28 settembre 2015

TATTOO CIRCUS BENEFIT PRIGIONIER*: PROGRAMMA COMPLETO

riceviamo e diffondiamo:
 
IV° EDIZIONE TATTOO CIRCUS
BENEFIT PRIGIONIER*


10 e 11 OTTOBRE 015
Due giorni di inchiostro, musica e dibattiti!

SABATO 10:
Dalle 10.00 Si inizia!
13.00 pranzo vegan!
Dopo pranzo si continua a tatuare..
17.00 Dibattito
PASSATO, PRESENTE E FUTURO DEL DISPOSITIVO SOCIO-CARCERARIO.
*Psichiatrizzazione e processo di pacificazione
*Controllo sociale
*Tecnologia
*Flussi di informazione
*Profitto e sperimentazione


Dai moduli di rispetto a quelli conflittivi delle carceri spagnole, alla psichiatrizzazione del modello detentivo svizzero fino ad arrivare al calcolo probabilistico, attraverso la creazione di profili telematici, del/la detenut* anche dopo l'uscita dal carcere.

Cena & DjSet

DOMENICA 11:

Dalle 10.00 Si inizia!
13.00 pranzo vegan!
Dopo pranzo si continua a tatuare..
20.00 cena vegan con un pò di musica..

PER INFO E PRENOTAZIONE TATUAGGI SCRIVERE A:
lab.lazona@gmail.com


@Laboratorio Anarchico LA*ZONA
via bonomelli 9 Bergamo

LA CATASTROFE E' OGNI GIORNO IN CUI NON ACCADE NULLA

Riceviamo e diffondiamo:
 

LA CATASTROFE E' OGNI GIORNO IN CUI NON ACCADE NULLA

E sicuramente di cose ne sono accadute nelle ultime settimane e negli ultimi mesi nella galera di Santa Maria Maggiore, a Venezia.

Gennaio 2015, dentro quelle infami mura muore Adrian, un ragazzo di 19 anni, così come Cherib nel 2009.
Metà luglio, un ragazzo recluso incendia i materassi della cella, intossicando tre secondini.
27 luglio, un prigioniero stacca con un morso una falange a uno sbirro. La rappresaglia della direzione: vengono chiusi tutti i blindi per tutto il giorno.
29 luglio, una forte battitura della maggior parte dei ragazzi scuote le mura e la monotonia di Santa Maria Maggiore, seguita da un giorno intero di sciopero della fame. Una cinquantina di persone si raduna sotto il carcere, improvvisando un presidio in solidarietà. La protesta è stata efficace: i blindi e le porte delle celle sono di nuovo aperte ed è possibile passeggiare tra i corridoi.
21 agosto, di nuovamente sotto le mura. Qualcuno dentro incendia dei fogli di giornale e inizia un’altra battitura. Un detenuto è in sciopero della fame da ferragosto per chiedere il trasferimento in un’altra struttura.
10 settembre, i detenuti proclamano una protesta quotidiana, con forti battiture tre volte al giorno e condivisa dalla quasi totalità dei prigionieri, contro tanti aspetti della realtà carceraria, dal dispotismo della direttrice, che vieta qualsiasi attività all'interno, alla semplice voglia di protestare e portare avanti una critica generalizzata al sistema carcere, ribellandosi alla propria condizione di reclusi.
16 settembre, calorosa battitura che coinvolge tutti i detenuti del braccio destro, che sventolano bandiere costruite con magliette bianche attaccate alle scope. Urlano “libertà” e “sempre avanti”, il tutto supportato da un numero sempre più cospicuo di solidali, impegnati anche in saluti al carcere femminile della Giudecca, già dal 2 agosto.

Numerosi sono stati, per amici, parenti e solidali, i saluti, i colloqui selvaggi e le presenze complici fuori da quelle infami mura. Tutta questa voglia di vivere lottando per la libertà ha fortemente infastidito i secondini, che hanno messo in isolamento un ragazzo particolarmente attivo nella lotta, e che, sostenuti da esponenti del Movimento 5 Stelle, hanno trovato un palcoscenico per le proprie lagnanze dagli amici di sempre, giornali e giornalisti.

La vendetta dello Stato, nota anche come Giustizia, è arrivata venerdì 18 settembre 2015, di mattina, quando sono stati notificati tre fogli di via a due compagni (rispettivamente 3 anni e 1 anno) e una compagna (3 anni) di Venezia. Motivazione: le recenti manifestazioni anticarcerarie. Il giorno dopo, sabato 19 mattina, un quarto foglio di via per un altra compagna (2 anni).
Ma quando di cose ne succedono (e ne sono successe e ne stanno succedendo!), quando un intero carcere risuona della protesta dei suoi reclusi, quando delle guardie finiscono in ospedale, quando un escluso si ribella, allora la forza c'è per rispondere alla catastrofe della pace sociale o per reagire alla repressione, che in questi ultimi mesi, da Venezia a Torino, da Cagliari a Bologna, da Trento alla nostra addomesticata Udine, si esprime in particolare con fogli di via, avvisi orali e sorveglianza speciale.

Si rilanciano i prossimi appuntamenti con ancora più forza e determinazione:

Sabato 26 ottobre 2015 ore 15, presidio sotto il carcere di Vicenza, via della Scola, 150

Sabato 3 ottobre 2015 ore 15, presidio sotto il carcere di Venezia, rio Terra dei Pensieri, Santa Croce


Solidarietà attiva a tutti i ribelli, dentro e fuori dalle galere!

Coordinamento contro il carcere e la repressione – Udine

NUOVA OCCUPAZIONE BRANCALEONE


riceviamo e diffondiamo:

Martedì sera.
Casa ridotta in macerie, le nostre masserizie spezzate e accumulate sui camion della monnezza.
Le porte, i cessi, le finestre, le scale: tutto distrutto. Un monumento alla ferocia di chi ci vorrebbe schiave del lavoro salariato. O forse, più semplicemente, ci invidia al punto da voler nascondere ai propri occhi come sia possibile vivere ogni giorno la tensione della libertà. O ancora più semplicemente poveri stronzi, uomini piccoli piccoli, che ubbidendo a ciechi ordini burocratici cercano di uccidere la vita, di seppellirla tra le macerie.
Tutto sommato chissenefrega, hanno distrutto degli oggetti, nulla possono contro i nostri desideri.
Una cena da amiche, una sbronza e un'accoglienza che difficilmente dimenticheremo ci ristorano da una lunga giornata

Mercoledì è il tempo dell'amarezza e delle assemblee, ci si chiede come abbiamo potuto lasciarci sgomberare così rapidamente, come costruire difese migliori, quali risposte avremmo voluto dare e non siamo riusciti ad organizzare, ma già serpeggia una nuova determinazione: senza casa non ci stiamo!

Giovedì: fervono i preparativi, le corse a recuperare gli attrezzi che la sbirraglia ci ha rubato, gli ultimi fugaci sopralluoghi, gli incontri con le complici si susseguono frenetici. L'ora dell'amarezza è passata ed è già tempo di un nuovo assalto.

Oggi, venerdì, brancaleone con il suo strampalato seguito ha di nuovo casa in via bruni 9.
quanto spreco per la sbirraglia, quanti uomini e quanti mezzi mobilitati per farci perdere così pochi giorni e quale amara sorpresa sarà per loro scoprire come questa piccola disavventura ci ha reso più unite e determinate nel nostro sogno di rivolta.

Domenica, dalle 14.00, un piccolo concerto jazz per presentarvi la corte che resiste alla Bovisa della gentrificazione, degli speculatori e dell'università-fabbrica.

E poi, ci vediamo martedì 29 alle 13,30 al Politecnico di Bovisa (Via Durando 10) per un presidio contro il nanoforum, e dalle ore 19,30 a Casa Brancaleone per parlare di nanotecnologie e delle nuove strategie del dominio. Durante la serata sarà proiettato il documentario «rfid, la police totale» e seguiranno aggiornamenti sul processo a Billy, Costa e Silvia. Portatevi la sedia da casa!


Un abbraccio caloroso a tutte coloro che in questi giorni di ritrovato nomadismo ci hanno accolte e rifocillate.

UDINE: CASELLI BOIA!

Si apprende dalla stampa locale ("Messaggero Veneto" online, 24 settembre 2015) che quando il procuratore Giancarlo Caselli è giunto al teatro "Giovanni da Udine", in cui teneva un incontro con il sindaco Furio Honsell e il prete Pierluigi Di Piazza per festeggiare i 20 anni di "Libera", i muri del teatro sono stati trovati imbrattati con scritte contro di lui: "Caselli boia assassino", "No TAV". La DIGOS indaga. 

TRENTO: DANNEGGIATA SEDE DELLA CGIL

Da informa-azione.info
 
Apprendiamo dai media locali che nella notte fra il 17 e il 18 settembre, a Trento, ignoti hanno sfondato sette vetrate della sede provinciale della Cgil, lasciando la scritta "Servi dei padroni, complici di Marangoni". Interessante notare che fra i primi a esprimere condanna del gesto e solidarietà al sindacato c'è stato il presidente della Confindustria trentina (assieme ai presidenti della Provincia, del Consiglio provinciale e dell'Anpi).   

MODENA: PRESENTAZIONE DELL'OPUSCOLO "I CIELI BRUCIANO"

 
riceviamo e diffondiamo: 
 
Venerdì 9 ottobre alle 21 presentazione dell'opuscolo "I cieli bruciano: dei 
Centri di identificazione e di espulsione e di coloro che ne permettono il 
funzionamento".
I CIE sono i Centri di identificazione e di espulsione per immigrati, 
istituiti nel 1998 da un governo di centro sinistra con la legge Turco- 
Napolitano.
Questi centri sono veri e propri lager in cui sono rinchiusi i senza documenti 
, per poi essere identificati ed espulsi.
A Modena il CIE è stato attivo fino al 2013, per essere poi chiuso dalle 
continue rivolte degli internati che hanno portato alla completa inagibilità 
della struttura.
Dei 13 centri inizialmente attivi in Italia ne sono rimasti ancora 5 attivi.
La macchina delle espulsioni si è evoluta nel tempo.
Dentro dalla riduzione dei tempi di permanenza col conseguente abbassamento 
della conflittualità interna, all'ottenimento di appalti da parte di 
associazioni umanitarie che lucrano sulla pelle dei reclusi.
Fuori con ronde-rastrellamento contro i sans-papiers, e con il nuovo nucleo di 
polizia antiterrorismo presente in 20 città italiane contro lo spauracchio del 
terrorismo islamico.
Crediamo sia importante capire chi sono i collaboratori della macchina delle 
espulsioni, chi ci guadagna.
Che sia importante portare la lotta contro i CIE al di fuori di quelle mura, 
perchè la lotta è ovunque per chi sa guardare con gli occhi giusti.
I CIE sono ogni ditta, ente umanitario, o persona che collabora con il sistema 
delle espulsioni.
I CIE SI CHIUDONO COL FUOCO

"CONSIDERAZIONI SULLA DETENZIONE AMMINISTRATIVA IN ITALI"

E' uscito l'opuscolo Considerazioni sulla detenzione amministrativa in Italia

Scarica l'opuscolo [2,92 Mb .pdf]

Scarica il file per la stampa [3,07 Mb .pdf]

Allo scopo di trovare una soluzione alla loro ingestibilità, per affrontare preventivamente un aumento delle problematicità legate alla tipologia e quantità dei futuri flussi migratori, i Cie, lungi dall’aver mai avuto una funzione altra rispetto a quella di deterrente collettivo, stanno subendo delle modifiche parziali, sia strutturali che gestionali. La direzione seguita è quella di un processo ipotetico di maggiore razionalizzazione, funzionalità, economicità gestionale e controllo interno.
Lo scopo per cui è nata la detenzione amministrativa degli immigrati si può dire raggiunto?

La risposta a tale quesito è estremamente difficile. Ciò che possiamo fare è cercare di fotografare la situazione attuale, cercare di mettere insieme i diversi accadimenti relativi alla detenzione amministrativa in Italia e comprendere quale direzione i Cie stiano intraprendendo. Lo scopo di una ricerca come questa, è inutile dirlo, resta sempre e comunque quello di conoscere meglio il nostro obiettivo, capirne meglio le caratteristiche per comprenderne meglio i punti deboli.

Di Cie tanti ne parlano, ne versano lacrime e ne denunciano le angherie, tanti, davvero tanti, anche i più improbabili ne chiedono la chiusura. Questo sembrerebbe giusto e animato da buoni propositi, ma non è proprio tutto oro quel che luccica. Le richieste di chiusura, senza considerare l’assurdità del fatto che sono indirizzate alle stesse istituzioni che i Cpt/Cie hanno istituito, non fanno che proporre un diverso modo di gestione dell’immigrazione, una riforma che renda forse più umani i Centri o che ne proponga altre versioni.

L’esperienza della riforma degli Opg dovrebbe aver insegnato molto in merito. Una prigione non può essere resa più umana, non esiste un modo più giusto per identificare e controllare. Le frontiere dovrebbero solo scomparire, tutte le carceri essere abbattute. Per questo i Cie non dovrebbero essere chiusi, ma distrutti, incendiati, danneggiati.
“Fuoco ai Cie” al posto di “chiudere i Cie”, come tanti reclusi in rivolta ci hanno insegnato, ci sembra il modo migliore per affrontare la questione.


Fonte

27 settembre 2015

RADIOCANE: SULLO SGOMBERO DI CASA BRANCALEONE

riceviamo e diffondiamo:
Milano, 22 settembre 2015. Nella mattinata viene sgomberata l’occupazione di Casa Brancaleone attiva nel nord della città da poco più di un anno.

Insieme a due compagni occupanti ripercorriamo la giornata dello sgombero tra resistenza sul tetto e sgraditi passaggi in questura, ma anche il racconto di un anno di esperienza di lotta, incontri e solidarietà  e, infine, delle valutazioni precise su quanto va accadendo in termini repressivi negli ultimi mesi a Milano Nord-Ovest.

ascolta:

http://www.radiocane.info/milano-sullo-sgombero-di-casa-brancaleone/

23 settembre 2015

BERGAMO: STRISCIONE IN SOLIDARIETA' - FUOCO ALLE FRONTIERE, LIBERTA' PER TUTT*




riceviamo e diffondiamo



Bergamo - Domenica notte è apparso su un cavalcavia ferroviario del quartiere della Malpensata uno striscione recante la scritta "Gli unici stranieri sono fasci e sbirri nei quartieri - Fuoco alle frontiere (A) Libertà per tutt* ".

Questo gesto è un piccolo atto di solidarietà con chi con il proprio vissuto realmente abbatte le frontiere quotidianamente.

MILANO: SGOMBERATA CASA BRANCALEONE


Apprendiamo che ieri mattina all'alba è stata sgomberata Casa Brancaleone (villetta abbandonata e occupata circa un anno fa). La polizia ha sparato lacrimogeni all'interno dello stabile. Dentro si trovavano circa una decina di compagn*.
Tre degli/lle occupanti sono riusciti/e a salire sul tetto, mentre i/le restanti si trovavano in stato di fermo.
E' stato posto sotto sequestro il materiale che si trovava all'interno mentre all'esterno è stato blindata l'area senza permettere a nessuno di avvicinarsi.
Nel pomeriggio i/le compagn* che erano riusciti/e a salire sul tetto e opporre resistenza sono scesi/e e coloro che sono stati fermati all'interno dello stabile sono stati denunciati per occupazione e resistenza a pubblico ufficiale.
Seguiranno aggiornamenti.

BERGAMO: IV° TATTOO CIRCUS BENEFIT PRIGIONIER* @LABORATORIO ANARCHICO LA*ZONA


riceviamo e diffondiamo:

IV° EDIZIONE TATTOO CIRCUS
BENEFIT PRIGIONIER*


10 e 11 OTTOBRE 015
presso Laboratorio Anarchico LA*ZONA
Due giorni di inchiostro, musica e dibattiti!
A breve programma completo e flyer

PER CHI VOLESSE INFO OPPURE TATUARSI E PARTECIPARE SI PRENOTI ALLA MAIL:
lab.lazona@gmail.com

*STAY TUNED*

22 settembre 2015

E' USCITO IL TERZO NUMERO DELL'URLO DELLA TERRA

riceviamo e diffondiamo:
 
In questo numero:
Una mappa per accedere al cervello
Gli alberi geneticamente modificati e la bioeconomia
Verso una stagione di consenso biotech?
Il selvatico recintato nel panino di Expo
Note a margine di un corteo ogm
Francois Kepes, razionalizzatore delle macchine viventi
Parole in movimento: dialogo con Luana, attivista per la liberazione animale sottoprocesso a Brescia per la liberzione dei beagle da Green Hill
Dichiarazione al processo di Green Hill
Sabotaggio antinucleare: dopo dieci anni si ritorna a processo

Editoriale:
Questi mesi sono stati intensi di iniziative che ci hanno visto come collettivo resistenze al nanomondo e redazione dell’Urlo della Terra in numerosi posti e situazioni per discussioni su temi come l’ecologismo radicale, scienze convergenti, liberazione animale. I nostri incontri pubblici seguono la stessa modalità con cui viene fatto e distribuito questo giornale: non esistono aree precise o interlocutori privilegiati a cui facciamo riferimento. Certo, ci piacerebbe dire che questo è un giornale per “chiunque”, che si potrebbe distribuire ovunque, accendendo animi sopiti. Sappiamo bene che non è così. Sicuramente facciamo riferimento ad ambienti e contesti più sensibili dove perlomeno esiste già una qualche forma di attenzione o preoccupazione per quello che ci succede intorno, dentro di noi, agli altri animali e al pianeta, dove alcuni pensieri possono portare a dei dubbi, a momenti di rottura. Una rottura con questa normalità sempre più normalizzante che sempre più aliena e abitua ad uno sfruttamento che si fa di giorno in giorno più insidioso, portandoci a pensare di trovarci di fronte a un monolite a cui non ci si può opporre, se non con pratiche permeate da una mera parvenza di conflittualità.
Molti dei temi che trattiamo in questo giornale, come gli sviluppi tecnologici, l’ecologismo e l’abbattimento di una visione antropocentrica non rappresentano una novità. Negli ultimi anni si è visto crescere un’attenzione senza precedenti: nei media, nella così detta opinione pubblica e di conseguenza in ogni settore economico. Il grande critico della tecnica Jacques Ellul impiegava spesso una formula che, si è “ sempre rivelata esatta”: “ Quando in una società si parla esageratamente di un certo requisito umano è perchè questo non esiste più, se si parla esageratamente di libertà, è perchè la libertà è stata annullata”.
Questa attenzione da parte dello stato, dell’economia e di gran parte delle multinazionali è in continua crescita e si rafforza giorno dopo giorno. Questo processo non è qualcosa di separato dalla società, vengono create delle condizioni tecniche per cui questo mondo sia il più desiderabile possibile. Mai si è parlato tanto della difesa della natura come in questi tempi, non si smette di invocarla, di riferirsi ad essa e consacrarvi magniloquenti dibattiti e profondi discorsi. Tutto questo proprio in un periodo storico che vede una distruzione della natura così forte, un’avvelenamento così totale di acqua, terra e cielo, una disumanizzazione così globale che i nostri stessi corpi sono a rischio di monocoltura.
Di fatto, nostro malgrado, ci si trova ad affrontare questioni così vitali dentro ad un unico grande calderone dove imperversano associazioni ambientaliste, animaliste, organismi internazionali di protezione della natura, comitati etici... La cosa si fa ovviamente molto più complessa, soprattutto per chi vuole ancora riconoscere e dare forza ai pensieri e significato alle parole. Il processo che vede il potere accaparratore di istanze “verdi” e “antisistema” non è ineluttabile, è sempre possibile creare momenti di rottura che possano disgregarne alcune parti. Queste fermate non previste possono dare il tempo (nuovo) per allargare lo sguardo e scoprire le interconnessioni e le relazioni che legano le catene dello sfruttamento.
L’ineluttabilità del dominio sembra essere entrata profondamente in noi, tanto che spesso i progetti, le situazioni di critica e opposizione, si presentano come una mera sopravvivenza, quasi una testimonianza. Anche ambienti critici verso l’esistente a volte rimangono intrappolati nel recinto, sembra vi sia una segreta fiducia in questo sistema, si mantiene con esso un legame indissolubile che è frutto della insicurezza e della paura. Si pensa, o probabilmente si vuole pensare, che una qualche soluzione arriverà anche da questo stato di cose. In fondo non siamo sotto una dittatura fascista, non viviamo in una democrazia? Ci si abitua sempre di più a questa vicinanza, a questa coesistenza con il potere. I vari progetti e idee pagano poi il prezzo di questa visione: restano, nella migliore delle ipotesi, parziali, o nella peggiore servono al consolidamento del potere stesso in Green, equo-solidale, animalista... Anche in ambienti critici si sente parlare positivamente delle possibilità della società tecnica. Con le nanotecnologie, si può anche far progredire la medicina e ultimamente, come ricordano a Expo, con i nanoalimenti si potrà nutrire il pianeta. Sembra di sentire i vecchi discorsi su un uso civile del nucleare e quelli sugli ogm. Ancora una volta quello che si presenta di fronte è una riscrittura della realtà su un copione già noto, cambiano solo i materiali con cui è costruito, anche la manipolazione ritorna sempre, con innovazioni sempre più ricombinabili e inafferrabili nella loro essenza e dimensione.
In pochi, di questi tempi, pensano di impossessarsi degli sviluppi tecnologici per un uso “altro”. In tantissimi però, apparentemente pieni di buon senso, danno il loro contributo ad alleviare le fatiche dello schiavo, ormai abbandonata qualsiasi idea di liberarsi dalla schiavitù. Lo sviluppo tecnoscientifico è questo che porta: non solo nocività che ormai sono ampie quanto il mondo, ma un’obbedienza su base volontaria, un’accettazione senza condizioni, perchè è questo l’unico mondo possibile. Un mondo dove è anche prevista la contestazione, dove ci si può indignare e creare masse anonime di indignati in comunicazione via social network.
Anche molte situazioni di base, autogestite, informali, sono colpite da questi pericoli: il vuoto del non-senso in molti casi ha preso il sopravvento, ed ecco a sostenere pratiche di lotta o idee di cambiamento che sono meno radicali di quelle espresse dagli eco-guerrieri della Green Economy. Questi promettono di sovvertire il mondo per come l’abbiamo conosciuto fino adesso. Sappiamo che non stanno scherzando, ma che lo stanno pianificando passo dopo passo, con strumenti che neanche si riescono a cogliere e immaginarne la portata, e quando occorre c’è sempre la guerra, quella incomprensibile da lontano e terrificante da vicino.
Quando non è la fiducia al sistema a prevalere si vedono nascere progetti e si sentono idee di alternative avverse a questa realtà. Ad una economia ecocida si risponde con una conviviale e di condivisione. Spesso questi progetti, che partono da una riscoperta della natura e da un’altra convivenza con essa, sono dettati dalle migliori intenzioni. Ma si può pensare di cambiare qualcosa di questo esistente costruendo qualcosa al suo interno? Con i suoi materiali, le sue leggi, i suoi veleni e le sue imposizioni? Dal momento che si dice di coltivare biologico non si è forse già accettato una delle regole chiave della Green Economy, facendo propria la sua propaganda, dove quello che è naturale è già stato sostituito da qualcos’altro, un qualcosa di migliore, che sa di migliorato, in sintonia con la tecno-industria e i suoi supermercati del futuro?
È sicuramente importante, anzi fondamentale, pensare già da subito un mondo diverso e sarebbe importante che questo fosse già rappresentato nei nostri mezzi, nei nostri pensieri e nelle nostre azioni. Ma questo non potrà mai realizzarsi senza sbarazzarsi di quello presente. Il fine non dovrebbe essere solo il chiudere un laboratorio, proteggere una foresta o una valle, dovremmo sempre avere lo sguardo verso la distruzione di questo sistema di morte. Come arriviamo a questo sogno lontano fa la differenza, si possono creare già da subito momenti concreti di libertà in cui il nostro agire, non mediato da calcoli da politicante o dal linguaggio virtuale della macchina, porta a una concreta rottura. Questa ben presto verrà ripristinata, ma saremo sempre lì a creare la prossima.
Dedichiamo questo numero del giornale a Elia Vatteroni, Baffardello anarchico,
che ci ha lasciato in questi giorni di fine estate...

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Intestato a Marta Cattaneo, specificare la causale L’urlo della Terra

TRENTO: SULLA MOBILITAZIONE CONTRO LA SORVEGLIANZA SPECIALE


riceviamo e diffondiamo:

Sulla mobilitazione contro la sorveglianza speciale a Trento

L’11 settembre, il tribunale di Trento ha comunicato che la richiesta di sorveglianza speciale e di obbligo di soggiorno contro Massimo è stata respinta.
Visto che la stessa misura è stata applicata a Chiara e che diversi compagni, fra Torino e Cagliari, avranno l'udienza tra settembre e ottobre può essere utile raccontare come è andata la mobilitazione a Trento e qual è stato il piano di confronto tra i compagni e i solidali.
Se ogni situazione locale ha le sue specificità, ci sembra comunque fondamentale che il ragionamento coinvolga un po' tutti. Il fioccare di così tante richieste di sorveglianza risponde evidentemente a un progetto del ministero degli Interni che può trovare tribunali più o meno compiacenti. E il dibattito non dovrebbe riguardare solo come cercare di impedire l'applicazione di queste misure, ma anche come affrontarle nel momento in cui vengono applicate. Un dibattito da aprire –  fra i candidati alla sorveglianza e i loro solidali – se possibile prima delle udienze.
Il giorno dell'udienza, a Trento, al presidio fuori del tribunale hanno partecipato tante persone. Oltre il dato quantitativo, un aspetto interessante è stata la composizione dei solidali. Se l'intento di Questura e Procura era quello di isolare un compagno e, indirettamente, colpire la rete di relazioni costruita attraverso le lotte, si può dire che l'intento è fallito. Dall'ambito no tav all'assemblea dei parenti, amici e solidali di Stefano Frapporti, dai lavoratori e lavoratrici dell'Orvea in lotta ai compagni che hanno partecipato alle ultime occupazioni, i raggruppamenti di resistenza presenti sul territorio hanno risposto solidali. La scelta che l'udienza fosse a porte aperte – se l'"interessato" ne fa richiesta il presidente del tribunale deve disporre che il dibattimento sia pubblico – ha permesso che la solidarietà fosse ben presente anche in aula durante la dichiarazione del compagno.
Finita l'udienza, il presidio si è trasformato in un corteo spontaneo per le vie di Trento, con interventi, affissione di manifesti, scritte e stencil contro la sorveglianza, per concludersi con un'assemblea a Sociologia, in cui si è parlato poco delle prossime iniziative contro la sorveglianza e molto dei prossimi appuntamenti di lotta: dalla questione della Marangoni al clima di caccia alle streghe contro i migranti, per finire su come costruire un'ampia solidarietà attorno a Pippo, Andre e Tommy.
Durante il corteo, il cui contenuto di fondo era "chi tocca uno tocca tutti", uno slogan riassumeva bene il livello di confronto sviluppatosi nelle assemblee precedenti, svoltesi a Rovereto e a Trento: "Contro la sorveglianza, la nostra soluzione: solidarietà e violazione". Massimo aveva detto fin da subito che, in caso di applicazione della sorveglianza, l'avrebbe violata pubblicamente, scelta che i vari ambiti di lotta si erano detti pronti a sostenere. La sentenza del tribunale – su cui pensiamo che la mobilitazione abbia avuto il suo peso – chiude (probabilmente) in anticipo la partita. Meglio così, perché il contrasto alla repressione inghiotte sempre energie preziose.
Ma il problema rimane per altri compagni e può diventare un pesante precedente contro tutti i sovversivi. Per cui invitiamo compagne e compagni a parlarne. La normativa del 2011 – sotto il cappello dell'antimafia – ha inasprito le conseguenze per chi vìola le misure di prevenzione. Se la violazione della sorveglianza non prevede l'arresto immediato, ma successive condanne che possono raggiungere complessivamente i tre anni di carcere, la violazione dell'obbligo di soggiorno prevede l'arresto immediato e una condanna che può arrivare fino a cinque anni. Scontate le condanne, ricomincia la sorveglianza. In caso di commissione di reati, anche banali, può essere disposto un periodo di due anni di libertà vigilata; se il reato viene commesso mentre si vìola l'obbligo di soggiorno, spunta l'eventualità di essere condannati alla casa-lavoro o alla colonia agricola, fino a quando una commissione non stabilisca che il sorvegliato speciale si è effettivamente ravveduto: una “misura di sicurezza” potenzialmente infinita.
Questo per avere un quadro. Il tutto è ancora nebuloso per l'assenza di precedenti. E sappiamo che l'applicazione o meno di determinate misure repressive dipende da rapporti di forza le cui incrinature non si possono mai disegnare in anticipo.
Sicuro è che la logica "chi ha la sorveglianza se la tenga" è pessima sia per il sorvegliato che per la libertà di tutti. Come dar battaglia, come ricacciare indietro queste misure è dibattito importante e urgente. Tra l'altro, attraverso queste misure di prevenzione si può rileggere l'intera storia d'Italia, dalla legge sardo-piemontese del 1859 che introduceva l'ammonizione fino ad oggi. Per poter colpire condotte e modi di vivere non direttamente sanzionabili con il codice penale, lo Stato ne ha affidato la repressione alle leggi di polizia, che hanno attraversato indenni epoche e governi. Una repressione fuori e dentro il Diritto, una sorta di carcerazione "a costo zero" che raccoglie e affina diversi arnesi del potere: antropologia criminale, ortopedia sociale, giudizio psichiatrico, sospetto fascista, rieducazione stalinista e perbenismo democratico. Non un'anticaglia del passato, dunque, ma il volto del presente.
Alle e agli insuscettibili di ravvedimento spetta difendere e diffondere la libertà ovunque. Che nessuno venga isolato non può essere solo uno slogan: bisogna pensare e praticare una solidarietà calorosa e conseguente. 
  

Fonte

UNA BUONA DOMENICA

 
Una buona domenica, per una volta, nel Cie di corso Brunelleschi. Questo pomeriggio, intorno alle due, quattro prigionieri dell’area bianca son riusciti a fare quel che in tanti vorrebbero fare: scavalcare le reti e scappare. Un quinto, purtroppo, è stato fermato prima ancora di tentare il salto ed è stato riportato nell’area, che poi è stata svuotata e perquisita. Dei fuggitivi, per fortuna, non ci sono notizie. Aggiornamento 21 settembre. Dobbiam darvi purtroppo due aggiornamenti. Il primo è che a provare scavalcar la rete, ieri pomeriggio, ci son riusciti solo in tre - e non in quattro come vi avevamo riportato ieri. E poi che uno dei tre è stato già riacciuffato: si era rifugiato in un bar delle vicinanze, ma evidentemente senza successo.

macerie @ Settembre 20, 2015

20 settembre 2015

RADIOCANE: MILITARI NEI CAVEAUV - CONTRO CONEX 15

riceviamo e diffondiamo;:
 
È noto come, nella scienza applicata del dominio e della controinsurrezione, la componente sperimentale e quella predittiva marcino di pari passo in un esercizio permanente di controllo, verifica e riaggiustamento, giacché l’affinamento delle armi e la ginnastica dell’obbedienza richiedono costanza e applicazione. Le esercitazioni militari in campo sociale costituiscono, da questo punto di vista, dei momenti di messa a punto strategica, di test sulle popolazioni e di propaganda fattiva, in cui traspaiono al contempo ambizioni e incubi dei manutentori dell’esistente.

L’esercitazione Conex15, prevista dal 16 al 25 settembre 2015 a Basilea e nel nord-ovest della Svizzera, quando cinquemila militari saranno mobilitati per “simulare” controlli alle frontiere, mettere in sicurezza punti strategici e infrastrutture critiche, contrastare e prevenire saccheggi e sabotaggi, non è né un caso isolato (si tratta già della terza grande esercitazione in territorio svizzero dall’inizio dell’anno), né il mero prodotto delle paranoie delle teste d’uovo svizzere. Essa appare piuttosto come un’epitome del presente.

In vista delle mobilitazioni previste contro queste giornate (tra cui segnialiamo le manifestazioni di venerdì e di sabato) abbiamo sentito un compagno svizzero che ci fornisce alcuni tratti di questo compendio in salsa elvetica.

Ascolta il contributo

16 settembre 2015

RADIOCANE: SOTTO IL FIORE NEL DESERTO - EXPO, ISRAELE E L'ACQUA

riceviamo e diffondiamo:


La presenza ad Expo 2015 dell’ultratecnologico padiglione israeliano è l’occasione, insieme alla compagna autrice dell’opuscolo “Meraviglia delle Meraviglie” , di gettare uno sguardo sulla “eccellenza tecnologica israeliana” e sulla sua “scienza del dominio intorno all’acqua”, ennesima applicazione del connubio tra ricerca universitaria e sfera militare.
Ascolta il contributo

AGGGIORNAMENTO SULLA PROTESTA DEI/LLE DETENUT* DI SANTA MARIA MAGGIORE (VENEZIA)

riceviamo e diffondiamo:

AGGIORNAMENTO SULLE PROTESTE DEI DETENUTI DEL CARCERE DI VENEZIA  Giovedì 10 settembre i detenuti di Santa Maria Maggiore hanno proclamato uno "sciopero". Una protesta quotidiana portata avanti con forti battiture tre volte al giorno, condivisa dalla quasi totalità dei detenuti e resa efficace dalla particolare posizione del carcere nella città di Venezia, vicinissimo alle case e in un punto di grande passaggio.

In questi giorni i detenuti sono riusciti ad attirare l'attenzione non solo dei vicini, ma anche di numerosi curiosi e solidali che non hanno mancato di far sapere in giro cosa sta succedendo. Momenti di solidarietà che hanno anche permesso a molti amici e parenti dei ragazzi di conoscersi, condividere pensieri e racconti sulla detenzione, di trovare il coraggio necessario per salutare qualcuno al microfono o dedicargli una canzone.

Da quello che si è riusciti a sapere le motivazioni della protesta sono molte e variegate: dall'insofferenza all'autorità della direttrice (che sembra proibire ogni attività all'interno) alla prepotenza delle guardie, dal vitto scadente alle pessime condizioni detentive, dalla semplice voglia di protestare alla richiesta di amnistia. Insomma, una critica generalizzata al sistema carcere e una ribellione contro la propria condizione di reclusi. La lotta, per ora, non si è posta un termine.

Purtroppo, fuori come dentro, anche stavolta non manca chi cerca di strumentalizzare una protesta genuina per i propri fini. E' ormai palese, a leggere gli articoli di giornale usciti in questi giorni, che la mobilitazione stia venendo usata dai secondini e dai sindacati di polizia per porre l'accento sulle magagne dell'amministrazione, magari per uscirne con turni più brevi e qualche soldo in più a fine mese. Non un accenno alle richieste e al coraggio dei ragazzi ma ampio spazio alle lagne su quanto sia difficile portare avanti lo schifoso lavoro della guardia.
Se lo sciopero viene tollerato, o comunque non apertamente contrastato, è per sperare che fornisca un pretesto che faccia da base alle loro rivendicazioni. Dipingere, con la complicità dei giornali, i detenuti come mostri serve alle guardie per passare come le uniche vittime del sistema carcere e per mettere a tacere le ragioni di chi si ribella.
Come se non bastasse i sindacati di polizia hanno trovato sponda in personaggi come Marco da Villa (parlamentare del Movimento 5 stelle) e Stefano Casali (consigliere regionale eletto con la lista Tosi) che, tramite tanto sbandierate ispezioni dentro Santa Maria Maggiore, hanno fatto sapere  che i secondini non hanno vita facile. Individui del genere, che con le loro politiche securitarie o giustizialiste hanno riempito le prigioni di cui ora tanto si lamentano, dovrebbero avere almeno la decenza di tacere sull'argomento.
La lotta a Santa Maria Maggiore è una lotta per la libertà, per smettere di avere paura del carcere e di chi lo tiene in piedi. La stanno portando avanti i ragazzi che vi sono rinchiusi, nell'interesse di tutti.
La sosteniamo e continueremo a sostenerla in quanto tale.

Ci vediamo sotto le mure di Santa Maria Maggiore la protesta continua!
Alcuni nemici del carcere

COMUNICATO SUGLI ARRESTI DURANTE UN PRESIDIO ANTIPSICHIATRICO A MESSINA


Riceviamo e diffondiamo un comunicato sugli arresti avvenuti lunedì 31 agosto a Messina:

E' difficile ridurre all'obbedienza chi non ama comandare.

Il degrado, figlio della separatezza. La vita a vagare di stanza in stanza. Luoghi asettici. Attività separate. A ciascuno il suo compito. Imparare l'obbedienza prima e metterla in pratica poi. Per la vita, che tu pensi "vera vita", c'è spazio solo in sogno. Pensi che arriva ma non arriva. E poi te la scordi. L'illuso pensa che è una cosa che si guadagna, la vita. Te la devi meritare. Là la grande illusione di tutte le alienazioni: bisogna perdere il proprio tempo a lavorare e, faticando, guadagnarsi il tempo di vivere. E, come il tempo, anche il modo, la forma, il colore. Per determinare la vita perfetta occorre dare in pegno tutto il proprio tempo (sottratto naturalmente alla vita stessa). Perder vita per guadagnar vita: per sopravvivere devi morire ogni giorno un po'. Ma il desiderio scalpita e guizza. E se la volonta di vivere insorge fuori dai ranghi, se non sei solo in un cantuccio di proprietà privata, se non è un sogno, se non è la stanza adeguata, se scalpita e si vede che scalpita, può essere gioia-disperata o odio-troppo amato di chi è inciampato troppo spesso. Allora accadono esperienze contraddittorie e pensieri contraddittori. E la vita si ricongiunge con la vita. La Vita vera, non l'utopia del capitale, la prefigurazione poco fantasiosa di chi ha bisogno di programmare e controllare tutto. Quella dell'essenza che esiste perché è. Quella che l'uomo che vende la sua vita nell'illusione di potersela ricomprare più bella rifugge. Quella che chi scappa da se stesso teme di più. E perciò è disposto a reprimerla in ogni modo, neanche a ricacciarla in quell'angolino del cuore che è il desiderio dimenticato, ma annegarla proprio. E' allora che quella vita che si incontra con la vita, in una danza o in una lotta, diventa degrado. E allora cantare e dormire sotto le stelle è "lurido bivacco". E il desiderio di libertà non soffia come il vento ma taglia come un coltello affilato, per l'uomo che fa di tutto per coprire l'odore di uomo. E là che si incista il cancro nel cuore dell'uomo che reprime gli altri perché reprime se stesso. E quel cancro sta nel cittadino che denuncia, nello psichiatra che prescrive un TSO, nelle autorità che firmano le sorti di perfetti sconosciuti, nei vigili che eseguono, nei poliziotti che arrestano, nei magistrati che condannano. Quel cancro è negli occhi di chi nella Vita vede il degrado.
 Fanculo al decoro.
 Viva il bivacco.
 Viva la Lotta.
 Viva Irene e Sergio, il loro coraggio è linfa per la nostra Vita.

ARRESTATI DUE COMPAGNI NE INSORGONO ALTRI CENTO

Venerdì 18 settembre ore 9.00, in concomitanza al processo per direttissima , mobilitazione contro la repressione. 


Link

12 settembre 2015

PROPOSTA DI AZIONE SIMULTANEA CONTRO TRIDENT JUNCTURE 015


riceviamo e diffondiamo:

MOBILITAZIONE CONTRO LA TRIDENT JUNCTURE 2015

PROPOSTA DI AZIONE SIMULTANEA SUI TEATRI DI GUERRA

La Trident Juncture 2015 è senz'altro la più imponente esercitazione NATO organizzata negli ultimi 15 anni, arriva al culmine e conclude una intensissima stagione di esercitazioni e addestramenti, programmata dall'alleanza per tutto il 2015, si inserisce nella strategia generale di riarmo e sviluppo di nuovi strumenti aggressivi intrapresa  a partire dal vertice NATO tenutosi in Galles a settembre 2014.

L'esercitazione coinvolgerà 30 Stati, 36.000 militari, 60 tra navi e sottomarini, 140 tra aerei ed elicotteri; si svolgerà per tutto il mese di ottobre fino al 6 novembre 2015 e sarà ospitata da Portogallo, Spagna e Italia.

Un teatro di guerra "simulata" che, a partire da Gibilterra e dal Mediterraneo occidentale, si proietterà verso sud e verso est.

L'esercitazione si articolerà in due fasi:

- dal 3 al 16 ottobre attività di pianificazione strategica, che coinvolgeranno esclusivamente i centri di comando, denominata Command Post Exercise (CPX).

- dal 21 ottobre fino al 6 novembre, fase operativa vera e propria (indicata con livex) nei poligoni, nei porti e negli aeroporti militari degli Stati ospitanti e nelle acque e nei cieli dell'Oceano Atlantico e del Mar Mediterraneo.

È uno scenario che richiede uno sforzo di consapevolezza e la volontà di agire.

Riteniamo sia necessario opporre alle attività militari, per tutta la durata dell'esercitazione, comprese le fasi preparatorie, un mese di mobilitazioni ed iniziative contro la guerra, le sue strutture, la sua economia e la presenza della NATO, da attuarsi ovunque possibile.

Nell'ambito di questa ampia mobilitazione proponiamo inoltre, a tutte le realtà di lotta antimilitarista ed antimperialista una giornata di azione simultanea sui teatri della guerra "simulata", da attuarsi durante la fase Live, prevista dal 21 ottobre al 6 novembre, con l'obiettivo di inceppare la macchina bellica ed ostacolare lo svolgimento dell'esercitazione.

Come fermarla

L'azione sui luoghi della guerra nel corso di una stessa giornata ne potenzierebbe senz'altro l'efficacia, visto che impedirebbe di riorganizzare le esercitazioni e renderebbe più chiara una volontà generale e diffusa di opporsi e sabotare questo abominio.

È certamente un obiettivo molto ambizioso, che richiede un grande sforzo di intelligenza, di immaginazione e di organizzazione: dallo studio accurato delle attività previste, alla scelta della data più opportuna per attuare la mobilitazione, sino a immaginare e costruire concrete azioni di disturbo da realizzare sul campo.

In questo particolare frangente una mobilitazione antimilitarista diffusa e simultanea potrebbe essere estremamente efficace. Puntiamo all'ambizioso obiettivo di chiudere ovunque, finalmente e in via definitiva questi luoghi sciagurati di morte.

Questa proposta della rete NoBasi NeQuiNeAltrove si inserisce nel percorso antimilitarista intrapreso lo scorso autunno in Sardegna. Le pratiche proposte con continuità negli ultimi tempi, nel loro insieme, hanno raggiunto l'obiettivo di disturbare la presenza militare attraverso iniziative di controinformazione, rallentamenti dei convogli, ripetute invasioni dei poligoni e blocco delle esercitazioni.

Questo è il contesto da cui è nata la necessità e la voglia di organizzare un mese di mobilitazioni contro la presenza e l'occupazione militare nel nostro territorio e di proporre una giornata d'azione simultanea contro l'esercitazione NATO Trident Juncture 2015.

La storia dei movimenti di opposizione alla guerra negli ultimi decenni mostra chiaramente come, per fermare la macchina bellica, non sia sufficiente orientare la cosiddetta "opinione pubblica" ed esercitare pressioni su autorità politiche. La prima, anche quando è largamente maggioritaria, rischia di essere irrilevante, le seconde sono sempre pronte a facili promesse e rapidi voltafaccia.

Esperienze molto recenti, come quella del movimento No-MUOS in Sicilia, dell'opposizione ai radar di sorveglianza costieri, della lotta contro l'occupazione militare in Sardegna, ci raccontano come il coinvolgimento personale degli individui in azioni di controinformazione, di resistenza e di sabotaggio della macchina bellica possano portare a risultati tangibili e concreti. Se, d'altra parte, se guardiamo al passato e al resto del mondo, non mancano esempi di lotte simili per il metodo e anche superiori per efficacia.

NESSUNA PACE PER CHI VIVE DI GUERRA

A FORAS SA NATO DE SA SARDIGNA E DE SU MUNDU

Rete NoBasi NeQuiNeAltrove  
 

Per aggiornamenti e informazioni: nobordersard.wordpress.com - nobasi.noblogs.org

Contatti: nobasinoborder@gmail.com

Materiale: Documento informativo su Trident Juncture [.pdf - 71Kb] - Testo Proposta [.pdf - 53 Kb]


Fonte

DICHIARAZIONE DI MASIMO ALL'UDIENZA PER LA SORVEGLIANZA SPECIALE


riceviamo e diffondiamo:

Dichiarazione all'udienza per la sorveglianza speciale

I governi passano, ma gli articoli del codice penale restano.
Leggendo alcuni libri di storia sulle lotte rivoluzionarie in questo Paese mi sono imbattuto nell'applicazione dell'"ammonizione" - che coincideva di fatto con l'attuale sorveglianza speciale e che si accompagnava spesso con l'imposizione del domicilio coatto - fin dal 1877. A farne le spese nella primavera di quell'anno furono i membri delle sezioni italiane dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori di cui il governo aveva decretato lo scioglimento. A differenza di altri Paesi, l'Internazionale era nata in Italia su posizioni socialiste antiautoritarie e federaliste, in una parola anarchiche. La propaganda di Bakunin e, soprattutto, l'eco gigantesca che aveva avuto la Comune di Parigi, massacrata nel sangue dalla Repubblica di Thiers, avevano portato al pieno sviluppo le idee più radicali presenti nel Risorgimento italiano, quelle di Carlo Pisacane. E per ironia della sorte, ad applicare l'ammonizione contro gli anarchici nella primavera del 1877 era stato il ministro degli Interni Giovanni Nicotera, tra i pochi sopravvissuti alla spedizione pisacaniana di Sapri. Il 25 giugno del 1857 erano partiti in trenta da Genova e, liberati trecento prigionieri dalle carceri di Ponza, erano sbarcati nel Cilento il 28 giugno allo scopo di far insorgere le plebi del Mezzogiorno contro il governo borbonico e contro i proprietari terrieri. Quell'"accozzaglia di inceppati e di galerati" (così li definiva la stampa locale borbonica) fu in buona parte uccisa e i corpi degli insorti, fra cui quello di Pisacane, arsi in un rogo il 1° luglio.
Vent'anni dopo, un insorto diventato ministro degli Interni arrestava, ammoniva, mandava al domicilio coatto decine di anarchici colpevoli di voler ancora insorgere, ma questa volta contro la monarchia sabauda e i proprietari terrieri.

Nel richiedere la misura della sorveglianza speciale contro di me, i Pubblici Ministeri Amato e Ognibene, per conto della Questura, sostengono che il mio comportamento "offende e mette in pericolo la tranquillità pubblica". Anche questa formula è tutt'altro che recente. Si trova anticipata quasi alla lettera dall'art. 426 di un vecchio codice penale, articolo votato nel 1879 sempre contro l'Associazione Internazionale dei Lavoratori, definita "associazione di malfattori". Si può dire tuttavia che il codice Zanardelli e poi il codice Rocco erano decisamente più "onesti" nel colpire anarchici, socialisti e comunisti, non nascondendo la natura politica della repressione.
Il comma usato dalla democrazia, nell'anno 2015, dichiara invece di colpire con la sorveglianza speciale "coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica". Il legislatore monarchico e fascista tirava in ballo l'incitamento all'odio fra le classi sociali o il proponimento di sovvertire l'ordine costituito, e non affastellava nello stesso elenco i minori, la sanità e la tranquillità pubblica. Visto che, bontà loro, i PM non mi accusano di molestare minorenni, con l'uso tipicamente questurino della congiunzione "o" (che permette di inserire in un elenco tutto e il contrario di tutto) mi si vorrebbe sottoporre per due anni alla sorveglianza speciale e all'obbligo di soggiorno per aver messo in pericolo una alquanto generica "tranquillità pubblica". Si potrebbe facilmente dimostrare che la cosiddetta tranquillità pubblica - a meno che non si voglia restringere la "sfera pubblica" al dominio esclusivo di ricchi, industriali, politici, dirigenti e questori - è messa in pericolo più dalla paura di non riuscire a pagare l'affitto e dalle condizioni di lavoro ogni giorno più precarie che non dall'azione degli anarchici. Ma non si tratta certo di una svista del legislatore. Essendo volutamente fumoso il fine di queste misure, i criteri per la loro applicazione sono a dir poco discrezionali. Nella stessa richiesta di sorveglianza, infatti, si può leggere: "ai fini della legittima applicazione di una misura di prevenzione non sono richieste le prove necessarie per la condanna e neppure gli indizi "gravi" richiesti in materia ... , mentre sono sufficienti semplici indizi (...) in ordine al coinvolgimento del proposto nelle attività illecite che legittimano l'adozione dei provvedimenti di interesse". E infine una perla che avrebbe fatto inorgoglire i dottori dell'Inquisizione: "Anche dalla sentenza di assoluzione possono essere ricavati elementi indiziari certi utilizzabili ai fini della prevenzione". Alla Procura di Trento piace vincere facile. Prima mi fa arrestare all'interno di un'operazione definita "Zecche" (ah! che grottesco usare il latino "Ixodidae" per nascondere un linguaggio così smaccatamente mussoliniano...), poi, utilizzando quel castello di carte già crollato in tribunale, prova a mettermi in freezer per due anni senza bisogno di prove né di "indizi gravi". E infatti nei verbali della Digos usati nel fascicolo per la richiesta della sorveglianza speciale ritorna come se niente fosse il "GAIT (Gruppo Anarchico Insurrezionalista Trentino)", nome inventato dalla polizia politica per sostenere l'accusa di "associazione sovversiva con finalità di terrorismo" caduta nel corso del processo.
La Procura sarebbe stata più coerente se avesse fatto un passo ulteriore: chiedere la sorveglianza speciale come risarcimento per l'impiego di mezzi e uomini dispiegato nella fallita operazione "Zecche". Non è forse riuscita a scrivere, nella richiesta di sorveglianza speciale, che "l'occupazione insistita di immobili è condotta che attenta la sicurezza e la tranquillità pubblica, ove si consideri, a tacer d'altro, dell'impegno (uomini e mezzi) impiegato per lo sgombero"? Convengo che bloccare un intero isolato con più di cento agenti, distruggere il tetto di un immobile e caricare occupanti e solidali abbiano scosso, a tacer d'altro, la tranquillità pubblica molto più dell'occupazione di un edificio vuoto da quindici anni. Ma far pagare - penalmente e, come vorrebbe il questore, anche economicamente - agli sgomberati le operazioni di sgombero è logica squisitamente torquemadesca. 

Giunto a conclusioni anarchiche verso i sedici anni, ho deciso di dedicare la mia vita a cambiare radicalmente questa società ingiusta e insensata. Ho tracciato la mia esistenza in tal senso e le numerose condanne elencate dalla Procura testimoniano che non ho mai cambiato idea. Che sono rimasto, proprio come diceva la polizia politica durante il fascismo per legittimare la misura dell'ammonizione o del confino, "insuscettibile di ravvedimento". E mi inorgoglisce il fatto di meritare, agli occhi di Questura e Procura, lo stesso provvedimento riservato dalla polizia sabauda e dall'Ovra a compagni ben più coraggiosi e combattivi di me.
Se cercare di mettere in pratica i princìpi dell'etica più alta che per me l'umanità abbia finora concepito - il sogno di un mondo senza servi né padroni, la fine di ogni privilegio economico e di ogni dominio politico attraverso la rivoluzione sociale - significa essere un "delinquente abituale" (in altra epoca si sarebbe detto "malfattore"), allora, sì, sono un delinquente abituale. I cosiddetti onesti cittadini che mai infrangono le leggi sono gli stessi che stavano a guardare quando in questo Paese si deportavano gli ebrei e si fucilavano i partigiani. Perché anche allora a resistere, a disertare, a insorgere fu una minoranza, per lunghi anni guardata con sospetto, denunciata, confinata in una dolorosa quanto fiera solitudine morale.
D'altronde che l'ammonizione fascista coincidesse in tutto e per tutto con la democratica sorveglianza speciale non l'ho imparato dai libri, ma ascoltando il mio amico e compagno Lionello Buffatto, comunista indomito, partigiano, antifascista della prima ora. Quando mi spiegava in cosa consistesse l'ammonizione che lo aveva colpito nel 1938, ho potuto notare che le restrizioni cui era stato sottoposto erano le stesse che il codice prevede anche oggi, con la sola eccezione che lui e gli altri ammoniti non potevano nemmeno, in quanto "cittadini indegni", camminare sul marciapiede. Lionello, morto a novantasei anni in una stanza della casa di riposo in cui al posto della televisione c'era una kefiah palestinese attorcigliata, era stato raggiunto dalla misura dell'ammonizione per aver partecipato alla famosa riunione cospirativa svoltasi al bosco della città di Rovereto. Temendo che l'ammonizione si trasformasse in confino o in carcere prese la via dell'esilio con la moglie Gina e il piccolo Uliano. Dopo essersi unito al maquis francese, rientrò nella città della Quercia nel maggio del 1945.
E poiché la Procura, nella richiesta di sorveglianza speciale nei miei confronti, insiste, oltre che sulla mia partecipazione alla lotta contro il TAV in Valsusa, anche sulle recenti occupazioni di case e stabili abbandonati a Trento, vorrei raccontare qualcos'altro di Lionello. Tornato a Rovereto, egli fu nominato "commissario politico agli alloggi". In quanto tale, decise di requisire una casa vuota in via Setaioli di proprietà dei Costa (arricchitisi ben bene durante il Ventennio) per alloggiarvi una famiglia di povera gente. L'allora comandante in capo delle truppe alleate a Rovereto, un certo colonnello Somer, convocò Lionello in commissariato per dirgli che quella casa doveva essere restituita ai legittimi proprietari, nel frattempo alleatisi con la nuova classe dirigente. Alla risposta di Lionello che non era tornato in Italia per accettare ordini fascisti, il colonnello Somer lo fece arrestare. Poiché le carceri di via Prati erano state bombardate nel gennaio del 1945, Buffatto fu rinchiuso in una segreta del palazzo di Piazza Podestà dove oggi c'è la caserma della Finanza. (Tra l'altro in quei luoghi aveva operato la famigerata "banda Carità", detta anche dei toscanini, feroci seviziatori e torturatori al soldo dei nazisti, assolti tutti negli anni Cinquanta per aver agito "in stato di costrizione"...). Lionello fu liberato qualche giorno dopo grazie allo sciopero scoppiato in solidarietà con lui alla Manifattura Tabacchi.

Vedete, signori giudici, la vita è una questione di occasioni e di prospettiva. Essendo nato e cresciuto in un'epoca piuttosto grama di slanci generosi e di coerenza, ho cercato i miei maestri fra i tanti morti e i pochi vivi che non hanno mai piegato la testa.
Quello che sono riuscito a fare in tutti questi anni non è stato gran che, ma ho imparato una cosa importante. Ho imparato che ogni volta che mi sono battuto per ciò che consideravo giusto ho assaporato la gioia di essere a fianco degli onesti "malfattori" del passato e del presente; mentre ogni volta che ho ceduto mi sono sentito infelice e solo.
Per questo vorrei dirvi, con meno retorica possibile, che non ho alcuna intenzione di cambiare condotta e che non esiste misura che possa tenermi lontano dai miei compagni e dalle lotte. 

Trento, 10 settembre 2015
Massimo Passamani

GRECIA: EVI STATIRI ANNUNCIA LO SCIOPERO DELLA FAME DOPO IL RIFIUTO ALLA SCARCERAZIONE

Dal 2 marzo al 4 aprile 2015, i dieci membri imprigionati del gruppo anarchico di guerriglia urbana Cospirazione delle Cellule di Fuoco/FAI-FRI, Gerasimos Tsakalos, Christos Tsakalos, Olga Ekonomidou, Michalis Nikolopoulos, Giorgos Nikolopoulos, Haris Hadjimihelakis, Giorgos Polidoros, Panagiotis Argirou, Damiano Bolano and Theofilos Mavropoulos, assieme alla prigioniera anarchica Angeliki Spyropoulou, hanno condotto un estenuante sciopero della fame richiedendo il rilascio dei propri famigliari, Athena Tsakalou (madre dei fratelli Tsakalou) ed Evi Statiri (moglie di Gerasimos Tsakalos), arrestate sei mesi prima e caricate con accuse assurde in connessione col piano di fuga delle CCF, fallito a gennaio 2015.
 
Il 6 aprile Athena Tsakalou esce di prigione con misure esageratamente dure e restrittive: divieto di uscire dall’isola di Salamina, un esilio forzato che le impedisce di fatto la visita ai figli in carcere e le cure ospedaliere di cui necessita. Le sue richieste vengono rifiutate nella stessa maniera vendicativa che tiene ancora in carcere la moglie di suo figlio, Evi Statiri.
 
A metà anno dal suo arresto, Evi Statiri è ancora detenuta sotto il regime di carcerazione preventiva al carcere femminile di Koridallos, solo sulla base di essere la compagna del membro delle CCF Gerasimos Tsakalos.
 
Il 7 settembre è stato reso noto dal consiglio giudiziario, guidato dal giudice Chalevidou, l’ennesimo rifiuto di scarcerazione per Evi Statiri. Lo stesso giorno, Evi ha pubblicato una lettera in cui annuncia che inizierà lo sciopero della fame lunedì 14 settembre, chiedendo la sua immediata scarcerazione.
 
 
TESTO DI EVI STATIRI PER L’ INIZIO DELLO SCIOPERO DELLA FAME DAL 14 SETTEMBRE
 
Da Evi Statiri il 07/09/2015
 
Sono passati sei mesi dal giorno che mi hanno costretta a guardare il cielo da dietro il filo spinato ed a misurare il tempo tra una chiusura e l’altra della porta della mia cella. Il nuovo rifiuto, espresso dal consiglio giudiziario riguardo la mia liberazione, ha confermato quello che già sapevo fin dai primi giorni che mi sono trovata nelle celle della forza antiterroristica. La mia detenzione non è stata semplicemente una questione personale: è il riflesso di una strategia oppressiva totale che ha come scopo la creazione di uno stato di terrore e la soddisfazione di una mania vendicativa dell’apparato persecutivo contro i detenuti politici ed i refrattari ai valori della cultura del potere.
 
Continuo a trovarmi in carcere con unica prova di “colpevolezza” l’essere la moglie del detenuto politico, membro della Cospirazione delle Cellule di Fuoco, Gerasimos Tsakalos.
 
Continuo a trovarmi in carcere perché non ho “firmato” un certificato di coscienza sociale (✱) e non ho rinnegato il mio compagno ed il nostro rapporto.
 
So che il rifiuto fascista del consiglio giudiziario di ridarmi indietro la libertà di cui mi hanno privato, è il risultato degli ordini dell’autorità e di procedure poliziesco-giudiziarie con scopo di trasmettere un chiaro messaggio intimidatorio.
 
Chiunque sta vicino ai detenuti politici rischia di trovarsi nella cella in fianco… Chiunque non chini il capo, non abbassi lo sguardo, non zittisca la propria voce di fronte agli idoli autoritari, viene trascinato in manette in guardina, nelle stanze degli interrogatori, nei tribunali…
 
Però le iniziative di solidarietà dell’ultima settimana mi hanno provato che si la paura governa, ma non regna nel cuore e nella mente degli uomini liberi.
 
Un grande grazie a tutti quelli che con le loro azioni esorcizzano la dittatura della bugia e dell’ipocrisia della giustizia che si ostina a mantenermi rinchiusa nelle sue celle. Adesso inizia una nuova battaglia…
 
All’ulteriore sentenza negativa dei giudici non mi resta che rispondere con l’arma ultima della persona prigioniera, lo sciopero della fame per la mia liberazione.
 
La mia intenzione era di iniziare da domani (8 settembre), visto che vi avevo già fatto riferimento in una lettera precedente nel caso di un nuovo rifiuto alla mia richiesta.
Nei giorni successivi all’annuncio della mia decisione tanti compagni, principalmente dalla provincia, mi hanno chiesto di posticiparlo da permettere anche ad altri compagni di ritornare per poter meglio organizzare la lotta solidale. Capendo le difficoltà che ci sono in un periodo pre-elezioni e poichè concepisco la solidarietà come una condivisione di tensioni, desideri e lotte comuni e non come uno strumento da sfruttare, rispettando ed in accordo con il pensiero dei compagni per far si che si possano moltiplicare le possibilità di solidarietà, ho deciso di posporre l’inizio del mio sciopero di una settimana.
 
LUNEDI’ 14 SETTEMBRE INIZIO LO SCIOPERO DELLA FAME contro la paura e l’ingiustizia.
 
E’ una decisione il cui peso può schiacciarmi, però non esistono altre opzioni… Mi rifiuto di accettare il golpe della bugia e dell’ipocrisia di una giustizia che realizza contratti di sterminio della libertà in nome dell’autorità.
 
Lo sciopero della fame oltre ad una lotta per la mia liberazione è un omaggio a tutti coloro che hanno lottato prima di me contro la bruttezza dell’autorità ed una barricata di resistenza per chiunque il sistema tenterà di incarcerare dopo di me perchè vicini ai detenuti politici, perchè urleranno per la giustizia e oseranno vivere liberi e non come schiavi.

LOTTA FINO ALLA LIBERAZIONE
LA SOLIDARIETA’ E’ LA NOSTRA ARMA
 
Evi Statiri
Carcere di Koridallos   07\09\2015
 
 
 
() Certificato di coscienza sociale : dichiarazione in uso dalla polizia e dall’esercito greco tra gli anni 1938-1981, istituita dal dittatore Metaxas, che veniva fatta sottoscrivere ai cittadini dove garantivano di non avere a che fare con gruppi comunisti e che non ne condividevano le idee. Fu usata ampiamente durante la guerra civile greca, bollando ed escludendo dalla vita pubblica chi non la firmava, impedendone ad esempio l’accesso ad impieghi pubblici come l’insegnamento.