30 aprile 2015

INCENDIATO VEICOLO DI AZIENDA COMPLICE NELLA CARCERAZIONE MINORILE IN SOLIDARIETA' CON LE RIVOLTE IN BALTIMORA (SEATTLE)


tradotto da anarchistsnews

SEATTLE - Nelle prime ore del mattino del 28 aprile, le fiamme hanno avvolto un veicolo all'interno di un cantiere adiacente il carcere minorile di King County sulla 12a Avenue. I lavori riguardano un nuovo progetto realizzato dalla Spectrum Development Solutions, azienda responsabile della gentrification della 12a Avenue e coinvolta nella costruzione del nuovo carcere minorile. Gli pneumatici del camion sono stati squartati, i tubi del carburante sono stati tranciati e il veicolo è stato completamente distrutto dal fuoco.

Ciò è stato fatto in solidarietà con i ribelli che combattono la polizia nelle strade di Baltimore. Nel destarsi della ribellione in quel di Ferguson lo scorso anno, anche Baltimore è esplosa in sommosse, scatenate anch'esse da un altro brutale assassinio da parte della polizia. Edifici e macchine fumanti, negozi saccheggiati, polizia e media attaccati ripetutamente, spesso costretti a fuggire per la propria incolumità. Il rinculo mediatico delle condanne orchestrate è palesemente una farsa agli occhi di coloro che trovano ispirazione e incoraggiamento in momenti come questi.

Talvolta i principi della società carceraria si manifestano nell'uccisione di giovani uomini neri nelle strade (Freddie Gray, Mike Brown, Eric Garner e tantissimi altri), ogni giorno si esplicita nell'imprigionamento di massa di persone di colore. A prescindere dal come, questa società prospera sulla morte. Si fotta la polizia razzista e assassina, si fottano i media, e si fotta chiunque contribuisca a costruire questa società galera.

NO TAV: RIVENDICAZIONE DEL FALSO COMUNICATO DI INTESA SANPAOLO


Riceviamo da mail anonima e diffondiamo:

"Buona notizia! Il gruppo bancario Intesa San Paolo è stato vittima di un falso comunicato stampa a suo nome che ha diffuso la falsa voce di uno scandalo finanziario riguardante i bilanci di Intesa San Paolo. In seguito alla rapida diffusione di questa bufala, le azioni di Intesa Sanpaolo sono precipitate. Intesa San Paolo è la principale banca che finanzia la TAV e ci guadagna profitti succulenti; oggi, come tante volte in passato, ha pagato caro per questa partecipazione. Come tante altre aziende, istituzioni e singoli che hanno portato avanti questo progetto distruttivo e messo in atto la repressione che serve a proteggerlo.

La Tav è ovunque. Chi vuole opporsi alla Tav lo può fare dappertutto; non occorre che vada in Piemonte. Anche con un sabotaggio dietro una tastiera, come in questo caso. Lo può fare da solo, o con persone di fiducia. Dove e quando vuole, basta un po’ d’immaginazione e di determinazione.Questa azione ci mostra anche che possiamo apprendere come una delle infinite possibilità che abbiamo per contrattaccare si colloca su un terreno che il potere crede essere di suo esclusivo dominio: il controllo del flusso d’informazione.
In basso il link un testo interessante che ci parla di questo metodo di lotta e ci dona qualche idea e tecnica su come diffondere bufale: http://foolcapitalism.espivblogs.net/files/2015/04/Prankthepranksterit.pdf

Solidali con Chiara, Niccolò, Claudio, Mattia, incarcerati per la loro opposizione alla TAV e a quasto mondo...
Dietro quelle barricate, in quei boschi, davanti a quelle recinzioni c'eravamo tutti!
Fuoco e fiamme ai progetti che distruggono la terra e a tutte le prigioni! "

Segue immagine del comunicato diffuso:



Sui media mainstream:

http://www.repubblica.it/economia/finanza/2015/04/24/news/intesa_sanpaolo_falso_comunicato-112751049/

https://it.finance.yahoo.com/notizie/intesa-sanpaolo-valuta-azioni-legali-dopo-falso-comunicato-152620484.html


Da informa-azione.info

MILANO: PERQUISIZIONI, DENUNCE E ARRESTO IN AVVICINANZA AL PRIMO MAGGIO NO EXPO

FONTE
In attesa di eventuali contributi dalle realtà coinvolte, riportiamo quanto diffuso dai media di regime rispetto alle azioni repressive e preventive messe in campo per contrastare la manifestazione del 1° maggio No Expo a Milano.

Martedì 28 aprile, un compagno tedesco è stato fermato e tratto in arresto con l'accusa di stare trasportando materiale atto alla fabbricazione di bottiglie molotov; domani pomeriggio dovrebbe tenersi l'udienza di convalida.

Mercoledì 29 aprile, la Digos ha fatto irruzione in alcuni spazi e appartamenti occupati in zona Giambellino-Lorenteggio, sequestrando maschere antigas, petardi e altro materiale da corteo; nel corso dell'operazione 12 occupanti sono stati denunciati per invasione di edificio.

Come sempre brillanti e calzanti i commenti di Alfano: "nessun paese è a rischio zero (aveva ancora inserito il dischetto sull'ISIL), ma queste operazioni fanno chiaramente capire che lo Stato è più forte di chi lo vuole contrastare", riportando la questione sul mero piano muscolare... l'unico che riescono a esibire senza troppo imbarazzo.

Seguiranno aggiornamenti e invitiamo a inviarci contributi in merito.


29 aprile 2015

GENOVA: COMPAGNO PERQUISITO E DENUNCIATO PER AVER SCRITTO UN COMUNICATO

da informa-azione.info
Apprendiamo di questa operazione repressiva contro un compagno anarchico a causa di un contributo critico pubblicato su questo sito.
"Je suis Carlò!" diranno i difensori della libertà di espressione.
Contro ogni autorità, contro i frugatori di appartamenti col distintivo e i loro mandanti togati, contro i carcerieri dei corpi e delle menti, contro i distruttori del pianeta, contro un esistente di sfruttamento e predazione del vivente.

informa-azione

segue da RadioAzione


Questa mattina, alle ore 06:00 del 28 aprile, a Genova, i carabinieri del R.O.S. hanno effettuato una perquisizione a casa di un compagno anarchico genovese indagato per (come scritto da verbale) “pubblica istigazione a commettere atti di terrorismo nonché pubblica apologia di un delitto di terrorismo, segnatamente istigazione a compiere azioni dirette (ossia atti violenti con finalità di terrorismo) nonché apologia del delitto di lesioni aggravate dalla finalità di terrorismo consumato in danno di Roberto Adinolfi in data 7 maggio 2012, e rivendicata in data 11 maggio 2012 dal Nucleo Olga/FAI-FRI. In Genova il 15 maggio mediante redazione di un documento pubblicato sul sito web Informa-azione."
Lo scritto in questione era stato pubblicato sui siti e firmato dal compagno con il proprio nome dopo le dissociazioni che alcuni genovesi vollero prendere nei confronti di chi attaccò Adinolfi.

Nella perquisizione sono stati sequestrati al compagno 2 computer, 1 hard disk, 2 USB Stick e materiale cartaceo.

Non un passo indietro!

Solidarietà a Nicola e Alfredo!

Nota di RadioAzione: Lo scritto firmato dal compagno con il suo nome era una risposta a quello, purtroppo molto noto e schifoso, dal titolo “I puntini sulle i” redatto da un coglione (non genovese), e qualche sua pecorella, che hanno sentito l’esigenza di parlare a nome degli anarchici genovesi. Ora, quei quattro coglioni (chiamarli “dissociati” vorrebbe dire che almeno prima di una possibile dissociazione avevano un cervello), saranno ben lieti di sapere che c’è chi li difende dalla critica: La Procura di Genova.
Complimenti anarchici da quattro soldi!
Da oggi sapete che in caso di un’altra azione in cui metterete bocca con i vostri “puntini”, avete la responsabilità sugli atti giudiziari a carico dei compagni che vi risponderanno…

Il testo del compagno:

……..A chi non si dissocia…………

Leggendo quel tristissimo documento che è uscito fuori, ahime, proprio dalla città in cui vivo è opportuno fare qualche ulteriore precisazione, tanto per non finire , e parlo a titolo personale, nel pentolone dei dissociati genovesi.

Ciò che balza subito agli occhi e successivamente al cervellino è il motivo per cui dei pseudo-compagni abbiano l’esigenza di scrivere un documento che probabilmente neanche Don Gallo con tutta la comunità di San Benedetto sarebbe riuscito a partorire.

Un documento che prende in considerazione solo l’azione a quel pezzo di merda di Adinolfi, come se non si meritasse una pallottola in una gamba, e parla di qualche mortaretto spedito qua e la come il male assoluto.

Forse vi sentite toccati? La risposta è si, non penso che nessuno vi spii a parte i soliti diciamo, ma la paura di sentirsi giudicati è più forte di voi, forse siete voi i primi a pensare che non fate abbastanza, ma non lo volete ammettere, e per questo vi sentite chiamati in causa e con la coda in mezzo alle gambe cercate giustificazioni sul vostro essere anarchico.

Nostalgici!? Ma se oggi voi sputate bile verso chi compie un azione, condivisibile o meno, cosa avreste detto nel 1900 quando un certo Gaetano Bresci ammazzava il vostro tiranno: pistolero incallito? E cioè avreste preso la posizione di tanti “anarchici cooperativisti” che condannarono il gesto. Per non parlare di quel compagno che sparò a Errico Malatesta a un convegno negli Stati Uniti: subito alla forca, immagino.

Per voi le armi sono un tabù, ma come pensate di poter reagire a tutti i soprusi che quotidianamente vengono perpetrati da chi le armi le usa veramente e continuatamente?

Conoscendo alcuni di voi che hanno formulato quello schifo di documento, so che siete (almeno alcuni di voi) dei non giovani per non dire vecchi più o meno quanto me, ma la differenza tra me e voi, è che io penso in un futuro dove ste seghe mediatiche i compagni a venire non se le faranno più, perchè avranno da uscire realmente per strada, non come noi che aspettiamo la chiamata alla mobilitazione generale.

E poi……..ma perchè non mettere i nomi dei firmatari e non alcuni, forse, anarchici o forse libertari o forse individualità genovesi ?
Abbiate il coraggio delle vostre azioni perchè i compagnie le compagne genovesi non devono, ogni volta che escono da sta città del cazzo, dare spiegazioni su chi ha scritto quel documento o meno.

Penso che comunque il vostro obiettivo l’avete ottenuto, ed era quello di innescare un dibattito, ma secondo me, prima ancora di far partire una discussione di questo tipo, voi avete pensato a dissociarvi per pararvi il culo. In giornate come queste a Genova dove si vedono tipi loschi a ogni angolo di strada, dove i giornali pubblicano veline della questura, minacciano perquisizioni ovunque in città, uscire fuori con un documento di quel tipo vuol dire io non c’entro. Mi ricorda il gioco del buono e del cattivo……..da che parte della barricata state ? Forse come dite voi dall’altra !

Io non mi dissocio, avrei preferito dirglielo direttamente agli sbirri nel caso fossero venuti a casa per l’ennesima perquisizione, ma voi mi costringete a prendere una posizione ORA, per non essere confuso con gente che ha la coda di paglia e che magari parla di un occupazione come il massimo obiettivo da raggiungere.

Tanto e tanto altro bisognerebbe dire, ma penso sia chiara la mia posizione e quindi mi fermo qui.

INDIVIDUO
Carlo di Genova più o meno!

AGGIORNAMENTO SUL PROCESSO CONTRO BILLY, COSTA E SILVIA

riceviamo e diffondiamo:
AGGIORNAMENTO SUL PROCESSO CONTRO BILLY, COSTA E SILVIA

Il 23 aprile si è svolta presso il tribunale di Torino l’udienza preliminare che vede imputati Billy, Costa e Silvia con l’accusa di voler attaccare con esplosivo il centro di ricerche IBM a Zurigo.
L’udienza è stata rinviata all’11 Giugno per una mancanza di documentazione inerente alla sentenza definitiva svizzera che ha fatto già scontare anni di carcere per gli stessi reati per cui oggi la procura di Torino vuole procedere.

RILANCIAMO LA LOTTA ALLE NOCIVITA’

silviabillycostaliberi.noblogs.org
resistenzealnanomondo.org

CORSO DI SERIGRAFIA @LAB.ANARCHICO LA*ZONA (BG)

riceviamo e diffondiamo:

 Organizzato da Black Stage Serigrafia
SU ISCRIZIONE: a numero chiuso max 10 persone con sottoscrizione.

GIOVEDì M21/05, 28/05 E 4/06
dalle 18.30 alle 20.00

1°INCONTRO:
Introduzione alla serigrafia DIY - conosciamo insieme i materiali necessari ed impariamo a costruire un telaio e a prepararlo per la fotoincisione.

2°INCONTRO:
Approfindimento sulla fotoincisione, come incidere un telaio partendo dal disegno.

3°INCONTRO:
A telaio completato si inizia la fase di stampa - impariamo le tecniche, conosciamo i colori e le fasi dell'asciugatura.

Se hai possibilità porta: grembiule/vestiti brutti, sparapunti, sega e cacciavite a croce.

PER INFO E ISCRIZIONI SCRIVERE A:
lab.lazona@gmail.com

@Laboratorio Anarchico LA*ZONA
via bonomelli 9 Bg

23 aprile 2015

BERGAMO: 25 APRILE SPEZZONE ANTI-ISTITUZIONALE&AUTOGESTITO..DOPO TUTT* IN PIAZZA DANTE

riceviamo e diffondiamo:
25 APRILE 2015
Concentramento h.9.00 - piazzale stazione ffss
25 aprile, nulla è cambiato..
il fascismo mai se n'è andato!
noi lotteremo sempre di più..
li appenderemo tutti quanti a testa in giù!

SPEZZONE ANTI-ISTITUZIONE ED AUTOGESTITO
segui il jolly roger!
Laboratorio Anarchico LA*ZONA
via bonomelli 9 BG
lab.lazona@gmail.com
DOPO CI SPOSTIAMO TUTT* IN PIAZZA DANTE!
Pranzo a cura del COORDINAMENTO COLLETTIVI E STUDENTI BG
e  a seguire JAM:
freestyler, beatboxer, open mic & Dj!
SPIN THAT SHIT CLICK - rap autoctono
NO CHAPPI? BOURGEOIS!  -  rap delirante da Genova
Durante tutto il pomeriggio saranno presenti banchetti, materiale, beveraggio e bellaggente!


22 aprile 2015

LUCIO, FRA E GRAZIANO SPOSTATI AL CARCERE DELLE VALLETTE PER IL PROCESSO

riceviamo e diffondiamo:
 

Da lunedì 20/4 i tre compagni Lucio, Francesco e Graziano si trovano al carcere delle Vallette di Torino, dove giovedì 23 aprile alle 9.00 si svolgerà la prima udienza del processo a loro carico. L'udienza sarà a porte chiuse, tuttavia è indetto un presidio davanti al tribunale di Torino, per esprimere solidarietà a complicità ai compagni processati.

SABOTAGGIO COMPAGNO DI CHI LOTTA
(.pdf) Un breve testo che verrà distrubuito durante il presidio.

GIOVEDì 23 APRILE ALLE 9.00 AL TRIBUNALE DI TORINO: PRESIDIO IN SOLIDARIETA' A LUCIO, FRANCESCO E GRAZIANO.

LETTERA DI CARLOS LOPEZ "CHIVO" DALLA CLANDESTINITA'

riceviamo e diffondiamo:

Compagni, scrivo queste brevi righe con l’intenzione di far conoscere la mia attuale condizione di vita, che da una prospettiva molto particolare ho deciso portare avanti per via di una serie di situazioni che si sono venute a creare nel recente contesto della lotta individuale e/o sociale e la repressione contro quest’ultima.

C’è una lunga lista di compagni e compagne che sono stati pressati e investigati per l’attività anarchica degli ultimi tempi qui nel paese, in particolare nella zona centro e sud, facendoli pedinare per osservare i loro movimenti e la gente con la quale si organizzano, mandando fottute spie schifose per prendere informazioni, segnalando i compas stranieri di finanziare le lotte e una lunga serie di eccetera; anche quando avvenne la detenzione che mi ha portato in carcere insieme alle mie compagne d’affinità Amelie e Fallon, hanno cercato di vincolare molte persone dell’ambiente libertario/anarchico per legarle al nostro caso (5E), perquisendo alcune case per cercare delle “prove” (senza riuscirci) e così avere maggiori argomentazioni per dare un duro colpo all’interno del piccolo mondo acrata.

Tutto ciò portò al successivo arresto del compagno “Tripa” [1] (oltre alla persecuzione di altri compagni che dovettero allontanarsi) e fortunatamente in quel momento si è potuto contare sulla opportuna reazione dei compas del GASPA [2] per tirarlo fuori d’immediato visto che le accuse erano infondate. Subito dopo (Tripa) decise di fuggire e non è che avesse molta scelta visto che, accusandolo dei suoi precedenti “delittuosi”, cercavano di legarlo alle indagini di terrorismo, sabotaggio e altre stronzate che volevano accollarci, non gli restavano molte alternative che prendere quella decisione.

Per simili ovvietà e avendo la facoltà di scegliere liberamente, ho deciso prendere il cammino della fuga per varie ragioni, principalmente per la mia stessa sicurezza e quella degli altri compagni visto il tipo di persecuzioni che stanno prendendo il via. Non sarò né il primo ne l’ultimo a farlo, nell’aver scelto un percorso di lotta che in parte si accompagna con il riappropriarmi della mia stessa vita ma anche del lato violento, frontale e refrattario contro ogni autorità; per cui non è che sia cosa da eruditi capire che sarai nella mira di investigatori e pubblici ministeri che cercheranno di relazionarti/immischiarti in ogni caso di azione diretta che si generi nel campo di battaglia, e nel mio caso essendo uscito con la misura cautelare della firma è chiaro che mi avrebbero tenuto a disposizione per arrestarmi nuovamente quando gli venisse voglia, piacere che non voglio dargli, almeno nella misura delle mie possibilità.

Oltre a non avere la minima intenzione di collaborare con il fottuto teatrino giuridico che sarebbe venuto dopo la mia scarcerazione, è dal primo momento della mia liberazione fisica che ho deciso non essere la loro preda, per il fatto di tenermi controllato tramite la periodica visita al posto dove si suppone che dovrei andare per lì plasmare la mia orrenda firma per un altro anno e mezzo e per questo ho optato per non presentarmi il giorno dopo (la scarcerazione) davanti il giudice cercando di dare un taglio a questa che io interpreto come una forma di persecuzione.

Questo non vuol dire che mi allontani dalla lotta o che sia pentito di quello che devo vivere per portarla avanti, al contrario, continuerà ad essere il fattore personale principale che mi spingerà a questa facciata insurrezionale verso lo sconosciuto della libertà. Anche “dal di fuori” si può continuare la quotidianità dell’attacco permanente nelle sue ampie forme e contenuti, cercando di dar seguito ai miei progetti altrove ma con le stesse visioni, avendo chiaro che non è la pretenzione di portare avanti la mia lotta dalla clandestinità, né cercare una forma specializzata o superiore di attacco, ma sapendo che queste sono parte delle conseguenze che dobbiamo affrontare e mettere in conto nel transitare per questi sentieri del conflitto, nel fare le cose che crediamo e come lo crediamo possibile e necessario.

Ho sempre saputo che opponendomi ferreamente alle forme di subordinazione e contenuti ideologici che i tecnici della menzogna democratica utilizzano per mantenere i loro privilegi e lo stato di cose, avrebbe portato con sé circostanze avverse a quelle che qualsiasi persona “normale”vorrebbe per la propria vita, però visto che io non voglio essere questo tipo di persona normale e accettare di essere uno schiavo fra tanti, mi compiaccio di fare le cose in questa maniera, come farebbe qualsiasi irriducibile andando avanti partendo dalla sua maniera di percepire le cose.

Dal lato comodo, per me sarebbe stato molto meglio dopo essere uscito di prigione e aver calpestato la strada, vedere familiari, amici e stare al fianco della mia amata figlia; così come stare al fianco dei compagni, compagne e affini di diversa tendenza per continuare ad agire assieme; ma so che questo non è un gioco e che la lotta va portata avanti fino alle ultime conseguenze, è necessario darle la serietà richiesta per cui esistono occasioni in cui è necessario prendere decisioni che possono essere dolorose per via dell’allontanamento fisico con le persone amate. Ê per questo che vedo nella fuga non la unica via d’uscita però allo stesso tempo la più vicina alla visione che ho della situazione; tra le varie cose, ho ritenuto adeguato agire in questo modo per quello che ho già detto prima riguardo il non dare agio a persecuzioni e tentativi di vincolarmi in futuri atti violenti simili a quelli per cui sono stato prigioniero, e di conseguenza vincolare anche altri compagni e coloro che si incrocia sul cammino; è chiaro che sappiamo di cosa si avvale lo Stato e i suoi sbirri della legge e dell’ordine e (dico ciò) non per paura, bensì partendo dal fatto che prendersi cura dei e delle nostre (compagnx) è anch’esso un atto insurrezionalista.

Parte della mia insurrezione individuale consiste nella rottura con ogni forma di incatenamento e come parte preponderante è necessaria la costante distruzione di qualsiasi relazione personale/sociale emanata dall’odiato nemico Stato/Capitale e qualsiasi autorità dalla quale continuo a dichiararmi in guerra permanente nell’ambito delle mie possibilità; tali relazioni riflesse nella società alienata che riproduce solo quello che impara nei suoi istituti educativi e religiosi, nei mezzi d’informazione e di produzione economica/tecnologica, così come le sue forme di condotta negli aspetti quotidiani che conducono solo alla dominazione e, dovuto a ciò, la mia necessità di non partecipare nel gioco giuridico di essere un “buon cittadino” che possa dimostrare che il castigo usato tramite le leggi e i suoi mentori funzionano, vaffanculo!

Per questo, preferirei morire nel tentativo, prima di cercare qualche concessione, mediazione, aiuto o patto con lo stesso nemico che cerco di distruggere, intendendo che ognuno ha le proprie prospettive o maniere di fare le cose, rispettando ciò che ognuno faccia con le sue lotte e appoggiando quelle con cui mi sento in affinità o che almeno mostrino certa ostilità verso il nemico; però questa è la mia e a questa mi attengo.

Senza aggiungere altro, un forte abbraccio a chi arrivi a leggermi, in special modo alle mie amicizie, compagni e compagne di lotta, ai miei familiari e a tutti quelli che si identificano nella lotta contro il potere in tutte e ognuna delle sue sfaccettature. La lotta continua, non riconoscendo la situazione come premessa del finale ma solo la continuazione del libero agire.

¡PER LA LIBERTÀ DEI E DELLE PRIGIONIERX NEL MONDO!

¡PER LA SOLIDARIETÀ CON COMPAS IN FUGA, CHE IL VENTO CANCELLI LE VOSTRE TRACCE!

¡PER LA DISTRUZIONE DEL POTERE IN TUTTE LE SUE MANIFESTAZIONI!

¡SOLIDARIETÀ CON I COMPAS IN SCIOPERO DELLA FAME!

¡GUERRA SOCIALEOVUNQUE!

¡VIVA LA ANARCHIA!

Carlos López “Chivo”
Da qualche posto del mondo
5 aprile 2015




[1] In quel periodo Mario López (detto Tripa) era in libertà condizionale, per cui doveva recarsi ogni settimana a firmare presso un giudice. Il 20 gennaio 2014 dopo aver firmato, venne trattenuto su richiesta della PGR (Procura Generale della Repubblica) per una presunta indagine in corso. Successivamente viene arrestato per aver violato la Legge Federale su Armi e Esplosivi nel giugno 2012, reato per cui aveva passato circa sei mesi in carcere ed era stato fatto uscire pagando una cauzione. Mario viene scarcerato dopo una decina di giorni pagando una cauzione e in quel momento decide di darsi alla fuga (Qui una sua lettera dove spiega la sua presa di posizione: http://reporter.indivia.net/prima-lettera-pubblica-di-mario-lopez-el-tripa/)

[2] Gruppo di Avvocati Solidali con i Prigionieri Anarchici

RADIOCANE: IL SIGILLO (CHE NON C'E') SULL'AULA C

riceviamo e diffondiamo: 
 
Bologna, aprile 2015: procura, questura e rettorato decidono di porre 
fine all’esperienza dell’Aula C, dopo venticinque anni di vita. Un altro 
passo nel processo di azzeramento di ogni realtà autonoma nelle 
Università italiane, ma anche un ulteriore tassello nella dinamica di 
gentrificazione del centro bolognese.
 
ascolta:
 
 
http://www.radiocane.info/aula_c/

RADIOCANE: UN'AUTOSTRADA SULLA DIOSSINA-PEDEMONTANA


riceviamo e diffondiamo:
Seveso, nella toponomastica del disastro, è un nome che dovrebbe evocare immediatamente diossina, veleni dispersi nell’aria e depositati nei terreni, rischio salute per la popolazione. Non un incidente, l’esplosione dell’Icmesa di trentanove anni fa, ma un crimine, come ebbe a dire a suo tempo Maccaccaro, nonché l’oggetto di uno scientifico processo di rimozione collettiva. Oggi, su quel territorio gli architetti del sistema Pedemontana, particolare filamento della ragnatela infrastrutturale lombarda, vorrebbero costruire un pezzo di autostrada, mettendo a rischio per una seconda volta le popolazioni locali.
Anche in vista della manifestazione di sabato 18 aprile 2015, ci siamo fatti descrivere questo scellerato progetto da un compagno del Coordinamento No Pedemontana.

ascolta
http://www.radiocane.info/unautostrada-sulla-diossina/

20 aprile 2015

BERGAMO: LA ROTTA DEI PIRATI E DELLE PIRATESSE CONTINUA...

Bergamo:
in viale venezia la rotta dei pirati e delle piratesse continua!
Occupati altri 3 appartamenti..per un totale di 8 appartamenti liberati!
APRIRE UNA PORTA PER APRIRNE 1000!
 

APPELLO ALLA SOLIDARIETA' CON GLI/LE IMPUTAT* PER I FATTI DEL 15 OTT. 2011

riceviamo e diffondiamo:

Il 15 ottobre 2011 c'eravamo tutti e tutte

Sono passati tre anni e mezzo da quella giornata di rivolta che attraversò le vie centrali di Roma.
Il 15 Ottobre 2011 è stata una giornata di mobilitazione internazionale, composta da manifestazioni con caratteristiche diverse che si sono tenute in oltre 900 città del mondo. A Roma è stata una giornata di lotta in cui tanta rabbia quotidianamente accumulata per la miseria cui il sistema di sfruttamento capitalista vorrebbe costringerci, si è riconosciuta, ritrovata in piazza, ed è esplosa.

La minaccia di tanta spontanea e degna rabbia è suonata subito come un forte campanello di allarme per un potere che ha deciso di replicare scatenando nelle strade la risposta dei “tutori dell’ordine”: decine di persone sono state ferite e arrestate nel tentativo di fare da monito a tante altre, cercando di distribuire paura e rassegnazione.
Sin dalle prime ore in piazza, l’utilizzo in chiave delatoria di molte immagini che correvano sia sui media di regime che su internet, ha consentito di arrestare, processare e condannare molti manifestanti.
L’accusa utilizzata contro diversi manifestanti è stata quella di “devastazione e saccheggio”, la stessa messa in campo contro chi era nelle strade di Genova durante le giornate del Luglio 2001 e ormai applicata sistematicamente nella repressione delle lotte fino al corteo antifascista di Cremona.
Attraverso l’utilizzo del reato di “devastazione e saccheggio”, di fatto, si è già arrivati, oltre alle condanne per gli stessi fatti di Genova 2001 e di Milano nel 2006, a pesanti condanne nei confronti di tanti compagni nel primo appello del secondo filone processuale per la giornata del 15 Ottobre 2011 a Roma. Oggi, la stessa accusa viene replicata per gli accadimenti del 15 Ottobre 2011, contro altre 18 persone tuttora sotto processo, con 3 di loro accusate inoltre di tentato omicidio per la resistenza all’attacco militare dei blindati in piazza San Giovanni.

In questo contesto è necessario, come abbiamo fatto sino ad oggi, non far passare sotto silenzio ciò che sta accadendo nelle aule della loro “giustizia”.
Non possiamo lasciare e non lasceremo nell’isolamento nessuna delle persone colpite duramente dallo Stato. Dobbiamo costruire attorno ai compagni/e condannati e/o processati reti di solidarietà reale sempre più forti e capillari. Anche a partire da questa vicenda troviamo la capacità e la forza collettiva per portare nei territori, percorsi di autorganizzazione, lotta, ribellione e liberazione delle nostre vite sempre più estesi ed incisivi.
A breve si chiuderà, quindi, il primo grado del processo contro 18 di noi ed il rischio di condanne pesantissime e di richieste di risarcimenti ingenti è reale. Tra le 18 persone ancora sotto processo c’è anche Chucky, compagno di tante lotte suicidatosi lo scorso settembre, che non smetteremo mai di ricordare.

Invitiamo tutte e tutti ad impegnarsi nelle proprie città e a mobilitarsi, per non lasciare nessun@ sol@, perché pretendere la libertà di tutte e tutti i condannati e/o sotto processo è fondamentale per conquistare un presente ed un futuro migliore.

Mobilitiamoci durante le udienze dell’11 e 12 maggio, quando il Pm Minisci terrà la requisitoria con le richieste di condanna.

12 MAGGIO, ORE 11, PRESIDIO SOLIDALE A PIAZZALE CLODIO, DAVANTI IL TRIBUNALE DI ROMA.

COSTRUIAMO NELLE CITTA’ INIZIATIVE DI LOTTA DIFFUSE ED EFFICACI.

Sottoscriviamo alla cassa di solidarietà:

Bollettino di conto corrente postale
CCP n. 61804001
intestato a: Cooperativa Culturale Laboratorio 2001
Via dei Volsci 56 – 00185 Roma
Causale: “15 Ottobre”

Bonifico bancario intestato a:
Cooperativa Culturale Laboratorio 2001
Codice IBAN: IT15 D076 0103 2000 0006 1804 001

ll 15 ottobre 2011 c’eravamo tutti e tutte.
La solidarietà è necessaria.


Le compagne e i compagni di Roma

PER FARLA FINITA CON IL PRIGIONIERO POLITICO (DES RUINES)

riceviamo e diffondiamo:
Per farla finita con il Prigioniero Politico

Da qualche anno in qua, vediamo riapparire il termine “prigioniero politico”. Un termine che credevamo scomparso da molti decenni, almeno all’interno delle sfere antiautoritarie.

Un termine diventato tipico di diverse sette marxiste o maoiste, di Amnesty International oppure degli oppositori politici borghesi a regimi autoritari come la Russia, la Birmania o l’Iran; oppure, ancora, nel quadro delle lotte dette di “liberazione” nazionale, dai Paesi Baschi al Kurdistan, passando per la Palestina; ma tipico anche dell’estrema destra. Ecco, in parte, il motivo della nostra inquietudine di fronte al rifiorire di questo termine qua e là per il mondo, in bocca a compagni. E se desideriamo farla finita, oggi e per sempre, con questo termine, non è soltanto perché si oppone a tutte le nostre prospettive antipolitiche, contro tutti quelli che vogliono gestirci, rappresentarci e dominarci per mezzo dell’arma della politica. È anche perché, assieme a questa risurrezione vi è, conscia od inconscia, la conseguenza malsana di creare delle distinzioni fra i prigionieri basandosi soltanto sui “crimini” dei quali lo Stato li accusa, attraverso la lente del Codice penale. Ciò crea una gerarchia sociale, secondo la supposta virtù degli atti incriminati, fra chi merita di più di essere liberato o sostenuto e gli altri. Azzerando tutte le secolari critiche anticarcerarie degli anarchici e degli antiautoritari. Si tratterebbe perciò di esprimere la propria solidarietà soltanto nei confronti di prigionieri detenuti a causa delle loro idee, a discapito del resto della popolazione carceraria, completamente dimenticata o utilizzata giusto per avvalorare sulla sua pelle un qualche discorso.
Ma cos’è un prigioniero politico, esattamente? Vediamo dalla parte del dominio: per il Consiglio d’Europa, per esempio, un detenuto deve essere considerato come prigioniero politico se la sua detenzione è stata imposta in violazione di una delle garanzie fondamentali enunciate nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, in particolare “la libertà di pensiero, di coscienza e di religione, la libertà d’espressione e d’informazione e la libertà di riunione e di associazione”. Ma anche se la detenzione è stata imposta per ragioni meramente politiche, senza rapporto con una qualunque infrazione. Ma questo tipo di chiacchiere democratiche concerne gli anarchici?
Per essere chiari, noi sosteniamo che la maggior parte delle detenzioni, oggi come da sempre, sono dovute molto più a contesti e motivi politici che ad infrazioni precise. Perché, anche se in un processo le accuse si appoggiano quasi sempre su fatti precisi, sono pur sempre lo Stato ed il suo sistema giudiziario a decidere in quale misura reprimere questo o quell’atto specifico, questa o quella parte della popolazione. Perché la repressione di tutti gli atti detti “illegali” è cosa chiaramente impossibile tecnicamente. Ciò a causa del numero troppo elevato di leggi, del numero degli effettivi della polizia o di altre motivazioni tecniche, oppure politiche, dato che la tolleranza zero porterebbe con sé maggiori rischi di rivolta. La repressione dell’illegalità (di cui l’incarcerazione è uno dei mezzi) risponde quindi ad una strategia e ad un’agenda politiche.
Forse che non mettono le persone in galera allo scopo di fare salire o scendere le cifre che serviranno alle ambizioni elettorali dei politici, per dimostrare un discorso oppure per gettare polvere negli occhi? Forse che non incarcerano principalmente degli indesiderabili che non vogliono vedere altrove nella società, indesiderabili che molto spesso sono alle prese con le istituzioni repressive a causa della loro povertà e quindi della loro incapacità di difendersi con gli strumenti che la giustizia sostiene “garantire” loro, come gli avvocati, che lavorano solo se vengono pagati caro, oppure le garanzie di reddito e di residenza, un lusso per la maggior parte dei detenuti. Tutto è fatto in modo che le prigioni siano piene di poveri ed esse lo sono, questo è sicuro.
Allora, se la giustizia non può che essere una giustizia della borghesia contro i poveri indocili (o meno), una giustizia di classe, allora quale prigioniero non è un prigioniero politico? Se la prigione ha delle vere funzioni politiche e sociali, come il mantenimento dell’ordine e la pace sociale, allora quale prigioniero non è un prigioniero politico? Per dirla in maniera più semplice, dato che la prigione è uno strumento politico, allora tutti i prigionieri sono dei prigionieri politici. Ed in tal caso, tanto vale buttare il termine nel dimenticatoio della politica, appunto. Perché quest’ultima non è qualcosa che noi rivendichiamo, ma qualcosa che vogliamo distruggere fino alla sua ultima manifestazione.
Per di più, possiamo anche mettere in dubbio questo termine per quanto riguarda i suoi aspetti “innocentisti”. In effetti, viene spesso utilizzato per qualificare il carattere “ingiusto” di una incarcerazione, come spesso avviene con Mumia Abu-Jamal, Georges Ibrahim Abdallah o le Pussy Riot, tanto per utilizzare degli esempi fra i più celebri o mediatizzati al giorno d’oggi. Sovente, questo si palesa attraverso l’insistenza a voler dimostrare che si è “innocenti”, poiché detenuti unicamente a causa delle proprie idee: esigere uno statuto di prigioniero politico significa esigere la libertà d’espressione (o il suo rispetto, in quei paesi in cui essa è già ufficialmente e teoricamente riconosciuta). Ciò comporta l’effetto perverso di giustificare allo stesso tempo la detenzione dovuta a “veri” delitti, che non rilevano di tale libertà d’espressione. Nel caso in cui i prigionieri abbiano con ogni evidenza commesso gli atti di cui sono accusati e li riconoscano, definirli come “prigionieri politici” significa voler provare che quegli atti non erano che una risposta a leggi “ingiuste” ed “illegittime”, come se certe altre (quelle per cui sono rinchiusi gli altri prigionieri) fossero “giuste” e “legittime”. Alla fine, nei due casi si tratta di affermare la loro innocenza rendendoli non responsabili, in una maniera o in un’altra, oppure cercando di rendere i loro atti legittimi agli occhi del nemico. Un approccio che non converrebbe, per esempio, per dei rapinatori, e che ad ogni modo non ha nulla di anticarcerale o di rivoluzionario. Che si tratti di esigere la “libertà d’espressione” o di protestare contro l’”ingiustizia” di una legge, entrambe queste manovre non sono altro che richieste fatte allo Stato in vista di riformarlo, migliorando così il suo dominio sulle nostre vite.
In quanto anarchici, noi non vogliamo entrare in un dibattito politico (con o senza il potere) per definire cosa è moralmente giusto e virtuoso e cosa non lo é. Da buoni profani, lasciamo tutto ciò alla loro giustizia e alle loro chiese di ogni tipo. La sola cosa che ci interessa, quanto alla prigione, è la sua distruzione totale e definitiva, senza trattative e senza transizione. E sarà soltanto attraverso la lotta e la rivolta, all’interno come all’esterno, che vi arriveremo.
Non stiamo dicendo, qui, che tutti i prigionieri meritano la nostra solidarietà incondizionata. Perché non vediamo la solidarietà come un debito o un dovere, ma come un’arma di reciprocità nella guerra contro l’esistente. Ecco perché la nostra solidarietà va a tutti i prigionieri in rivolta che, senza mediazioni, lottano contro le condizioni a cui sono sottoposti, senza particolari distinzioni. Perché se non condividiamo il pensiero o gli atti di tutti i prigionieri e a volte possiamo anche disprezzarli completamente, dobbiamo essere chiari su un punto: ci opponiamo alla detenzione in tutte le sue forme e non la auguriamo nemmeno ai nostri peggiori nemici. La relazione che intratteniamo con i prigionieri in rivolta è, quindi, una relazione interessata, perché si tratta dell’incontro fra interessi che convergono, quelli della rivolta e/o dell’insurrezione. Non è questione di martiri o di grandi abnegazioni… Non si tratta di altruismo, si tratta soltanto di compagni, quindi di complicità, che non dev’essere confusa con la carità.
Certo, è più facile per noi dare la nostra solidarietà a compagni piuttosto che a sconosciuti con cui non abbiamo una storia comune, perché il come e il quando ci sono più facilmente e rapidamente accessibili ed identificabili, ma la solidarietà non deve far prova di oziosità, essa deve oltrepassare le frontiere identitarie dei piccoli gruppi, per allargarsi a tutti i prigionieri della guerra sociale e tendere alla libertà di tutti, altrimenti questa solidarietà non avrebbe nulla di rivoluzionario, sarebbe soltanto un vuoto segno di riconoscimento fra persone avvedute, che non vale più di qualunque altra forma di solidarietà comunitaria e identitaria.
A partire da tutto ciò, quando sentiamo dei rivoluzionari antiautoritari dichiararsi “prigionieri politici”, o peggio ancora esigere tale statuto dal nemico, deploriamo una tale maniera di distinguersi dagli altri prigionieri. Qual è la volontà dietro tutto ciò, se non quella di far valere l’”illegittimità” della propria detenzione oppure chiedere al nemico un trattamento differenziato, dei privilegi o un’amnistia?
Capiamo bene qual è l’interesse ad essere raggruppati fra rivoluzionari, in prigione; la vita quotidiana vi è più fluida e i prigionieri potrebbero probabilmente capirsi meglio (ma perché, esattamente?). Ma, d’altro canto, il separarsi dagli altri detenuti è davvero una buona idea per un agitatore rivoluzionario, qualcosa che molti fanno già fuori rinchiudendosi in modi di vita comunitari, all’interno di centri sociali e contro-culturali in ambienti sclerotizzati di consanguineità?
D’altra parte non è un caso se, come si può vedere in Grecia o in Italia, lo Stato ha piuttosto una tendenza a raggruppare i prigionieri anarchici fra di loro, separati dagli altri detenuti. Si tratta proprio di evitare che le loro idee e le loro pratiche di rivolta e di lotta si diffondano fra il resto della popolazione, di evitare l’infezione. Si tratta di assicurare la pace e l’ordine separando quelli che, riuniti, potrebbero far sudare ancor di più le amministrazioni penitenziarie.
Noi rifiutiamo, quindi, tale distinzione fra “prigionieri politici” e “prigionieri di diritto comune”, poiché essa diventa per forza una giustificazione del sistema carcerale. Perché non ci sono prigionieri politici, oppure tutti i prigionieri sono politici, quindi nessuno.

Solidarietà con i prigionieri e le prigioniere della guerra sociale,
libertà per tutti e tutte.


Alcuni anarchici antipolitici ed antisociali per l’infezione.

[Tratto da Des Ruines, Revue anarchiste apériodique, n. 1, gennaio 2015.]

14 aprile 2015


 
 

ARRESTI DOPO L'AGGRESSIONE AL CSA DORDONI

Ancora arresti a Cremona. Nella mattina di venerdì 10 aprile 2015, in merito alle indagini per l'aggressione fascista al CSA Dordoni e al ferimento di Emilio, due compagni del centro sociale sono stati portati in carcere con l'accusa di rissa aggravata, altri quattro ai domiciliari, tra cui Emilio. Tra le fila fasciste, 2 in carcere per tentato omicidio e 5 ai domiciliari.
A febbraio, per gli stessi fatti erano state perquisite alcune abitazioni di compagni e fascisti.

Seguiranno aggiornamenti e comunicati

Diretta con un compagno su Radio Blackout

COMUNICATO DELLA CASSA ANTIREPRESSIONE DELLE ALPI OCCIDENTALI SULLE PERQUISIZIONI A CUNEO E MENTOULLES

FONTE
Riceviamo e diffondiamo un comunicato in seguito alle perquisizioni avvenute nel mese di marzo a Mentoulles e a Cuneo e all’inchiesta per 270bis nei confronti di alcuni compagni

L’impianto dell’inchiesta, simile a decine di altre negli ultimi anni, e diretta dai pm Padalino e Rinaudo, si basa sull’individuazione di un doppio livello delle attività politiche: uno legale e pubblico, e uno occulto e fuorilegge, facendo riferimento ad azioni extralegali non meglio specificate.

Elemento di una qualche novità in questa inchiesta è il puntare l’indice e la lente di ingrandimento nei confronti delle attività di una cassa di solidarietà per i prigionieri (in questo caso la Cassa antirepressione delle Alpi Occidentali) e di conseguenza il voler mettere sotto accusa la pratica della solidarietà.

Attaccare coloro che sostengono i compagni rivoluzionari o quanti siano sottoposti a condizioni di privazione della libertà, ostacolare la solidarietà con i detenuti e rompere i legami e i contatti con chi è fuori dal carcere ha un sapore antico e preoccupante. Rendere illegali le attività di sostegno ai detenuti e la lotta contro la repressione, è uno degli aspetti della strategia inquisitoria, da sempre nelle mani di magistrati e inquirenti. Adagio già tentato in Italia, anni fa, e nella penisola iberica oggi come in passato.

L’obiettivo è fare piazza pulita di ogni dissenso e cancellare la solidarietà, tranne quella pietista e assistenziale che obbedisce ai criteri imposti dallo Stato, per avere mani libere e meglio soffocare i conflitti sociali. Colpendo le casse di solidarietà ai prigionieri, si cerca di isolare i prigionieri, minacciare le loro famiglie, i loro amici e compagni, spezzare la loro resistenza.

La Cassa delle Alpi è un’ esperienza condivisa da molte persone interessate alla questione carcere e che non considerano la Legge un valore in sé, e nasce dalla necessità di dedicarsi con costanza alla resistenza nei confronti degli attacchi della repressione, di produrre critica nei confronti del sistema carcere e di garantire un sostegno a chi finisce in galera, o è oggetto di altre misure restrittive. Consapevoli dell’importanza di un filo diretto con coloro che vengono rinchiusi, per evitarne l’isolamento ma anche gli abusi e l’accanimento nei loro confronti e ben consci che questa attività resistenziale da sola non basti, pensiamo comunque che sia un aspetto inscindibile da altre pratiche e metodi accomunati dagli stessi obiettivi e contro gli stessi nemici.
Rifiutiamo la logica inquisitoria che vuole indicare alcuni di noi come principali responsabili di questa attività e ribadiamo la nostra ferma intenzione nel continuare la pratica della solidarietà, che è uno degli aspetti principali della lotta e a cui non intendiamo rinunciare.

Nessuna inchiesta potrà farci dimenticare o far venire meno il sostegno ai prigionieri rivoluzionari incarcerati accusati di aver provato a mettere in scacco lo stato delle cose presenti e ai detenuti ribelli di giorno in giorno più numerosi che cercano di sopravvivere nelle maglie sempre più strette di questo sistema.

In un mondo in cui la solidarietà diventa un crimine, non possiamo che dichiararci tutti e tutte complici.

Cassa AntiRepressione delle Alpi occidentali

9 aprile 2015


LO SCIOPERO DELLA FAME DELLA CCF HA VINTO

da ContraInfo

LO SCIOPERO DELLA FAME DELLA COSPIRAZIONE DELLE CELLULE DI FUOCO HA VINTO

Oggi è il giorno in cui si è aperta una breccia nelle mura che ci imprigionano. Dopo 32 giorni di sciopero della fame, la madre di Christos e Geronimos Tsakalos e la ragazza di quest’ultimo presto usciranno dal carcere, di nuovo libere…
32 giorni di sciopero della fame, con 8 compagni della Cospirazione delle cellule di fuoco ricoverati in ospedale, in equilibrio tra la vita e la morte. Mihalis si è ritrovato in ICU(ndt: unità intensiva) gli ultimi giorni, Olga è arrivata a pesare 40 chili, Panagiotis aveva già la salute compromessa da precedenti interventi chirurgici alla testa, Giorgos P. ha un problema cardiaco, con i battiti che hanno raggiunto i 30 e tutti loro dalle misurazioni mediche hanno perso circa il 15/20 % del peso corporeo iniziale.
32 giorni, lo sciopero della fame è diventato un quotidiano, lento tormento mortale, per non farci giungere ad una tregua con la morte assoluta di un ricatto emotivo. Un insidioso ricatto che l’autorità voleva imporci sequestrando e tenendo i nostri familiari in ostaggio in carcere.32 giorni di sciopero della fame, ogni battito del nostro cuore che si affievoliva, ci ricordava la promessa che ci eravamo fatti quando ci siamo incontrati l’ultima volta, ”andiamo avanti, fino alla libertà…”
Dopo 32 giorni di sciopero della fame, l’ombra della repressione si è affievolita, i muri della cattività si sono indeboliti e la prigione ha ammesso la sua sconfitta.
Questa vittoria non è solo il risultato dello sciopero della fame della Cospirazione delle cellule di fuoco. E’ una vittoria dell’ intero mondo solidale con attacchi incendiari, occupazioni, sabotaggi, cortei, presidi, interventi inaspettati, che hanno rotto la pace sociale, trasformatole città in campi di momenti insurrezionali ed edifici occupati in laboratori viventi di situazioni sovversive. Nella vita quotidiana in cui il desiderio di libertà è stato sospeso in maniera indefinita, la vita è fluita attraverso piccoli e grandi gesti di liberazione, con fuochi, slogans e gli occhi scintillanti degli incappucciati.
Siamo invasi da innumerevoli pensieri che vogliono essere colmati con parole adeguate. Ma ora, non è un giorno per fare celebrazioni, ne resoconti vittoriosi. Oggi sospendiamo uno sciopero della fame, avendo battuto gli spaventapasseri dell’autorità che volevano i nostri familiari in carcere, MA nello stesso tempo lo sciopero della fame dei restanti prigionieri politici, per tutte le richieste presentate, continua…I giorni che seguono sono critici sia per la loro salute che per l’intera scommessa della lotta anarchica. Quindi, non c’è tempo di rilassarsi ne di celebrare la vittoria. Il dado è stato tratto molto tempo fa…Noi, come Cospirazione delle cellule di fuoco, rimaniamo sulle barricate e prepariamo il contrattacco, sostenendo la lotta condotta fuori e dentro le prigioni.
L’autorità ed i suoi spaventapasseri dovrebbero sapere che ogni colpo giudiziario, ogni incarcerazione, ogni momento di oppressione, ogni menzogna propagandistica, ogni ombra della moralità borghese, torneranno indietro ai loro artefici ed istigatori, con moltiplicate potenza e vemenza .Con il potere e la vemenza del sabotaggio del fuoco, dell’esplosione, dell’ esecuzione…Alla guerra , rispondiamo con la guerra. E’ tempo per noi di attaccare per primi…
FORZA E SOLIDARIETA’ al compagno anarchico Nikos Maziotis,membro di R.S. ,ed alla rete dei Prigionieri in lotta.
VITTORIA ALLA LOTTA DELLO SCIOPERO DELLA FAME

TUTTO CONTINUA…
Cospirazione delle Cellule di fuoco – FAI/IRF,
Cellula dei prigionieri
04/4/201
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COMUNICATO SUGLI ANTIFASCISTI ARRESTATI A CREMONA

riceviamo e diffondiamo:

Parlare di antifascismo è la doverosa memoria di un percorso caratterizzato dall’azione diretta che fa storicamente parte dell’identità del movimento. Fare antifascismo è combattere un nemico profondamente radicato nella
nostra società nulla mutando nel tempo della propria indole prepotente e violenta.
A Cremona ne abbiamo avuto prova il 18 gennaio con il pestaggio di Emilio e l’aggressione al CSA Dordoni. La manifestazione nazionale di risposta e la modalità di conflitto che il movimento ha portato in
piazza il 24 gennaio, sono stati la giusta rivendicazione dell’aspetto militante dell’antifascismo che ne è l’espressione più efficace oggi  come sempre.
La notte di lunedì 30 marzo con l’arresto dei compagni per i fatti del 24 gennaio abbiamo visto la reazione dello stato, che investe sempre  più energie per dotarsi di strumenti finalizzati alla dura repressione di momenti di lotta conflittuali come  quelli di Cremona. Esprimiamo tutta la nostra solidarietà agli arrestati. Il nostro sostegno va anche a tutti i compagni che erano in piazza a Cremona, ai  quali lo stato sta cominciando oggi a dare risposta. Con l’avvicinarsi del 25 aprile questi fatti offrono uno spunto per la riflessione sulle pratiche dell’antifascismo e su come portarlo efficacemente nei diversi contesti.

F.O.A. BOCCACCIO – CORDA TESA

ALCUNE RIFLESSIONI SUI FATTI DI PARMA

Riceviamo e diffondiamo:

Il 14 marzo è uscito in prima pagina sulla Gazzetta di Parma un articolo, firmato da Chiara Pozzati, col seguente titolo: "Cinque giovani dei centri sociali indagati per violenza sessuale", menzionato poi anche in notiziari nazionali, citando esplicitamente che i coinvolti sarebbero militanti antifascisti.
A tal proposito ci sembra decisamente utile fare alcune riflessioni piuttosto che puntare il dito accusando qualcuno, atto che non ci si addice proprio. Siamo ben consapevoli che l'argomento sia spinoso e non facile, ma ci sembra necessario chiarire alcuni punti.
Abbiamo deciso di non esprimerci per nulla sul fatto in sé dato che le indagini sono ancora in corso e quindi si rischia di danneggiare qualcuno degli imputati; non ci sembra il momento opportuno, ma siamo sicuri che, a tempo debito, le cose da dire saranno tante. Fermo restando che l'atto dello stupro non è e non deve essere tollerato.
L'articolo, per poter essere letto e analizzato seriamente, non va considerato isolato dal contesto. Infatti, già da alcuni mesi viene portata avanti una campagna mediatica dalla Gazzetta di Parma (e spesso gli articoli sono firmati dalla stessa Chiara Pozzati) e non solo, incentrata sulla lotta contro gli sfratti, gli antifascisti e un centro sociale in particolare (SPA Sovescio).
Lo stesso giorno, infatti, nella stessa pagina, quasi come se i due articoli fossero collegati, se non proprio consequenziali, era presente anche un altro articolo riguardante lo SPA Sovescio e i suoi inquilini.

Inoltre anche il giorno precedente lo spazio sociale e i suoi inquilini si sono guadagnati la prima pagina della Gazzetta di Parma. E anche questo articolo firmato da Chiara Pozzati. Tutto questo a dimostrare la volontà mediatica di sbattere il mostro in prima pagina e il ruolo dei media di ingranaggio della macchina repressiva. La loro funzione quella di creare terra bruciata attorno a chi viene, per un motivo o per l'altro, colpito dalla repressione, di creare terreno fertile per la stessa e di dividere le realtà in lotta.
I fatti, secondo quanto ricostruiscono i giornali, sarebbero avvenuti in Via Testi, nello specifico in una piccola stanza, allora sede della Rete AntiFascista Parmigiana (ma anche di altre realtà). Ci sembra totalmente strumentale il voler collegare questa sede con uno spazio occupato nato in un altra zona della città e a 3 anni di distanza dai fatti in questione.
Nei giorni subito seguenti si è verificata una levata di scudi. In tanti, troppi, hanno fermamente e superficialmente preso una posizione in merito. Per quanto riguarda partiti e politicanti vari non ci interessa citarli, lasciano il tempo che trovano. Per quelli che, d'altro canto, incrociano il nostro cammino durante alcune lotte, invece, ci sono alcuni punti che ci preme evidenziare.
Ci sembra, infatti, che ogni qual volta vengano toccati certi tasti ( "stupro", "terrorismo", "mafia", ... ) l'obiettività di molti verso i media scompare immediatamente e tutto ciò che viene scritto o detto viene preso come oro colato.
Tante sono state le voci che, al limite del forcaiolo, nella foga dell'esprimere la propria estraneità a queste pratiche e fatti, hanno augurato che la giustizia (dello Stato) faccia il suo corso. Arrivando inoltre ad auspicare agli indagati di non incrociare mai le loro strade.
Da ciò, le questioni secondo noi importanti sono due: riteniamo che sia inaccettabile prendere posizioni e distanze senza aver prima effettivamente verificato, per quanto possibile, i fatti, ma anzi, dare pieno credito a sbirri magistrati e giornalisti vari. Pensiamo che questo sia un precedente importante e che questa strada non vada intrapresa alla leggera, altrimenti agli organi repressivi basterebbe un'infamata pubblica, con o senza elementi, veritieri o inventati che siano, per annientare un'intera realtà.

L'altra questione che ci preme trattare è l'importanza e il peso delle parole. Una lezione che i media hanno imparato molto bene è proprio questa: certe parole sono più patite di altre. Quando le sentiamo, infatti, andiamo in confusione e non vediamo più chiaramente i fatti. Non ci si rende però conto che l'utilizzo strumentale di certi termini è un comportamento infame, nel significato letterale di "non degno della pubblica stima", e in quanto tale andrebbe lasciato al nemico, non andrebbe imitato. Tuttavia si ha troppo spesso questa tendenza a puntare il dito e accusare senza averne alcuna certezza.

Chiunque voglia distruggere l'esistente e/o lottare contro questa società in toto, ma anche chi decide di spendersi senza compromessi per traguardi e lotte specifiche, può essere colpito dalla repressione.

Senza lottare contro di essa, però, ogni sforzo rivoluzionario (o antifascista, antisessista...) risulterà vano. Proprio per questo ci sembra totalmente ipocrita e inaccettabile lamentarsi delle manganellate della polizia, delle denunce più o meno pesanti, di campagne mediatiche e quant'altro quando si viene colpiti in prima persona, per poi invocare la giustizia dello Stato o dissociarsi da chi viene accusato e indagato da sbirri magistrati e giornali. È proprio in questi momenti che è necessario rivolgersi ai diretti interessati e trarre le proprie conclusioni (ed eventualmente agire di conseguenza) dalle parole di un compagno, e non da quelle di un giornale, o delle carte processuali. Ipocrisie come queste sono utili soltanto a rafforzare la repressione stessa.

L'ultima, ma non per importanza, riflessione in merito è invece relativa alle tempistiche. Pensiamo sarebbe stato doveroso socializzare l'apertura delle indagini e le conseguenti perquisizioni molto tempo prima dei tempi giudiziari o mediatici, quanto meno per informare le realtà vicine di quanto stava succedendo. Ci rendiamo conto che l'argomento sia molto delicato e proprio per questo possiamo capire come mai ciò non sia stato fatto; ovviamente, col senno di poi, questo ci dimostra come sia stato miope e deleterio sottovalutare la questione.

Che tutto questo possa servire da esempio, per poter limitare i danni in caso di altre operazioni simili.


Alcuni compagni di Parma

RADIOCANE: SULLA ROTTA DEI PIRATI A MILANO

riceviamo e diffondiamo:


Protagonisti di numerose occupazioni sul territorio milanese Proprietà Pirata Riot Club è una multiforme comunità nomade metropolitana.
Uno dei compagni della ciurma ci introduce agli usi e costumi pirateschi: tra occupazioni, sgomberi e nuovi approdi, la mobilità come scelta e il mutuo soccorso internazionale come attitudine, nonché l’attuale rotta contro Expo 2015.

http://www.radiocane.info/pirati-milano/


3 aprile 2015

BERGAMO: OCCUPATO TERZO APPARTAMENTO - I PIRATI DI VIALE VENEZIA 22

riceviamo e diffondiamo:

 Occupato il terzo appartamento in viale venezia 22,
APRIRE UNA PORTA PER APRIRNE ALTRE MILLE!
I pirati e le piratesse di viale venezia 22

1 aprile 2015

SCRITTO DI FRANCISCO SOLAR SULL'OPERAZIONE PANDORA

da crocenera

SPAGNA: UNO SCRITTO DI FRANCISCO SOLAR SUL CASO PANDORA

Allucinazioni, intimidazioni e controllo.

“Siamo perseguitati? Ebbene: è logico che siamo perseguitati, perché siamo una minaccia costante per chi rappresenta il sistema. Per far sì che non ci perseguitino dovremmo adeguarci alle loro leggi, conformarci a loro, integrarci nel sistema, burocratizzarci fino al midollo delle ossa ed essere perfetti traditori…Ma, é quello che vogliamo? No. Quindi la nostra pratica quotidiana deve nutrirsi della nostra immaginazione creativa, La nostra forza sta nella nostra capacità di resistenza. Possiamo fallire, ma non dobbiamo mai piegarci a nessuno “. Buenaventura Durruti
Le spiegazioni sul colpo repressivo del 16 dicembre possono essere tante e svariate, cause generali e specifiche che si sono incrociate per tessere le deliranti reti del potere che hanno portato all’arresto dei nostri amici e compagni.
Forse una delle cause generali potrebbe riguardare l’esordio e l’attuazione della Legge sulla Sicurezza Cittadina, nota come “legge bavaglio”, che, insieme all’inasprimento del codice penale, che ripristina l’ergastolo, fornisce un quadro che mira a garantire un controllo più efficace da parte dell’autorità che si fortifica sulle sue costanti paranoie. Sono state indurite le pene per gli attentati alle autorità, per disordine pubblico e la disobbedienza, allo stesso modo vengono punite le proteste sociali come quelle effettuate dal 15M o dalla PAH (piattaforma dei colpiti dall’ipoteca). I settori progressisti e i socialdemocratici dicono che così lo stato “lascia meno spazio per la libertà” e che “la lotta per i diritti viene criminalizzata“. Come si può vedere, questo giro di vite da parte dell’apparato giuridico-repressivo attacca il cittadino, cioè, coloro che lottano per maggiori e migliori leggi, per maggiore e migliore democrazia, per ottenere un grado superiore di partecipazione alla gestione della miseria.
Libertà e diritto suonano in modo contraddittorio. Come anarchici siamo coscienti che più diritti vengono concessi e più forte diventa lo Stato e, pertanto, la nostra sottomissione aumenta. Non perché con un’oppressione sottile, più democratica, cesserà di esserlo, ma al contrario, nella sua invisibilità si naturalizza e conseguentemente si rafforza. Siamo quindi in contrasto con la categoria dei cittadini, e instancabilmente e ostinatamente cerchiamo di essere individui liberi e non siamo disposti a mendicare più anelli alle nostre catene. La lotta per i diritti civili non è la nostra.
E’ probabile quindi che nell’indurimento dei meccanismi di controllo, il potere desideri colpire gli anarchici con una chiara affermazione e minaccia che faccia da monito alle conseguenze che subirà chi si pone contro di esso. Niente di nuovo. In varie occasioni il potere è “ricorso” agli anarchici per sperimentare i suoi aggiustamenti e modifiche legali per rafforzarsi.
L’innegabile crescita della lotta di strada in questo ultimo anno a Barcellona, sia in quantità che intensità, può essere un’altra causa dell’arresto dei nostri amici. La perdita della paura nelle manifestazioni è stata evidente e notevole, il che porta ad un rifiuto nella pratica dei valori civici del comportamento dei cittadini. Per un istante i giovani prendono il controllo della propria vita rompendo con quello che è stabilito e sono questi i momenti fugaci in cui il potere cerca di fermare nella sua diffusione ed estensione con la sua classica strategia; repressione e carcere per chi esplicitamente e pubblicamente rivendica la Liberazione Totale.

Il F.I.E.S. nel carcere e nella strada

Oltre alle cause derivanti dal contesto generale di controllo specificamente nella creazione della legge sulla Sicurezza Cittadina e l’indurimento del codice penale, si incontrano le tattiche repressive utilizzate da diversi stati-nazioni contro gli ambienti anarchici tradotte in arresti di massa e con imprecise accuse di terrorismo. Marini, Cervantes, il Caso Bombas, Ardire e la nuova Operazione Pandora fanno parte della stessa logica di essere esempi di una strategia che piuttosto che concentrarsi su determinate responsabilità per fatti specifici, colpisce gli spazi anarchici cercando così di controllare l’anarchismo in generale. Misure specifiche di sicurezza in carcere e sorveglianza ed intercettazioni telefoniche all’esterno. Il controllo è costante e mira ad estendersi a diversi e più ambienti con l’uso di maggior e miglior tecnologia. Se i detenuti sono o non sono responsabili per le azioni di cui sono accusati (che in questo caso costituisce anche un enigma), al potere non interessa, non è questo lo scopo, dimostrato dal fatto, tra l’altro, di assenza di chiarezza delle accuse. Cerca di esercitare un controllo diretto sugli ospiti permanenti il cui obiettivo principale è l’inazione e l’immobilizzazione. Sebbene questi colpi repressivi giustificano le indagini e, quindi, il controllo di gran parte dell’ambiente anarchico e anche di alcuni settori della sinistra, l’applicazione del diritto penale definito dal nemico e ideologo nazista Carl Schmitt e la conseguente detenzione in carcere è riservata solo ad alcuni; per chi rivendica senza ambiguità e scontrandosi con il potere, per chi insiste sull’autonomia e la libertà incondizionata senza cadere nel cittadinismo o l’indipendenza nazionale, per coloro che usano tutta la loro creatività e la volontà per costruire reti di sostegno e solidarietà con i propri detenuti. Questa è una costante in tutti gli attacchi da parte del potere in diversi paesi e penso che la questione dei nostri compagni e amici non è un’eccezione.

Francisco Solar Dominguez
CP Villabona-⁠Asturias – Modulo di isolamento.


Traduzione Radioazione
Fonte Publicacion Refractario

ARRESTATI DUE COMPAGNI A CREMONA PER DEVASTAZIONE E SACCHEGGIO

da Csa Kavarna


Nella sera di lunedì 30 marzo, la polizia di Cremona, ha arrestato due ragazzi contestando la pesantissima accusa di devastazione e saccheggio per la manifestazione antifascista del 24 Gennaio a Cremona.

Nella giornata di oggi Tide e Sbob sono stati portati nel carcere di Cremona e giovedì mattina il Gip si pronuncerà sulla convalida dell’arresto.

L’accusa di devastazione e saccheggio emerge ancora per criminalizzare momenti di ribellione, come successo nel 2001 a Genova e a Roma per la rivolta del 15 Ottobre 2011.

Si cerca di reprimere una manifestazione antifascista e quello che è successo attraverso la solita formula di “devastazione e saccheggio” proveniente dal Codice Rocco, legislazione fascista.

Questo è uno dei tanti attacchi repressivi avvenuti nell’ultimo periodo nella città di Cremona e non solo.

Chi devasta e saccheggia le nostre vite è lo Stato in tutte le sue forme.

Chi si rivolta non è mai solo.

Tide e Sbob liberi!
Libere/i tutte/i!

Amici e compagni
Per scrivere ai prigionieri:

Mattia Croce - Via Palosca 2- 26100 Cremona (CR)

Aioub Babassi - Via Palosca 2- 26100 Cremona (CR)
Il concerto del 5 aprile è rimandato a data da definirsi.
Appena possibile faremo avere maggiori info sulla futura data.
Per info e contatti: lab.lazona@gmail.com