D. Karamazov3, di cui si condividono certi aspetti e altri no (per es., certe sue derive analitiche psicologiste – cfr. p. e. il riferimento4 al dott. Sigismund Schlomo Freud, detto Sigmund – dunque deterministiche, dunque incompatibili con qualsivoglia sogno di libertà, e il suo comunismo, che porta l’autore, pardon l’autor*, di quel trattato a scrivere menzogne come «Il comunismo non porterà regole e tabù che manterranno uomini e donne in un campo ristretto»5, perché è comunque una critica molto lucida, in particolare dal punto di vista del rapporto tra anti-capitalismo e femminismo. Inoltre noi qui ci addentriamo in altre critiche a cui D. Karamazov e la sua ideologia comunista non possono arrivare, cioè l’attacco al femminismo in quanto ismo collettivista.

Moralismo, neolingua, culi e asterischi
Il femminismo è proprio in tutto e per tutto una religione. “Vaffanculo”, “fottiti”, “bastardo” sono parole sessiste, ma entrate ormai da tempo nel linguaggio comune. Quindi è inutile stare troppo a cagare il cazzo (chiediamo venia) su certa terminologia, sulla struttura della lingua, con ipocrita e inutile puntigliosità. Con questo non stiamo dicendo sia inutile una riflessione sulle parole, ma stiamo criticando l’impiego di una neolingua di Movimento che pensa che un asterisco o una x piazzati qua e là ci liberino dal male (amen). La stessa attenzione poi non si applica a tutti gli ambiti del parlato, non si applica per es. l’anti-specismo alla lingua con lo stesso moralismo da caccia alle streghe con cui si fa per l’anti-sessismo. Quindi le femmine umane sono più importanti degli animali non umani, ricreando così una gerarchia.

Femminismo sessista e separatismo
Un capitolo a parte si apre sulla questione del separatismo che manteniene inalterato il sistema delle rette parallele, che non si incontrano mai, di due generi soltanto, maschile e femminile. Un transessuale non può essere ammesso in una congrega femminile? Non è forse sessista un tale atteggiamento? E poi, sarebbe sessista firmare un comunicato come “Uomini No T.A.V.” o “Papà No T.A.V.” o quanto meno risulterebbe strano, no? Perché al femminile invece è concesso (ripescando dalla magica borsa di Mary Poppins il tanto deprecato ruolo patriarcale di madri)? Forse che un data nocività guasta più alle donne che agli uomini?

Riduzionismo politico
La compagna Annalisa Medeot, parlando del femminismo, lo definisce «un’altra occasione mancata»6 e osserva «la sua parzialità, […] la sua incapacità di sognare»7.
Uno dei più grandi problemi degli ambienti anarchici al giorno d’oggi è il vivere la lotta a compartimenti stagni, con un atteggiamento analogo a quello del riduzionismo scientifico. Tutte lotte separate, femministe, animaliste, ambientaliste, operaiste… I risultati? Oggi siamo No T.A.V. e amici di politici e magistrati. Domani siamo contro i giudici perché, non capiamo come, ci hanno traditi e continuano a fare il loro lavoro. Quando rincorrevano Berlusconi però ci piacevano tanto. Dopodomani invece facciamo propaganda anti-elettorale, anzi no, aspetta, c’è un referendum, aspettiamo ancora un po’. Viva la democrazia diretta!
Il riduzionismo politico, non che della politica ci importi qualcosa, è deleterio. Il Dominio è uno e contro tutte le sue ramificazioni bisogna combattere. Il centro non esiste.

Vittorie del femminismo o del capitalismo?
Il femminsimo (certo ve ne sono di diversi, quello anarco, quello eco, etc. etc.) ha fino a oggi per lo più elemosinato e ottenuto diritti, libertà civili, carotine, sindacalismi, croccantini, giocando sempre nel pietoso ruolo della vittima. E così il cosiddetto Stato-capitale si è tinteggiato di nuovo, politicamente corretto. Evviva il rivendicazionismo! Evviva il riformismo! Evviva lo Stato!
I mutamenti della società sono mutamenti della galera, quindi non ci sarebbe proprio nulla da festeggiare. “Guarda, che bello!, adesso anche le donne hanno il diritto di stare in galera! Abbiamo vinto, le donne hanno diritto agli stessi tre metri per due come il maschiaccio cattivo, cattivo in cella! No al patriarcato, sì ai lavori forzati anche per le donne!”. Ve le immaginate delle stronzate del genere? Eppure se chiami la prigione “società” allora tutte queste assurde proposizioni divengono rivendicazioni nobili e giuste.
Ma passiamo oltre. Non solo quelle che vengono presentate come vittorie del femminismo sono fallimenti per la libertà dell’unico, ma non sono nemmeno vittorie del femminismo, bensì mutamenti dei ruoli degli schiavi del capitale, non solo indirettamente (la questione della società-galera), ma proprio direttamente. Il capitale muta e quindi non vuole più la figura del patriarca della società agricola e vuole la donna lavoratrice. Sono operazioni del capitale, in cui il femminismo si illude di aver avuto voce in capitolo.
Scrive D. Karamazov: «Le donne cessano di essere madri per andare ad occuparsi dei bambini negli asili, nelle scuole, negli ospedali; cessano di essere spose per “assistere” come dattilografe, segretarie i piccoli pascià d’ufficio»8.
La semplice lotta al patriarcato, cioè la lotta femminista, è vana perché il nemico ha la capacità di rigenerarsi continuamente. Che cosa si è ottenuto? Che anziché essere la famiglia il luogo centrale in cui inculcare l’idea dell’autorità al bambino, ora lo è la scuola, molto più efficace, centralizzata (una persona ha volta per volta 20-30 bambini a portata di mano anziché 1-2) e direttamente controllata dallo Stato o dalla Chiesa (anche tutta la questione della scuola pubblica da preferirsi alla privata, per i gusti del sig. Movimento, è una stronzata: non c’è alcuna differenza tra Stato e (Stato della) Chiesa). «Questa realtà continua il suo corso nella scuola»9.
«Ma, in secondo luogo, il femminismo come resistenza al movimento del capitale è anche la rivendicazione di ciò che denuncia»10.
«Il femminismo si nutre delle resistenze suscitate dal movimento di eguaglianza capitalistica della donna»11.
Ci si trova poi a dei bivii pensando alla stregua degli operaisti e delle femministe: è meglio un uomo operaio o una donna padrona o addirittura nobile? Ci viene in mente l’anarco-femminista Emma Goldman che condannò il regicidio di Sissi a opera del compagno Luigi Lucheni, non per il pacifismo con cui l’anarco-comunista organizzatore Errico Malatesta disdegnava gli atti di rivolta violenta individuale, ma perché l’imperatrice era una donna.

Il genere non mi rappresenta niente
Oh dio cromosama, ora pro nobis. Ma chi cazzo sono i cromosi X e Y? Che cosa vogliono dalla nostra vita? E che c’è?, una gerarchia dei cromosomi? Quello che decide se abbiamo l’uccello è più importante di quello che ci dà gli occhi azzurri? E allora la possiamo smettere di rinunciare a disegnare la propria ontologia liberamente? Oppure continuiamo a credere di essere “donne”, “uomini” e quantaltro fantasia, scienza, progresso, tecnologia e civilizzazione mi possano fornire. Perché se noi non siamo il nostro naso, i nostri capelli, etc., allora non siamo nemmeno il nostro cazzo. Siamo individui, non un genere.
Il femminismo «[…] rivela la sua essenza: gelosia e competizione con gli uomini – o piuttosto rivela un’immagine caricaturale degli uomini»1.
Certo, tutto influisce, ma nulla determina.

Omni-stupro
«Assimilando allo stupro il rimorchiare, la proposta sessuale o lo sguardo “che spoglia”, si denuncia una situazione in cui la donna è ridotta ad un oggetto di consumo. Ma in verità è il fatto stesso di desiderare che viene attaccato. Il problema della donna è ridotto a quello di non essere importunata; in tal modo i suoi desideri o le sue reazioni – eventualmente negative – al desiderio dell’altro sono negate»13.
«La forza della donna, il suo potere, è la possibilità di rifiutarsi, di non “lasciarsi fottere”. Da questo a sottrarsi come oggetto di desiderio, a degradarlo e a colpevolizzarlo in ciò che concerne i suoi istinti sessuali, e dunque nel suo bisogno della donna, non vi è che un passo e una rivincita. “In ogni uomo sonnecchia un porco”, è abbastanza noto. Questa reazione si trasferisce oggi nella politica»14.
Il femminismo giunse a invocare il carcere e la repressione per gli stupratori. «Ignobile quanto lo stupro è il fatto che individui, specialmente giovani, siano condannati ad anni di prigione, a pene che vanno dai 5 ai 10 anni. Lo stupro arriva ad essere punito più duramente del delitto passionale»15.

Civilizzazione e femminismo
La lotta per i diritti delle donne è una lotta tutta interna alla civilizzazione. Ted Kaczynski, in una lettera a un’anarchia turca, così si esprime: «Così, anche se il movimento degli anarchici verdi (GA) domanda di rigettare civilizzazione e modernità, rimane schiavo di alcuni tra i più importanti valori della società moderna. […]. Per prima cosa parte delle energie di questo movimento sono deviate rispetto al reale obbiettivo rivoluzionario – eliminare la tecnologia moderna e la civilizzazione in generale – in favore di traguardi pseudo-rivoluzionari come […] il sessismo […]»16.
Avete mai visto accoppiarsi due gatti? La natura è veramente sessista.

Commiato
Speriamo di continuare a pensarla così o potremmo ridurci in stati veramente ridicoli: «Negli USA, una pittrice [femminista] ha aperto dei corsi di masturbazione per donne e si è convertita alla vendita degli strumenti adatti»17.
Detto questo, e con i sessisterrimi gatti sempre a mente, ci accomiatiamo con un pensiero feroce alla sessista natura che ha voluto l’osteoporosi più frequente nelle donne. Che cattiva e maschilista la natura. Meno male che stiamo distruggendo il mondo naturale. Molto meglio una gabbia di acciaio, cemento e politically correct.

Due anarchici, un uomo e una donna
(per gli amanti di queste quisquilie – in particolare nel senso latino del termine)

1. C. LONZI, Sputiamo su Hegel.
2. D. KARAMAZOV, Miseria del femminismo, Edizioni Anarchismo, Trieste 2009 (1978), p. 61.
3. Ibid., p. 75.
4. Ibid., p. 60.
5. Ibid., pp. 75, 76.
6. A. MEDEOT, Nota introduttiva, in D. KARAMAZOV, op. cit., p. 7.
7. Ibid., p. 7.
8. D. KARAMAZOV, op. cit., pp. 71, 72.
9. Ibid., p. 69.
10. Ibid., p. 66.
11. Ibid., p. 63.
12. Ibid., p. 66.
13. Ibid., pp. 47, 48.
14. Ibid., p. 43.
15. Ibid., p. 32.
16. T. KACZYNSKI, Lettera ad un’anarchica turca, in «Croce Nera Anarchica», n. 2, p. 39.
17. D. KARAMAZOV, op. cit., p. 54.