31 maggio 2015

25 maggio 2015


CADE L'ACCUSA DI TERRORISMO PER GIANLUCA E ADRIANO

da informa-azione.info
riceviamo e diffondiamo:

La sentenza del processo di appello contro Gianluca e Adriano ha annullato l'accusa di terrorismo e ridotto le condanne. I due compagni anarchici, in carcere sotto regime di Alta Sicurezza 2 dal 19 settembre 2013, erano accusati di associazione con finalità di terrorismo ed eversione dell'ordine
democratico, oltre che di incendio, furto aggravato in concorso,
deturpamento e imbrattamento di cose altrui: concetti giuridici e strumenti repressivi per sanzionare le 13 azioni di cui sono stati ritenuti responsabili.

Permangono le accuse per i reati specifici, ma le condanne sono state ridotte a 1 anno e 8 mesi per Adriano, che è stato scarcerato, e a 3 anni per Gianluca, il quale resta ancora in carcere.

RADIOCANE: IL NEMICO ALLE SPALLE - IL CANTO POPOLARE CONTRO LA GRANDE GUERRA VOL.I

riceviamo e diffondiamo:

Che cosa si cantava in Italia alla vigilia della Grande Guerra? Inni socialisti e anarchici, parodie delle canzoni ufficiali del colonialismo italiano e soprattutto canti popolari di provenienza risorgimentale: un repertorio che ben esprimeva un immaginario antimilitarista antico e ben radicato nelle classi subalterne italiane, trascinate verso un massacro inutile e insensato.

In questa rubrica, curata da radiocane e Lorenzo Valera, si cercherà di prestar ascolto a una delle tante forme con cui si esprimeva il “no” alla Grande Guerra, quella del canto popolare, dove risuonano innumerevoli atti e parole di sofferenza, insubordinazione e ribellione. Sepolti dalla censura durante il conflitto, dalla retorica apologetica del ventennio in camicia nera e dal patriottismo tricolore della Repubblica, i canti contro la guerra sono riusciti ad arrivare fino a noi per dirci che spesso disobbedire è un imperativo morale.

Interpretazioni originali a cura di Lorenzo Valera e Livia Brambilla. Per info e contatti: blukington.alekos.net

Ascolta il contributo

GENOVA: SABOTATO MEZZO PER LA COSTRUZIONE DEL TERZO VALICO

FONTE

Riceviamo da mail anonima e diffondiamo:

"GENOVA: SABOTATO MEZZO X LA COSTRUZIONE DEL TERZO VALICO. INCENDIATO BLOCCOMOTORE DI UN ESCAVATORE. IN DIFESA DELLA TERRA CON OGNI MEZZO NECESSARIO"

29/05: CENONE DI INIZIO ESTATE @LABORATORIO ANARCHICO LA*ZONA


 PIRATE CENONE DI INIZIO ESTATE
dalle 19.00:
cena veg...menù:

-pasta alle zucchine
-insalatona di verdure miste e legumi
-patate col sorriso e salsine
-fagioli alla F
-torte

@Lab.Anarchico La*Zona
via Bonomelli, 9, BG
PER INFO E PRENOTAZIONI lab.lazona@gmail.com


BERGAMO: SPEZZONE DEI PIRATI ITINERANTI DI VIALE VENEZIA AL CORTEO CONTRO PIANO CASA E SFRATTI



24 maggio 2015

SECONDO NUMERO DEL GIORNALE L'URLO DELLA TERRA

riceviamo e diffondiamo:

E’ uscito il secondo numero del giornale ecologista L’Urlo della Terra

In questo numero:

Expo 2015: il supermercato del futuro
Viviamo in tempi strani - Parole di frattura
Francois Kepes: razionalizzatore delle macchine viventi – parte prima
Il campo del controllo: Una raccolta di scritti contro la ricerca biotech in Svizzera
Il processo a Billy Costa Silvia si avvicina - Rilanciamo la lotta alle nocività
Fukushima: cogestire l’agonia
Finalmente la liberazione animale? Appunti intorno al libro “Finalmente la liberazione animale” di Melany Joy

Editoriale:

L’Italia è uno dei pochi paesi dove imperversa la piaga dell’ecoterrorismo [termine coniato dall’FBI per descrivere i movimenti ALF ed ELF] e non ci sono normative per contrastarlo. I primi provvedimenti sono stati presi negli USA e nel Regno Unito [dove è nato questo movimento] e altri paesi europei come la Svizzera si sono ispirati alla normativa inglese.” Giulia Corsini Cofondatrice e consigliere Pro-test Italia.
  
Così in un appello speranzoso si esprimono i Pro-test Italia, quell’organismo nato da qualche anno sulla falsa riga di strutture inglesi e americane per difendere la ricerca, soprattutto quella più controversa con sviluppi immediatamente nocivi e mortiferi come gli ogm e la vivisezione. Questa volta la ragione del loro comunicato e del loro  prendere parola è un’azione dell’ALF contro un istituto zooprofilattico di Savona responsabile di vivisezione.   
Ufficialmente questi Pro-test sembrano solo un gruppo di giovani laureati arroganti e frettolosi di farsi notare da qualche luminario della ricerca in uno dei loro settori d’interesse. Questo però è solo un aspetto parziale della realtà. Guardando ai loro analoghi inglesi si percepisce la volontà di creare una vera lobby di pressione politica che possa da un lato rappresentare gli interessi della ricerca scientifica, facendo apparire settori indifendibili sotto vari aspetti come necessari per un bene dell’umanità. Dall’altro lato tutto il loro lavoro punta a screditare la parte avversa spesso con una propaganda grossolana e menzognera.  Ma soprattutto il vero intento di questi Pro-test, come quello di FederFauna, è quello di spingere per  un cambiamento legislativo, chiedendo leggi più repressive per chi si oppone a questo tecno-mondo fondato sullo sfruttamento di qualsiasi essere vivente e dell’intero pianeta.   
In Inghilterra anche queste pressioni hanno contribuito alla creazione di leggi speciali soprattutto per fronteggiare campagne come SHAC, portando numerosissime restrizioni nei  presidi e proteste permanenti davanti a sedi e luoghi di sfruttamento. Repressione che ben presto si è allargata  a tutti gli ambiti dove poteva esserci il sorgere di un’opposizione radicale.   
L’Italia non ha niente da invidiare in materia di legislazioni repressive, solo che non hanno niente di “speciale”: numeri di codice penale che risalgono al fascismo rinforzati a più riprese in tempi di così detta democrazia. I gruppi più radicali di liberazione animale ed ecologisti sono abituati a vedersi toccare ormai da anni da inchieste per associazione sovversiva con le aggravanti di terrorismo. Un recente emendamento legislativo, salutato con gioia da FederFauna, presentato al Governo da Carlo Giovanardi e inserito in quel pacchetto di nullità definito “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente”, mette tutti insieme devastatori e inquinatori a chi lotta per la liberazione animale. Non sarebbe da stupirsi se ben presto le acrobazie raggiungeranno territori ancora più lontani. In queste settimane quindi si è aggiunto qualcosa di più che sembra cambierà le cose con una modalità legislativa estremamente subdola e ambigua inserita in un momento di “confusione” sperando, nella sua stessa banalità di formulazione, di non trovare attriti sul suo cammino, cosa che ovviamente è avvenuta. Gli unici aspetti toccati riguardano solo aspetti parziali. Il sogno dei tecnocrati e dei burocrati si avvicina: trasformare quei tanto odiati nemici del progresso, dello sviluppo (anche quello sostenibile ed equo e solidale) non solo in terroristi, ma addirittura in ecoterroristi. Anche se dubitiamo che questo termine sia mai stato usato nei palazzi del potere, o tra gli oppositori dalle maniere democratiche, per definire gli assassini e gli inquinatori di Seveso, dell’Ilva, Porto Marghera, Priolo, per citarne solo alcuni, che hanno ricoperto l’ambiente di veleni e di morti che crescono in proporzione alla produzione e diffusione di nocività.   
Quindi il reato di “disastro ambientale” si allargherà, sarà un allargamento non solo materiale, ma sicuramente un allargamento simbolico, in questi tempi confusi e leggeri dove si cerca e si crea informazione sui social network. Lo spettro della minaccia viene allargato agli ecologisti e animalisti. Un passaggio di cui era prevedibile l’arrivo, come erano prevedibili tutti gli eco e green messi sopra a qualsiasi merce industriale e nociva. La liberazione animale viene considerata alla stregua di un “danno ambientale”. La disintegrazione del selvatico e la sua sostituzione con ciò che è artificiale e addomesticato è stata portata alle estreme conseguenze. La natura nella visione mercificata e antropocentrica del dominio è quella degli allevamenti intensivi, di visoni, dei mattatoi… che con la tradizione superano i limiti dell’esperienza e si fanno tessuto sociale. In questo contesto la questione animale si fa problema ambientale, svuotato di tutto il suo portato estremamente trasformativo delle relazioni non solo tra esseri umani e altri animali, ma con tutto il vivente continuamente sotto attacco in primis dalla tecno-scienza e dai manipolatori di geni.    
La liberazione di animali dai luoghi di sfruttamento è  una pratica che ha sempre caratterizzato una visione ben precisa di intendere la lotta: non a fianco o con le istituzioni, ma contro queste come prime strutture responsabili dell’attuale situazione. Non chiedere al potere non è un calcolo dettato dal fatto che questo non potrà mai far fronte allo sfruttamento diffuso e radicato. È piuttosto una visione che riconosce nel potere e quindi nel dominio, la causa prima di qualsiasi forma di sfruttamento.   
Queste nuove misure repressive, perché di fatto di questo si tratta considerato anche l’aggravamento di pena per chi aprirà le gabbie, porteranno a un importante cambiamento nella percezione generale nei confronti dei significati espressi fino adesso in ambito antispecista e non solo. C’è poi da chiedersi cosa comporteranno all’interno dei contesti di liberazione animale, se si sarà preparati a capirne le conseguenze e soprattutto a non disgregarsi quando queste si manifesteranno…   
 La costruzione di menzogne e la mistificazione del potere portati agli estremi trasformano chi libera nell’ecoterrorista, in colui/ei che attua il disastro verso ecosistemi e biodiversità… Il fatto che queste nuove legislazioni non trovano opposizione, o almeno analisi critiche, è da rintracciarsi nei tempi in cui viviamo. Del resto gli antispecisti ci informano che le ultime statistiche uscite dimostrano che è in aumento l’attenzione verso gli animali e quindi anche il benessere degli stessi. Sembra che gli  amici degli animali siano in aumento, pronti a diventare vegan, forse per una stagione…    
Tutto questo ha qualcosa a che vedere con la liberazione contro ogni forma di dominio, di cui lo sfruttamento animale è solo una parte? Sicuramente è una direzione altra di quelle che portano verso tante piccole e illusorie isole di cambiamento: dove ogni piccola concessione viene considerata una vittoria. Ma il reale problema è solo un pò spostato in un’illusione quantitativa che intende costruire spazi e momenti di libertà usando i materiali messi a diposizione del potere e il risultato non potrà che essere la continuazione di altre catene di sfruttamento.

Per contatti e richieste:  urlodellaterra@inventati.org

3 euro a copia più spese di spedizione 1,30 euro 
Per i distributori minimo 5 copie: 2 euro a copia più spese di spedizione 1,30 euro   
Spese di spedizione per l’estero: 5,50 euro 
 
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Intestato a Marta Cattaneo, specificare la causale L’Urlo della Terra

18 maggio 2015



1 MAGGIO NO EXPO: UNA MILANO PARTIOCOLARE

fonte
riceviamo e diffondiamo:

primo maggio '15


"Una Milano particolare"



Vincere non è arrivare primi a una corsa o segnare più gol di quanti ne ricevi. Se tutto resta come prima non è vincere, è accontentare qualche cretino. Vincere dev'essere qualcosa che assomigli alla danza degli indiani d'America intorno alle macerie fumanti di un insediamento di coloni europei. Solo cenere deve restare perchè non si edifichi più alcuna mostruosità. Ma qui di resti bruciati se ne sono visti troppo pochi! (1)

Cui prodest?

Qualcuno si è fatto questa giusta domanda.
Anche dopo parecchi giorni dal primo maggio milanese si continua a parlare dell'uso della violenza, del capitalismo, di Expo, di sfruttamento, di rabbia, di rivolta.
Certo, è una situazione buona anche per chi cavalca questi accadimenti per i suoi fini, siano essi di visibilità (es. Casarini), politici (es. Pisapia) o populisti (es. Salvini).
La canea mediatica è qualcosa di cui tenere conto e discutere.
E' sempre giusto porsi delle domande, interrogarsi sulla propria prospettiva e modalità di azione. Solo pochi anni addietro era tutto molto diverso: non c'erano i social network e la pervasività dei mezzi di informazione di massa non era paragonabile a quella odierna. A 15 anni dal G8 di Genova, col suo lascito sul movimento rivoluzionario, bisogna pensare attentamente a come riportare anche nelle piazze una reale conflittualità, riuscendo ad allargare la partecipazione e la condivisione di saperi e pratiche. Lo scopo della repressione è sempre quello di bloccare l'azione rivoluzionaria e gli arresti sono solo uno dei metodi utilizzati per giungere a questo scopo. Più in generale, spesso subdolamente, essa cerca di spingerci all'inazione e a farci diventare poliziotti di noi stessi, invitandoci a credere che non sia possibile, o addirittura non sia lecito, mettere in pratica alcune azioni, sia dentro che fuori dai cortei.
Ma la domanda iniziale è utile anche invertirla. A chi dispiace una giornata come quella del primo maggio milanese? A chi non giova? A quale rivoluzionario possono dare fastidio uno spezzone che attacca la polizia, quattro macchine, qualche banca e qualche vetrina? Sì dirà, a ragione, che semmai è stato troppo poco, o che sono esplosioni di rabbia troppo rade, o che bisognerebbe riportare nel quotidiano tanta rabbia e tanta forza. Si può discutere dell'utilità della distruzione nel processo di produzione, si può discutere della sempre più rapida distruttibilità dei prodotti (vedi Gunther Anders, L'uomo è antiquato II, I prodotti), si può discutere, come in parte faremo, del consenso, dell'opinione pubblica e del libero pensiero.
Ma solo a chi intende governare e gestire il dissenso e la rabbia può dare fastidio una giornata come questa.
A ragione, a ben vedere.
In Italia, ma possiamo parlare anche di Europa per essere meglio compresi, esiste una componente radicale e irriducibile a ogni recupero. Di questa radicalità va preso atto, c'è, è nei fatti.
I numeri sono sempre relativi, non è la conta che ci interessa, è la tendenza. Lo spezzone autonomo e radicale ha attratto numerosi partecipanti al corteo che si sono sentiti di prendere parte, di parteggiare. Chi parla, spesso a sproposito, di consenso e pratiche includenti, dovrebbe tenere conto di questo fatto.
Ecco un possibile superamento del nodo consenso/dissenso: la partecipazione attiva.
Viviamo in un'epoca afflitta, tra le altre cose, da un opinionismo diffusamente basato su poco e che poco ci azzecca con la vita reale. Tuttavia con tale incongruenza ci riguarda tutti, trattandosi della maggioranza silenziosa che supporta lo stato di cose presente.
L'opinione pubblica è pensata e studiata a tavolino, lo scalpore e lo scandalo sono incredibili fabbriche di opinioni. Si pensi al caso delle due ragazzine rom pagate dalla giornalista per dire una serie di assurdità. Milioni di condivisioni, milioni di opinionisti indignati, milioni di opinioni create e pensate ad arte.
Si pensi anche al ragazzo intervistato poco dopo gli scontri.
L'opinione pubblica è il contrario del pensiero libero.
Come superare questo ostacolo? Come andare oltre le condivisioni da social network e le opinioni create ad hoc nel giro di un minuto?

Ragionare sul senso di questa giornata in prospettiva, per evitare di trovarci in futuro in un vicolo cieco o, piuttosto, per dotarci degli strumenti per superare il muro del vicolo cieco.
Se da una parte è indiscutibile oramai la simpatia di fette della popolazione per chi dalle parole passa ai fatti, dall'altra è altrettanto importante fare sì che si parli con questa parte di popolazione, che non ci si chiuda a gingillarsi per la giornata appena trascorsa o sull'estetica dello scontro. Uno degli errori più gravi sarebbe quello di non cogliere la predispozione crescente allo scontro, al conflitto. I quartieri popolari e i territori resistenti sono il campo di battaglia quotidiano in cui invertire il comune sentire, secondo il quale non si può mai vincere. Giornate come il primo maggio milanese sono un'iniezione di fiducia nel dimostrare che non è necessario essere un milione per riuscire a prendersi le strade, allo stesso modo non c'è bisogno necessariamente delle masse per fermare una grande opera che devasterà ulteriormente il nostro territorio o per resistere all'ennesima ondata di sfratti. Quello di cui c'è bisogno è intelligenza ed energia, e tornare a pensare in grande anziché limitarsi a proteggere il proprio orticello.

Non c'è mai lunedì

Verso dove stiamo andando? Questa una delle domande di chi nel primo maggio milanese ha letto un momento importante per il movimento.
Attaccare il centro finanziario e di potere di Milano è sicuramente un'azione comprensibile a chi è sotto sfratto, a chi vede il proprio territorio devastato per grandi opere finanziate dalle banche, da chi subisce quotidianamente la violenza del denaro, da chi ha una visione critica e d'insieme della nostra società e del suo funzionamento.
E' altresì vero che rimane uno scarto da colmare, nei modi di volta in volta considerati più opportuni, nei confronti di quei soggetti delusi e depressi da questa società, di chi non ne può più del solito tran tran, di chi è annoiato a morte dalla prospettiva di passare dieci anni a scuola per imparare a lavorare e passare una vita a barcamenarsi per sbarcare il lunario.
Creare una prospettiva rivoluzionaria nel quotidiano, vivere la rivoluzione oggi, dimostrare che un mondo senza lavoro obbligatorio (lo è nella misura in cui tutto nella società ha un costo ed è esclusivo per chi se lo può permettere) è non solo auspicabile, ma possibile.
Tornare a colpire gli orologi e lo scorrere del tempo sempre uguale a se stesso, organizzarsi e prendersi beffe delle organizzazioni, assaporare il gusto della solidarietà e cacciare chi fomenta le divisioni e la guerra tra poveri.
Prendere parte al processo già in atto, perché una parte di questa società ha tutto l'interesse che l'ordine continui a regnare, l'altra che tutto crolli al più presto. Decidere da che parte stare è il primo passo. Ma ovunque sono i rassegnati, vera base dell'accordo tra le parti, i miglioratori dell'esistente e i suoi falsi critici. Ovunque, anche nella nostra vita, che è l'autentico luogo della guerra sociale, nei nostri desideri, nella nostra risolutezza come nelle nostre piccole, quotidiane sottomissioni. (2)
Nelle metropoli come in provincia, ovunque è possibile.
Autorganizzarsi e difendersi per non pagare più il prezzo di una vita e di una società imposte. Pensare l'improbabile e osare l'impossibile.
Questa la grande sfida del nostro tempo, questa la grande avventura.
La rivoluzione sarà una festa, non di poche ore, ma per la vita.

Alcuni varesott pianta casott


Note:
1) SALVATORE RICCIARDI, Maelstrom scene di rivolta e autorganizzazione di classe in Italia (1960-1980)
2) Ai ferri con l'Esistente, i suoi difensori e i suoi falsi critici

AGGIORNAMENTO SULLA NON LIBERAZIONE DI MARCO CAMENISCH

fonte
riceviamo e diffondiamo:

Maggio 2015: 6° Aggiornamento no liberazione
Parere forense-psicologico: ni “benefici”/”risocializzazione” … ma solo se…


Fine 2014, come da info del Soccorso Rosso anche in italiano, il tribunale federale aveva rigettato il reclamo inoltrato un anno prima contro il rifiuto del DAP Zurigo della liberazione condizionale. Tuttavia sollecitò l’inizio di una “risocializzazione “, vale a dire di “alleggerimenti” (“benefici” come uscite, permessi, carcere semi-aperto, ecc.) della detenzione per una “risocializzazione” atta a “diminuire il pericolo di recidiva” dopo il fine pena (maggio 2018).
L’avvocato sollecitava il “responsabile del (mio) caso” nel DAP di pronunciarsi sul seguito (o meno) a tale sollecitazione (ed opinione analoga dei due carceri di Lenzburg e Bostadel). Il responsabile dichiarò che dovrà ben procedere in tal senso, ma che prima dovrebbe chiedere “delucidazioni” (non vincolanti) alla sezione forense-psicologica del DAP nell’ambito della modalità ROS-Abklärung(*). ROS sta per Risikoorientierter Strafvollzug, ossia “esecuzione pena orientata al rischio”, ed Abklärung per “chiarificazione”, “delucidazione”.

La (*) è una modalità di controllo e di valutazione “potenziata” (principio dei “tre occhi”) interna al DAP dei “benefici” e delle liberazioni dei “ clienti pericolosx” introdotta dal cantone ZH e poi scimmiottata, finora da altri tre cantoni.
Fine aprile 2015 (tempi quasi olimpionici…) è arrivata detta “chiarificazione” (copie in tedesco in via di diffusione) di ben 24 pagine!, insieme all’annuncio che “La conseguente pianificazione concreta dell’esecuzione Le sarà comunicato circa a metà maggio 2015”. Su questa “pianificazione concreta” sarà probabile un’imminente “audizione” (legale) del “cliente” vale a dire del sottoscritto.

Così, un’addetta forense-psicologica “basandosi sugli atti” ha partorito la montagna “scientifica” Risk-Assessement standardizzato (valutazione del rischio…) con oscenità, tanto per rendere l’idea…, come 1) PCL-R (Psychopathy Checklist-Revised; Hare, 2003), 2) VRAG (Violence Risk Appraisal Guide; Harris et al., 1993) e 3) Fotres (Urbaniok, 2006).

Fotres è un catalogo pseudoscientifico computerizzato, con migliaia di caselle per crocettine per “calcolare” (Heil Lombroso…!!! et al.) cose come “la pericolosità sociale” ed “il pericolo di recidiva”. Catalogo elaborato, applicato e spacciato (con reddito milionario “collaterale”!) a livello internazionale dallo psichiatra forense tedesco Urbaniok e banda, del servizio psicologico-psichiatrico del DAP ZH, di cui è il capo. È pregiudicato in Germania e fanatico “perito/terapeuta” forense che con uguale fanatismo settario produce e perora una sempre più massiccia applicazione dell’internamento a tempo indeterminato.
La suddetta addetta, da questi po’ po’ di punteggi e “rilievi” standard, con l’avvallo del suo collega-caposezione (psicologo in diritto FSP/SGRP, prognostico forense IOT…), in sintesi trae brava bravina (poverina…, pena l’espulsione dalla setta Urbaniok e l’amara perdita dell’auto stipendio da parassita sociale) le seguenti tanto scontate quanto oltremodo nauseabonde “conclusioni”, “raccomandazioni” e “premesse” per una “discesa” (ossia “benefici”, “risocializzazione”).

In primo piano, ovviamente, la “visione del mondo incline al delitto” (una piccola psicopatia specifica, ci vuole, no?). Poi “si desidera” la solita dissociazione politica, vale a dire rinnegare tutto e tuttx e di più l’adesione totale al pensiero unico del totalitarismo dello Stato e del capitale attualmente dominante. Si ritiene necessari dei controlli stringenti ed anche una disponibilità del “cliente” a collaborarvi, una “credibile esplicazione di rinuncia e dei possibili atti criminali sia attivamente-nell’esecuzione sia passivamente-pianificando o sostenendo” (visto anche di come sarei taaanto “influente”…), ed infine, con massima ( e ben o male calcolata…) infamia tipicamente totalitaria, ed impertinente stupidità e paranoia patologica tipica per ogni piccolo o grande mercenario del potere, “un divieto di contatto con compagnie a rischio correlato” e la “ricostruzione di un nuovo ambiente sociale” (sic!).
Cheddire? Certo: finché rimarranno impunitx, e rimarranno, imperverseranno!
                           
marco camenisch, Bostadel, maggio 2015

RADIOCANE: SULLO SGOMBERO DELL'ASSILLO

riceviamo e diffondiamo:

Trento, 13 maggio 2015. Dopo quasi due mesi di vita, l’Assillo Occupato viene sgombrato. La narrazione della giornata da parte di uno degli occupanti (mentre stavamo pubblicando il presente contributo veniamo a sapere che a fronte di un nuovo tentativo di occupazione in serata ci sono state immediate cariche da parte della celere).

Ascolta il contributo

RADIOCANE: SULLO SGOMBERO DELL'ASSILLO

riceviamo e diffondiamo:

Trento, 13 maggio 2015. Dopo quasi due mesi di vita, l’Assillo Occupato viene sgombrato. La narrazione della giornata da parte di uno degli occupanti (mentre stavamo pubblicando il presente contributo veniamo a sapere che a fronte di un nuovo tentativo di occupazione in serata ci sono state immediate cariche da parte della celere).

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SGOMBERATO L'ASSILLO, CONFLITTO IN CITTA' - TRENTO

riceviamo e diffondiamo:

Trento: Assillo sgomberato, conflitto in città. Cronaca di una giornata

Mercoledì mattina, ore 10,00. Polizia, carabinieri e vigili del fuoco (questi ultimi con il passamontagna, forse per la vergogna della loro collaborazione infame) sgomberano l'Assillo, spazio occupato a Trento da quasi due mesi.

Prima ancora che arrivino le camionette di celere e carabinieri, i vigili del fuoco sono già sul tetto, il che non permette agli occupanti di salire e resistere.

Una quarantina di compagni si raduna poco distante (tutta la zona è presidiata da più di cento agenti). Quando i compagni sgomberati raggiungono gli altri, il gruppo comincia un blocco del traffico. La Celere carica, i compagni restano compatti e partono in corteo rovesciando cassonetti per rallentare gli sbirri. Il corteo, dopo un giro in città, si conclude a Sociologia, dove ci si confronta in assemblea, mentre gli sbirri sono presenti in forza ai due lati della strada.

Alle 18,00, sempre a Sociologia, si svolge l'assemblea già annunciata in caso di sgombero. Buona la partecipazione. Si discute delle risposte immediate. L'ipotesi che trova tutti d'accordo è quella di uscire in corteo e di spostarsi in una piazza, dove fare interventi, mettere musica e contemporaneamente aprire le saracinesche di una casa della Curia abbandonata da anni. Così avviene. In circa un centinaio si raggiunge piazza S. Maria, a quell'ora affollata di ragazzi. Vengono aperte le saracinesche dello spazio vuoto, si calano striscioni dal piano superiore e cominciano gli interventi.  Nel giro di pochi minuti arrivano la Celere e il battaglione dei carabinieri di Laives. Gli sbirri si posizionano in tenuta antisommossa a una cinquantina di metri dal presidio. Subito dopo, fanno partire a freddo una carica verso i compagni, tra lo stupore della folla. Alla carica si reagisce compatti, nonostante alcuni feriti, impedendo che gli sbirri si portino via dei compagni. Poco dopo parte una seconda carica e poi una terza con il lancio di lacrimogeni. Il presidio arretra velocemente, mentre alcuni lanciano dei petardoni verso gli sbirri e altri cominciano a rovesciare un po' di arredo urbano in mezzo alla strada per distanziare la Celere che avanza di corsa. Tra pause e accelerazioni, un corteo si muove per le strade. La Celere è preceduta dalla Digos, un dirigente della quale arriva trafelato nella centralissima piazza Duomo con un bastone di legno in mano.

Il corteo dei compagni torna di nuovo davanti a Sociologia, dove continuano gli interventi al megafono e il volantinaggio. Il presidio si scioglie un'ora più tardi.

Sgombero e cariche sono arrivati tre giorni dopo le elezioni. Il sindaco Andreatta (PD, comitato d'affari degli industriali) evidentemente non voleva troppi problemi in campagna elettorale. Invitiamo gli amanti della "Settimana Enigmistica" a trovare le differenze tra le sue parole di elogio della polizia e quelle della Lega.

Come scritto nel volantino distribuito ieri, "se i padroni pensano di aver fermato l'assillo in città, si sbagliano di grosso. Continueremo a lottare, a occupare, a resistere, ad attaccare: le e gli assillanti".
 

17 maggio 2015

13 maggio 2015

PROVOCAZIONE POLIZIESCA NEL QUARTIERE PREALPI (MILANO)

Riceviamo e diffondiamo:

Oggi pomeriggio,  martedì 12 maggio 2015, a Milano si è verificato un episodio che
riteniamo importante denunciare. Un manipolo di loschi individui (7/8), in borghese, 
ma qualificatisi come poliziotti (senza esibire alcun documento né alcun mandato di 
perquisizione), si sono presentati alla porta di due appartamenti occupati da alcuni 
compagni,già perquistiti lo scorso 30 aprile, nel quartiere Prealpi di Milano. 
I loschi individui erano dotati di chiavi (sottratte durante la 
precedente perquisizione) e sono riusciti a entrare in uno dei due 
appartementi, mentre nell’altro, non riuscendo a entrare a causa del 
cambio della serratura, stavano provando a scassinare l’entrata quando 
sopraggiungevano sul luogo i primi compagni allertati da persone del 
quartiere. Dopo un breve ed edificante scambio di battute, i compagni 
decidono di chiamare un avvocato di fiducia. A questa notizia, i loschi 
individui hanno deciso prontamente di andarsene, con fare circospetto e 
con un raccoglitore sotto braccio. Alcuni di loro salivano poi su una 
Fiat Punto bianca (targata EK 612 HW) e se ne andavano.
Non sappiamo quale furfanteria andassero menando (collocare microspie? 
spaventare qualcuno?). Quello che sappiamo è che negli ultimi giorni in 
quartiere sono state più volte avvistate macchine in borghese di loschi 
individui aggirarsi nei paraggi, così come sappiamo che alcuni compagni 
sono stati apertamente minacciati dalla polizia del Commissariato di 
Quarto Oggiaro che a conclusione delle perquisizioni del 30 aprile 
dichiaravano: “da ora in poi il nostro commissariato vi dichiara 
guerra”. Sappiamo infine che non saranno questi atteggiamenti 
pseudo-mafiosi ad intimorirci.
 
compagni e compagne del quartiere

LETTERA DI LUCIO DALLE VALLETTE

riceviamo e diffondiamo:

To Vallette 29-4-15

Lunedì 20.4 ci hanno trasferiti alle Vallette. Siamo partiti da Ferrara alle 9.00, tutti e tre ingabbiati nello stesso blindato e con la consueta scorta. Non è mancato il teatrino della pisciata in autogrill con i mitra spianati, giusto nel caso il compagno Camogli tentasse un colpo di mano. Siamo arrivati a Torino dopo 5 ore e ce ne abbiamo impiegate 4 a esaurire la trafila dei nuovi giunti: perquise varie, moduli, foto, visita medica e un sacco di attesa.
Dall’atteggiamento delle guardie è apparso subito chiaro che la nostra presenza fosse un fastidioso incomodo non solo logisticamente e l’”antipatia” verso di noi era palpabile.
Saliti in sezione ormai verso le 19.00 abbiamo trovato un nutrito comitato di accoglienza che, senza rispondere ad alcuna delle nostre domande sulle visibili stranezze del reparto, ci ha chiusi in tre celle attigue, due affiancate e una di fronte. In pochi minuti ci siamo accorti dell’inghippo: ci troviamo in una sezione di protetti dai quali siamo stati separati spostandoli tutti nelle celle in fondo al corridoio ammassati come sardine. Tra noi e loro una decina di celle vuote come “cuscinetto”. Lo stato stesso delle nostre celle appariva inaccettabile: infiltrazioni d’acqua, vetri rotti, cavi penzolanti e soprattutto mancanza di cuscini e di un materasso!
Dopo un rapido consulto abbiamo deciso di mettere da subito in chiaro come siamo pronti a farci ascoltare. Dopo aver gridato di chiamare subito un ufficiale, abbiamo iniziato una sonora battitura con calci ai pensili e pentole sbattute. Dopo parecchio tempo si è presentato l’ispettore con alcune guardie dicendo che, trattandosi di trasferimento temporaneo per il processo, non ci sarebbero stati miglioramenti. Sentirci poi dire che anche senza materasso stavamo fin troppo bene ha richiesto un altro rapido consulto, appena lasciati soli: increduli della faccia di merda spudorata dei portachiavi, abbiamo deciso di rilanciare. Letteralmente.
Abbiamo tirato in corridoio bombolette del gas usate, frutta marcia e pattume vario verso il cancello di sicurezza, con le guardie che cercavano di rispedirle a calci. Sempre con sottofondo di battitura. Essendo ormai evidente che non avremmo mollato a costo di svegliare tutto il carcere, alla fine è arrivato il materasso mancante. Il mattino dopo anche i cuscini e una TV nella cella che ne era priva han fatto la loro magica comparsa.
Giorno dopo giorno ci siamo conquistati sempre più spazi: abbiamo ottenuto due ore al giorno di socialità, la possibilità di andare insieme alla docce e altre piccole cose come la fornitura per la pulizia della cella…che inizialmente ci era stata negata! L’aria l’abbiamo sempre fatta insieme ma stiamo cercando di ottenere più ore. A quanto pare resteremo qui fino a sentenza. Nel frattempo i saluti qua sotto ci hanno dato una grossa mano a tenere alta la testa così come sentire la voce dei compas a radio Blackout ci tiene compagnia tutti i giorni.

Le provocazioni degli omini blu non mancheranno mai, ma state be sicuri che siamo abbastanza forti da non farci intimidire e abbastanza matti da restituire ogni colpo!

Alla prossima,
Lucio

NON UN PASSO INDIETRO: SU PERQUISIZIONI E INDAGINE PER ISTIGAZIONE A DELINQUERE CONTRO UN COMPAGNO

Riceviamo e diffondiamo:


“ Ribellarsi è giusto!
sconvolgere Milano
a volte è un gesto un pò più umano
ribellarsi è giusto!
chi è schiavo chi è banale
può chiamarti criminale
ribellarsi è giusto!
se sei senza un programma
forse finirai in un dramma
però è giusto!
spezzare le catene
dal sudore delle schiene
dal rumore di sirene
ribellarsi è giusto!”
Assemblea musicale teatrale
Genova 1977

NON UN PASSO INDIETRO

Giovedì 30 Aprile la cassazione ha confermato le condanne per Nicola e Alfredo riducendo la pena di qualche mese. Niente di nuovo quindi sotto il cielo, ma come sarebbe potuto essere altrimenti visto che la forca della magistratura è sempre pronta a colpire chi reagisce. Non si possono mica condannare da soli quando le leggi, che con molta efficienza fanno rispettare, condannano centinaia e centinaia di immigrati a morire tra i flutti del mare o quando le loro leggi permettono che i lavoratori siano sfruttati da qualche padrone in giacca e cravatta, fino a morire sul posto di lavoro.
Ma possono condannare, inquisire, indagare, imprigionare, torturare nel nome delle leggi e di chi le redige.

Ancora una volta, in questo caso attraverso lo spauracchio dell'Isis, lo Stato promuove il suo ennesimo tentativo di circoscrivere e, quindi, annichilire tutte le pratiche e i comportamenti di critica reale con la fulminea approvazione di un nuovo decreto anti-terrorismo.
Estendendo in maniera quasi capillare la possibilità di attribuire la finalità di terrorismo (art.270 c.p.) a modi e contesti dell'agire e tramutando in reati penali tutte le forme di solidarietà e supporto (dirette o indirette) a chi viene accusato e/o condannato come terrorista, lo Stato ribadisce con prepotenza uno dei ricatti cardini dell'ordinamento democratico: il dissenso è consentito a patto che sia innocuo, inefficace, disponibile a rimanere nei ranghi del controllo ed eventualmente ad essere recuperato/assorbito politicamente, culturalmente, socialmente e/o economicamente.

Si noti come lo stesso meccanismo viene utilizzato riguardo alla questione immigrazione. La campagna mediatica di terrore (con l'insinuazione del sospetto della presenza sui barconi di assassini sanguinari infiltrati tra i disperati) altro non serve che a far passare nella paura e indifferenza generale le affermazioni più reazionarie e i conseguenti provvedimenti  per il  progressivo rafforzamento delle frontiere di quella gigantesca lobby economica e finanziaria che è la cosiddetta Fortezza Europa.
Per far sì che ciò che avviene già al suo interno possa perpetuarsi, indisturbatamente e senza conseguenze, in maniera ancora più brutale e indiscriminata all'esterno dei suoi confini: il costante depredamento dei territori naturali, l'avvelenamento e la schiavizzazione di intere popolazioni.
Il periodo storico che stiamo vivendo al centro degli infiniti occhi che ci osservano e ci spiano non ci permette di prenderci tante soddisfazioni; tutto diventa difficile, ma sappiamo che con l'intelligenza e la fantasia togliersi qualche sassolino dalle scarpe è ancora possibile, come è possibile per esempio portare solidarietà a coloro che vengono arrestati per essersi opposti al dominio e aver ostacolato i suoi piani mortiferi, coloro ai quali la magistratura vorrebbe appiccicare l'etichetta di terroristi.
Sempre più dobbiamo lottare contro lo Stato, perchè è compito dei rivoluzionari combatterlo (agli intelletuali lasciamo il privilegio di discuterlo e basta), senza attendere il momento più propizio e, soprattutto, senza fare distinzioni tra buoni e cattivi.

La solidarietà e, perchè no, la complicità ai compagni e compagne nelle galere si da perchè è giusto così. Si scrive un volantino, si fa un'azione, in ogni caso si fa sentire a chi è limitato dalle quattro mura di una cella che la lotta non è mai vana.
Per questo decreti legge o altre strategie finalizzate ad indebolire le lotte non fermeranno mai la vicinanza tra chi sta dentro e chi sta fuori.
Perciò i tentativi di creare terrore tra le fila di chi lotta contro lo Stato (qualsiasi sia la maschera con cui cerca di insinuarsi tra le nostre vite) indagando i compagni per istigazione a delinquere non farà altro che rafforzare la solidarietà tra di noi.

Il p.m. Federico Manotti ha indagato un compagno genovese, appunto, per istigazione a delinquere al fine di commettere atti terroristici in riferimento ad un suo comunicato comparso su internet  in cui criticava duramente chi in precedenza, con lo scritto diffuso in rete “I puntini sulle i”, aveva preso le distanze dall'attentato, avvenuto nel maggio 2012 ai danni di Roberto Adinolfi (Amministratore Delegato di Ansaldo Nucleare) colpito alle gambe dai già citati Nicola e Alfredo, azione che rivendicarono durante la prima udienza del processo.

Noi dobbiamo dare una brutta notizia a Manotti... Chi nel 2012 non esitò a ribadire la necessità dell'attacco all'esistente e a portare la propria solidarietà a Nicola e Alfredo, non farà un passo indietro.

Sempre più consapevoli di quanto le logiche dei distinguo, le pubbliche prese di distanza, le dissociazioni e le delazioni a mezzo web siano contrarie alla nostra etica, al di là delle motivazioni personali di chi le produce. Finita la canea mediatica, l'unico vero beneficiario di queste pratiche risulta essere il potere e il suo apparato repressivo nel rafforzamento delle politiche di recupero del conflitto e nell'isolamento dei sovversivi. Oltre a riempire i taccuini dei pennivendoli per comporre qualche squallido e ridicolo “quadretto di famiglia”.

Ribadiamo che la solidarietà è il sentimento più profondo e, al tempo stesso, uno strumento imprescindibile di ogni percorso di lotta e per questo non deve mai rinunciare alle sue componenti conflittuali: l'attacco e il sabotaggio.
Ogni tentativo di intimorirci con indagini architettate ad hoc, insieme ai ROS, è del tutto vana.

LA RASSEGNAZIONE E' MORTE!
LA RIVOLTA E' VITA!

compagni e compagne solidali che si incontrano al Mainasso

SCABBIA ALLE VALLETTE?

da macerie

La scabbia, o almeno l'allarme scabbia, ha fatto nuovamente la sua comparsa alle Vallette e ancora una volta nel blocco C. Non sappiamo se la questione riguardi tutto il blocco o se sia invece confinata soltanto in alcune sezioni. L'unica informazione certa è che al momento Lucio, Francesco e Graziano si trovano in quarantena. Giovedì scorso il loro avvocato si è recato al carcere per incontrarli ed è stato rimandato indietro dagli agenti penitenziari: «I detenuti sono sottoposti a un totale isolamento dall'esterno perché potrebbero avere la scabbia», queste le scarne motivazioni fornite dagli agenti penitenziari senza precisare se ci fossero altri detenuti in quarantena né la durata dell'isolamento sanitario.
Nella giornata di ieri sono arrivate nuove informazioni dai responsabili sanitari del carcere che hanno precisato che i tre dovrebbero uscire dall'isolamento lunedì prossimo, giusto in tempo per presenziare all'udienza del 12 maggio, aggiungendo poi che la scabbia non sarebbe stata contratta alle Vallette ma i tre sarebbero arrivati già infetti dal carcere di Ferrara. Al "Lorusso e Cotugno" sostengono poi di esserne a conoscenza orami da diverse settimane: i primi ad accorgersene sarebbero stati i medici che hanno visitato i tre al loro ingresso nel carcere torinese.

Una ricostruzione dei fatti  che da subito non convince molto — non si capisce infatti perché i tre non siano stati messi in quarantena sin da subito, ma abbiano potuto inizialmente svolgere regolarmente i colloqui e presenziare alla prima udienza — e che sembra soltanto un misero tentativo di creare qualche fastidio a Lucio, Francesco e Graziano scaricando la responsabilità di tutto sul carcere di Ferrara. A confermarcelo qualche ore fa, dopo che la notizia circola ormai da un paio di giorni un po' su tutti i quotidiani locali online, è proprio uno dei tre compagni che telefona a un familiare chiarendo come sono andati i fatti. Qualche giorno fa una piccola irritazione compare sulle braccia dei tre compagni, con ogni probabilità per le pessime condizioni in cui hanno trovato le celle al loro arrivo, il  personale  penitenziario decide che si tratta di scabbia, li mette in isolamento e, giovedì mattina, li informa che il loro avvocato, venuto a conoscenza della loro situazione, ha deciso di non incontrarli.

Si è trattato insomma di una piccola vendetta ordita dalle autorità penitenziarie nel tentativo, tra le altre cose, di mettere i tre compagni in cattiva luce presso gli altri detenuti e ostacolare la possibilità che siano trasferiti in una sezione comune.

Oltre a sottolineare che i tre non si sono affatto lasciati abbattere da quanto accaduto vi ricordiamo il loro indirizzo:

Lucio Alberti, Graziano Mazzarelli e Francesco Sala
C.C. "Lorusso e Cotugno" - via Maria Adelaide Aglietta, 35 - 10151 Torino

macerie @ Maggio 9, 2015

1° MAGGIO NO EXPO - SEMPRE COMPLICI E SOLIDALI (COMUNICATO RETE EVASIONI)

da rete-evasioni


Come Rete Evasioni esprimiamo la nostra solidarietà a chi è stat@ colpit@ dalla repressione prima, durante e dopo il corteo del 1° maggio a Milano e siamo pronti/e ad affiancarci a chi intraprenderà un percorso in sostegno delle persone arrestate.

Ciò che ci ha spinto a dare vita alla Rete Evasioni, poco dopo il corteo del 15 ottobre 2011 a Roma, è stata la voglia che questo percorso di solidarietà concreta con chi era colpito dalla repressione, potesse essere da stimolo per i compagni e le compagne di altre città. Nessuna velleità da specialisti quindi, bensì voler essere una parte di tante Reti di solidarietà diffuse nei territori.

In questi ultimi giorni guardiamo con distanza il susseguirsi di comunicati riferiti alla giornata di lotta del 1° maggio a Milano, poiché pensiamo che il confronto assembleare sia sempre preferibile a quello mediatico, pur consapevoli delle difficoltà a cui si va incontro dovute al vivere in posti lontani tra loro.

Ciò nonostante abbiamo deciso di esprimerci in quanto, proprio in questi giorni, stiamo per affrontare l’ennesima e ultima fase del processo di primo grado contro chi era nelle strade di Roma il 15 ottobre 2011.

A nostro avviso le risposte più adeguate agli attacchi repressivi sono date da momenti di lotta.
Tra le proposte quella del 12 maggio a Roma.

Dalle aule di tribunale, invece, ci arriva la certezza (nel caso ne avessimo ancora bisogno) di come la dissociazione agevoli l’isolamento e la punizione contro chi partecipa a manifestazioni conflittuali. Insomma veri e propri “oli lubrificanti” per gli ingranaggi dei sistemi repressivi.
Per noi non si tratta solo di note tecnico-giuridiche quanto piuttosto di scelte politiche.

Concludiamo ricordando che i dispositivi quali il prelievo forzato del DNA, il Daspo e la “flagranza differita” sono da tempo pronti, confezionati e in alcuni casi già applicati, in completa omologazione con i progetti di controllo sociale europeo.
Per cui, considerazioni del tipo “grazie a quello che è successo a Milano, ci sarà un peggioramento dell’accanimento repressivo” sono, a dir poco, pretestuose.

Libertà per tutte e tutti
Il/la “manifestante buono/a” è chi conosce la solidarietà e la pratica nel quotidiano.

Roma, 7 maggio 2015
Le compagne e i compagni della Rete Evasioni

12 maggio 2015


Venerdì 15 maggio:
Dalle 20.00
JEANNE 2 AVENUE DES DESTINS
Parigi, anni '80 e '90, il destino di una donna che vive intensamente ogni attimo. Le tematiche sociali e la vita, l'invenzione fantastica e gli avvenimenti della realtà:
Jeanne 2 avenue des destins.
L'ultimo libro di Barbara X, e presentazione a cura dell'autrice.

a seguire:
Djset by GIPSY BRAT

@Laboratorio Anarchico LA*ZONA via bonoemmli 9 bg
lab.lazona@gmail.com

6 maggio 2015

RADIOCANE: LA DENUNCIA DI LELLO VALITUTTI

riceviamo e diffondiamo:

Fatto oggetto di un’infame campagna mediatica dopo il primo maggio
milanese, abbiamo sentito Lello Valitutti riguardo alle minacce mafiose 
a lui rivolte da alcuni sgherri in borghese. Una denuncia, una 
precisazione e un paio di considerazioni.
 
ascolta:
 
http://www.radiocane.info/lello/

CONFERMATE IN CASSAZIONE CONDANNE PER TERRORISMO A NICOLE E ALFREDO

FONTE

Roma: confermate in cassazione le condanne per terrorismo a Nicola Gai ed Alfredo Cospito

Roma, 30 aprile – Confermate dalla Cassazione, con un lieve sconto di pena(relativo alla qualificazione dei reati minori) le condanne per l’ attacco all’A.D. di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi, a Genova, il 7 maggio 2012: Alfredo Cospito è stato condannato a 9 anni, 5 mesi e 10 giorni (in appello 10 anni e 8 mesi) e Nicola Gai a 8 anni, 8 mesi e 20 giorni (in appello 9 anni e 4 mesi).

NIENTE E' VERO, TUTTO E' VEROSIMILE

 
riceviamo da mail anonima e diffondiamo:

Niente è vero, tutto è verosimile
Ovvero: come non permetteremo a quattro "teppistelli figli di papà" di rovinarci la festa

Il giorno d'apertura di Expo Milano 2015 ci ha insegnato molte cose : la prima è che la narrazione del potere ha raggiunto un livello di penetrazione tale da rimanere, a nostro parere, l'unico linguaggio possibile nelle menti degli uomini in schiavitù. Così, all'indomani di un primo maggio di lotta internazionale, l'unica voce che risuona è quella dei media indignati. La seconda è che quando si supera la linea di demarcazione fra chi il conflitto lo vuole pacificato o al limite simulato (ah, la magia del teatro!) e chi è disposto a giocarsi il tutto per tutto, si rimane isolati dal silenzio. Il silenzio di coloro che, rispetto alla "barbarica violenza" di certi "teppisti", se ne sono subito tirati fuori, dissociandosi da tutte quelle azioni che non corrispondevano alla loro idea di protesta sempre più simile a un pranzo di gala, o il silenzio di chi, dall'alto della sua coerenza, ritiene ancora una volta che questa violenza fosse "mal indirizzata", e la conseguente solitudine in cui sono precipitati tutti coloro che venerdì hanno portato avanti un'idea di conflitto preciso, diretto e, se così si può dire in questo mondo di atti ignobili mascherati da belle parole, spietato.
Ciononostante, venerdì scorso a Milano è stata una giornata importante: abbiamo lottato con tutte le forze di cui disponevamo, accolto solidali che non facevano parte necessariamente delle solite avanguardie politiche, espresso il nostro odio dirompente verso lo Stato, i suoi burattini e i suoi burattinai, proprietà e finanza.
La subitanea risposta del potere e dei suoi lacchè, come al solito prevedibile e piuttosto banale, con le sue invocazioni di rappresaglia e repressione (come se questa non ci colpisse ogni singolo giorno) non ci stupisce più di tanto. I giornali, le televisioni, l'informazione in generale non fa altro che amplificare le stronzate cui siamo sottoposti quotidianamente. "Non ci faremo rovinare la festa", ha sentenziato il bonapartista Renzy da dietro la sua scrivania in legno massello, "da quattro teppistelli figli di papà". Rispediamo al mittente. Ciò che invece fa più tristezza è la reazione dei figli di questa società, completamente subordinati a una mentalità gregaria e incapaci di comprendere che l'amore per una libertà continuamente repressa si trasforma velocemente nell'odio esplicatosi in tutte le vetrine rotte e le automobili bruciate (da Atene a Baltimora vi sta andando molto peggio, forse a Milano non si ama ancora abbastanza).
Quando non si riesce a capire qualcosa ovviamente se ne ha timore, quindi si comincia a irriderlo, dicendo che quello di venerdì è stato uno "spettacolo desolante" : tenetevi le opinioni che vi si confanno per voi, nessuno qui voleva dar spettacolo, è anzi la vetrina dell'urbe ripulita a nuovo per EXPO, il regno dell'apparenza, a essere solo e unicamente spettacolo, e NOI ne costituiamo i titoli di coda.
Si possono fare molte critiche rispetto alla giornata di venerdì, non pretendiamo sia stata addirittura un successo, ma non spetta ai figli della società spettacolare farcele; coloro che godono della felicità dei propri padroni sono nostri nemici come lo sono i padroni stessi e non abbiamo alcuna intenzione di aprire nessuno scambio dialettico con questi ambigui personaggi. Non ci siamo fatti arrestare dagli sbirri, non ci faremo arrestare dal loro immobilismo.
E mentre gli organi di partito si preoccupano soltanto di operare la solita distinzione tra "buoni" e "cattivi", mentre il giustizialismo si scatena contro il fantomatico "black bloc con il rolex", mentre cinque sfortunati vengono ingiustamente detenuti a San Vittore nell'indifferenza generale, il giorno dopo la Milano bene sfila in una nuova marcia per ripulire la città dal passaggio dell'orda demolitrice. Piccolo particolare: per la maggior parte sono giovani, e tutti volontari. Se niente è vero, tutto è verosimile.

NOI - Nuclei di Offensiva Internazionale

NOTE A MARGINE DEL CORTEO NO EXPO DEL 1° MAGGIO-INFO SU LELLO

da informa-azione.info
riceviamo da crocenera e diffondiamo:

Note a margine del corteo no Expo del 1° maggio a Milano

Uno dei redattori del progetto editoriale di Crocenera, Lello Valitutti, sul finire del corteo No Expo del 1°maggio si è trovato isolato dal resto dei compagni in coda alla manifestazione. Lello ritiene importante far sapere che in quest'occasione due poliziotti in borghese lo hanno avvicinato, colpendolo alla testa e proferendo minacce di morte (... "lo sappiamo chi sei",  "verremo a trovarti a casa", "ti  facciamo saltare le cervella", ecc, ecc) ... ed invitando i poliziotti in divisa presenti a fermarlo.. .fatto non avvenuto visto che Lello circola su di un'ingombrante carrozzella  elettrica, cosa che, possiamo immaginare, oltre alle difficoltà logistiche ad effettuare un simile fermo... provocherebbe qualche danno di immagine ai solerti tutori dell'ordine.

Lello, negli innumerevoli anni di lotta anarchica non si è mai fatto intimidire da provocazioni e prevaricazioni sbirresche (a partire dal lontano 1969 a Milano, negli scioperi della fame e nelle carcerazioni subite in Italia per la partecipazione ad Azione Rivoluzionaria, nonché  innumerevoli fermi ed arresti in esperienze di lotta in America Latina) non saranno due guardie in borghese a fermarlo ora.

Lontani da qualsivoglia vittimismo, riteniamo comunque importante far circolare queste notizie ed invitiamo chi abbia notizia di queste, o similari sgradite avances, di inviarcele o comunque farle circolare... foto comprese... che le facce delle merde è meglio memorizzarle subito.
            
Croce Nera Anarchica, 3 maggio 2015

crocenera.org
croceneranarchica@autistici.org

NO EXPO: UN PO' DI POSSIBILE, ALTRIMENTI SOFFOCHIAMO..


Riceviamo e diffondiamo:

“Un po’ di possibile, altrimenti soffochiamo…”

Milano, corteo no-⁠expo del 1 maggio.
Benvenuti nel deserto del reale... o meglio, benvenuti nella desertica realtà che viviamo ogni giorno. Qualche tempo fa in giro per l'Europa, e ieri a Milano vi abbiamo fatto assaggiare un po’ di quella devastazione con cui la maggior parte di noi è costretta a convivere ogni giorno. Vi abbiamo fatto vedere un po’ di quella rabbia che molto probabilmente anche molti e molte di voi covano sotto la coltre di una vita da miseria. Vi abbiamo sbattuto in faccia quella guerra in cui siamo ingaggiati ogni giorno nei nostri quartieri e nelle città in cui viviamo. Quella guerra che vi ostinate a non voler vedere, quella guerra nascosta sotto i veli mediatici della pace occidentale, minacciata, a quanto ci dicono, solo dai cataclismi e dai cosiddetti terrorismi…

E ora di nuovo riascolteremo il coro dell’indignazione civica: la violenza degli antagonisti, la cieca follia dei devastatori. Ma siete davvero così rincoglioniti? Fermatevi un secondo e provate a guardare con più attenzione tutto quello che la stampa e la tv hanno prodotto in questi giorni... poi scendete in strada e confrontatelo con quello che vedono i vostri occhi, con quello che sentono le vostre orecchie e la vostra pancia, con la paura che avete di perdere tutto, con quella voglia di farvi gli affari vostri che vi assale perché vi sentite ridotti all’impotenza e pensate che qualsiasi cosa facciate tanto tutto resta uguale. Provate a mettervi in gioco e all’ascolto e forse riuscirete a capire…

Riuscirete a capire che vivete davvero una vita di merda. E che molto spesso dite che non c'è niente da fare. Ma così parlano solo i cadaveri. E forse visto che intorno a voi c'è solo morte parlate proprio come dei vecchi che stanno per morire. E questo è il paese di merda in cui vivete, un paese di vecchi. Vecchio nella mente, vecchio nelle ossa. Qui da noi i “giovani politicizzati” sono più vecchi dei vecchi e la politica è l'abitudine più vecchia di sempre. Ecco perché non ci stupiremo nell’ascoltare, ancora una volta, le litanie di “movimento”: si dirà che giornate come queste possono dividerlo, il “movimento”, che i riot fini a se stessi non sono valorizzabili su un piano politico, e che gli obiettivi colpiti erano casuali e “capisco la banca ma le macchine non bisognava toccarle”… Chi utilizza questi argomenti come critica forse dovrebbe cominciare a chiedersi veramente cosa vogliono dire giornate come queste.

Cominciamo dal “movimento”...quella strana cosa che collega l'impolitico del popolo con il politico dello stato. Quella malattia tutta italiana che spesso affossa e ha affossato la spinta rivoluzionaria. E forse risentiremo anche i suoi teorici avventurarsi in complesse analisi politiche, parlare del ’77, dell'autonomia, diffusa, operaia e stronzate varie. Vi siete mai chiesti perché la figlia di uno dei peggiori partiti comunisti d’Europa abbia fallito così miseramente? Perché la grande spinta rivoluzionaria degli anni ‘70 si sia frammentata in cosi tante sigle e siglette, lasciandoci in eredità tante teorie e troppa rassegnazione? Ecco, questa “internazionale” di compagni e compagne che lottano quotidianamente sui territori, che si incontrano in giro per l’Europa e sulle barricate, vuole sbarazzarsi proprio di tutta questa melma politica. E speriamo dunque che la giornata di Milano metta a tacere anche tutti quegli scazzi che finché restano su questioni di principio e non si misurano con la lotta nelle strade, con il respiro del compagno e della compagna che ti è accanto e rischia con te, fa il gioco di tutti quei politicanti che si nascondono più o meno dietro le loro pre-confezionate identità.

E così, tutti quelli che erano in piazza a Milano, determinati ad abbellire un degradato arredo urbano e pronti a scontrarsi con la polizia (autonomi o anarchici che siano) dovrebbero aver capito di essere in questo momento l'unica forza reale, radicale e dirompente in questo paese di fascisti, infami, delatori e democristiani. E non parliamo delle aree, quelle resteranno sempre separate, ma dei compagni e delle compagne che per l'ennesima volta si sono ritrovati insieme per le strade. E le relazioni, che in questa “internazionale” sono tutto, condensano anni e anni di lotte comuni. Lotte in cui la posta in gioco è la vita, lotte che combattano quel capitalismo che ha devastato e saccheggiato il pianeta e i suoi abitanti umani e non umani.

E così quello che è successo ieri a Milano era davvero l'unica opzione possibile. Di fronte ai salamelecchi dei soliti noti, di fronte alla paura dei soliti gruppetti e di fronte alla clamorosa ed evidente presa per il culo che rappresenta l'expo non si poteva fare diversamente. Anzi non si poteva non fare. Sarebbe disonesto dire che non ci piace infierire su un mondo di vetro e acciaio ma questa volta l'occasione richiedeva proprio una bella spallata distruttiva. E a chi cercherà di dare un significato politico al corteo no expo risponderemo con un ghigno. La verità è che giornate così non possono essere capitalizzate politicamente, non esprimono la rabbia dei precari o della plebe (o come la si voglia chiamare), non esibiscono nessuna potenza, non producono e non vengono da un preciso soggetto politico. Per noi, giornate come queste esprimono solo un possibile, sono, per chi combatte tutti i giorni e in diverse forme una guerra sotterranea al capitalismo, una boccata d’aria fresca.

E chi ci verrà a parlare dei motivi della protesta contro expo diciamo solo una cosa: a noi di expo ce ne frega poco o niente. Dovremmo davvero interessarci ad una pagliacciata di tali dimensioni? Una esposizione universale del nulla, che parla di fame nel mondo, di capitalismo verde dal volto umano? Il corteo no expo era un’occasione, domani sarà un'altra. Ma solo se sapremo o proveremo a ritentare la magia. Perché è vero, anche con tutta l'organizzazione del mondo ci sono troppe varianti impossibili da prevedere e solo insieme, tutti e tutte insieme si può tentare, ogni volta, l'impossibile. Quella magica alchimia di coraggio, determinazione e, perché no, di incoscienza che ci fa sentire vivi. Proprio così, come si leggeva sui muri di Roma il 15 Ottobre 2011, a Milano “abbiamo vissuto”.

E cosi Milano è uguale a Francoforte, alla valle di Susa o alla Zad, le sue strade sono quelle di Barcellona come quelle di Atene o di Istanbul. E i riot inglesi, di Baltimora, di Stoccolma, del mediterraneo risuonano come melodie di una stessa musica. Una musica che dice senza mezzi termini che ci avete stufato. Che non smetteremo di disturbare i vostri sonni pieni di incubi, di sabotare le vostre misere vite piene di fragilissime sicurezze, di rovesciare le vostre paure da cittadino attivo. Siamo tanti e tante, e forse è il caso di iniziare a capire da che parte stare.

E poche cose in questo mondo ci fanno ridere così tanto come la scena di tutti quei cittadini milanesi che scendono in strada per ripulire, o come una ragazza che si fa un selfie con una macchina bruciata… ma ogni epoca ha il suo ridicolo, questo il nostro…
Insomma avete voluto la vostra festa? La vostra bella inaugurazione? Beh...anche noi.
Alla faccia di tutti quelli che si riempiono la bocca di democrazia, infiltrati e violenza. E qui non serve entrare nello specifico. Ancora credete che ci siano gli infiltrati? Ancora credete che questo mondo vada solo sistemato? La democrazia è questa, e prima o poi ci soffocherete dentro.
E chi crede che ce ne sia una migliore è ancora più sognatore di chi invece vuole l'insurrezione.

Ci vediamo sulle prossime barricate...

SANTIAGO: SEDE DEI GIOVANI COMUNISTI ATTACCATA IN SOLIDARIETA' CON JUAN, NATALY, GUILLERMO E ENRIQUE

da CONTRA INFO
Il mattino del 3 maggio abbiamo deliziato i Giovani Comunisti rinfrescando la facciata della loro sede di via San Pablo, 9059, Pudahuel, con della vernice e qualche vetro fatto sparire a sassate.
Questi stronzi, che hanno ampiamente cercato la riconciliazione democratica frequentando il potere e il suo apparato poliziesco, si sono messi a minacciare gli anarchici attraverso la stampa con delle richieste legaliste quando hanno avuto luogo gli scontri di un anno fa. Sembra che alcun* abbiano scordato quello che è successo, ma per quanto ci riguarda il tempo che è passato non ha cambiato niente, questo attacco ne è il riflesso fedele, e andremo oltre…
Abbiamo rivendicato questa azione con dei volantini in solidarietà con i/la compagn* Juan Flores, Nataly Casanova e Guillermo Durán (in sciopero della fame da 20 giorni) e con Enrique Guzmán, che si sono sempre dichiarat* contro ogni forma di potere e di autorità.
Sappiate che portiamo attenzione alla vostra situazione e che non avremo pace finché il potere non la finirà con i suoi soprusi.

Non c’è tempo né per le scuse, né per le pause.
Solidarietà in offensiva con i/le prigionier* in sciopero della fame.
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(foto degli scontri del 1 di maggio del 2014)

19-22 MAGGIO: GIORNATE ANTI-FRONTEX A VARSAVIA


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FONTE
Diffondiamo da migracja.noblogs.org
19-22 Maggio 2015: Giornate anti-Frontex a Varsavia, Polonia
Il 21 maggio 2015, la crème de la crème del razzismo europeo s’incontrerà a Varsavia, in Polonia, per celebrare il decimo anniversario della creazione di una delle più influenti meta-organizzazioni di difesa delle ricchezze della Fortezza Europa. L’organizzazione, non molto conosciuta, e che fino ad adesso è rimasta nell’ombra, è un ibrido tra la polizia di frontiera e i servizi di intelligence, ed è promotrice di un’aggressiva politica anti migranti. Stiamo parlando di Frontex (dal francese “FRONTieres EXterieurs), il braccio esecutivo della politica (anti)migratoria europea, che gode del diritto di prendere autonome decisioni sulla politica estera dell’Unione europea ed ha un budget che cresce ogni anno, sul quale non c’è nessuna contabilità ufficiale. Le sue risorse sono usate per finanziare progetti futuristici, che sembrano usciti da scenari distopici, come ad esempio un sistema automatizzato di droni terrestri, conosciuto come progetto TALOS, portato avanti in cooperazione tra il politecnico di Varsavia, l’industria aerospaziale israeliana e molte altre industrie militari.
Lo statuto inoltre permette a Frontex di condurre una propria politica estera in materia di immigrazione, attraverso accordi con le vicine dittature (Bielorussia, Libia, Tunisia, Algeria), il finanziamento e l’organizzazione della repressione contro i rifugiati in sicure zone cuscinetto, cosa che annacqua le responsabilità. Come risultato il confine dell’Europa si sposta sempre più lontano dal vecchio continente, in modo da nascondere gli effetti di queste politiche agli occhi dei cittadini europei. I campi finanziati nei paesi del sud del mondo e le inumane politiche migratorie dell’Eu hanno come risultato vittime reali : decine di migliaia di persone annegate, morte di fame, abbandonate in mare o nel deserto, o direttamente uccise da armi da fuoco. Ogni anno, un numero maggiore di persone di quante persero la vita nell’attraversare, durante tutto il periodo della sua esistenza, il muro di Berlino.
I rifugiati – espulsi dai loro paesi d’origine dal saccheggio dell’economia neocoloniale, dai conflitti alimentati dai trafficanti di armi, dai disastri ambientali calcolati come costi da pagare per il benessere europeo, ed infine dalle invasioni imperialiste – spesso non hanno altra scelta che fuggire in direzione del “paradiso europeo”. Le crescenti disuguaglianze sociali, la fame, la povertà e la paura, li spingono ad attraversare deserti, oceani, aggrappati alle ruote dei veicoli, spesso sottomettendosi alle mafie organizzate dei trafficanti. Le attività di Frontex non fanno altro che aggiungere chilometri ed ostacoli; la determinazione di queste persone, sulla quale fanno affidamento famiglie e villaggi interi, non verra’ meno fin quando l’egemonia dell’Europa e le sue politiche neocoloniali non cesseranno.
Di solito le tragedie avvengono lontano dagli occhi degli europei, ma la loro portata, in seguito all’aumento del numero di rifugiati ( legato, ad esempio, alle vicende della primavera araba, ai massacri in Afghanistan, alla guerra in Siria e Ucraina), è cresciuta così tanto che è impossibile ignorarla. Gli annegamenti di massa al largo delle coste italiane, gli assalti ai confini di Ceuta e Melilla, la morte nei campi minati di Evros e il filo spinato del confine bulgaro sono solo alcuni esempi di tragedie che diventano sempre più numerose e frequenti quanto più la crisi sociale nei paesi vicini si acuisce. Una crisi che spesso è il risultato delle politiche estere europee, della colonizzazione economica o dell’intervento militare diretto.
Negli ultimi anni, questi eventi e le dure critiche ricevute hanno portato ad alcuni cambiamenti nella politica di pubbliche relazioni di Frontex: ora cerca di presentarsi come un’organizzazione umanitaria (che risolve i problemi creati da loro stessi) o che combatte i trafficanti (per i quali crea invece posti di lavoro), diventando così l’emblema dell’ipocrisia. ll suo modo di operare sta in realtà aggravando la crisi umanitaria, basti guardare all’ultima operazione navale che vieta agli equipaggi italiani di salvare i rifugiati al di la dei confini costieri, oppure la cooperazione con il crimine organizzato, anche di stato, in Marocco e Libia.
Per coloro che sopravvivono al lungo e pericoloso viaggio verso l’Europa, i problemi non finiscono qui, cambiano solo d’ordine. Gli immigrati privi di documenti diventano il bersaglio delle politiche interne anti-migranti. Essi non sono del tutto esclusi dall’ordine sociale – c’è posto per loro nei lavori più pesanti e meno pagati, come vittime della violenza della polizia, e rinchiusi nei centri di detenzione. La posizione di tutti i migranti nell’Unione europea è molto difficile. Il destino dei profughi di guerra, per i quali non sono rispettati neanche gli standard umanitari minimi riconosciuti dagli stati membri dell’Unione europea, conferma il carattere razzista di questo modello di politica. Chi tenta di regolarizzare la propria permanenza entra in un calvario burocratico, che spesso termina con una conseguente criminalizzazione, dovuta al fatto che le regole sono state costruite in modo tale che le condizioni necessarie per ottenere la residenza siano irraggiungibili. L’intero apparato, impostato esclusivamente sulla repressione e sulla criminalizzazione, supporta gli interessi economici dell’Unione europea, anche se “grandi” città europee sono state costruite grazie al lavoro in condizione di schiavitù dei migranti, la cui privazione dei diritti e persecuzione legale ha rafforzato il potere dei padroni europei. Gli uffici dei capi e degli amministratori delegati vengono puliti dalle mani dei migranti invisibili. Anche la posizione dei lavoratori locali è indebolita dalla riduzione del costo del lavoro.
Questa macchina e’ oliata ogni giorno dal razzismo dei neofascisti che sfogano la loro ideologia del “capro espiatorio” nei pogrom, nelle denunce o attraverso il loro lavoro in uniforme nelle forze dell’ordine. Questa drammatica situazione non rimane senza risposta: nei centri di detenzione scoppiano rivolte e scioperi della fame, si bloccano le deportazioni. I migranti sanno che possono contare solo su loro stessi, per questo organizzano manifestazioni di protesta, occupano spazi ed edifici vuoti, resistono agli sfratti e fronteggiano i fascisti.
Non accettiamo questa politica di euro-razzismo! Risponderemo a qualsiasi innovazione della repressione con forme anti-capitalistiche di fratellanza e sorellanza. Come nel caso di Mos Maiorum (la più grande retata della storia del dopoguerra in Europa), e di altri progetti di controinformazione, le azioni di avviso, le mappe interattive dei rastrellamenti, il rifiuto di mostrare i documenti da parte di persone in loro possesso, che ha permesso a molti migranti di sfuggiere alla rete organizzata da Frontex. Nonostante ciò 19.000 persone sono state arrestate, e per noi questo è un invito ad intensificare la resistenza. Anche qui, a Varsavia, dove Frontex ha la sua sede.
L’ultima ondata di scioperi della fame nei campi polacchi, brutalmente repressa, ha contribuito a creare contatti tra i detenuti e gruppi di sostegno, e ha permesso alle informazioni sullo sciopero di venir fuori. Uno dei capi dello sciopero, Ekaterina Lemondżawa, sta pubblicando un libro sulle sue esperienze, in collaborazione con il gruppo di no Borders di Varsavia.
Da molti anni sono stati organizzati giornate anti-frontex a Varsavia ed è venuto il tempo di dar loro un nuovo impulso amplificando reciprocamente le nostre voci di protesta. Per questo, insieme, noi migranti e solidali, vi invitiamo alle giornate Antifrontex, che si terranno a Varsavia dal 19 al 22 maggio. Vi aspettiamo con incontri, proiezioni, manifestazioni e con il festival “ Activist Days Off”.
Per avere maggiori informazioni visitate il sito migracja.noblogs.org, contatti: antyfrontex@riseup.net
Invitiamo i gruppi che vogliono partecipare attivamente all’organizzazione della manifestazione. Siamo un piccolo collettivo di Varsavia, che vuole lavorare insieme per decostruire i nostri privilegi abolendo i confini che ci vengono imposti. Quando gruppi di migranti in Europa si uniscono nella resistenza e la repressione è in aumento, non possiamo rimanere passivi. Uniti contro il fascismo di Stato istituzionale – in nome di una reale e concreta solidarietà transnazionale!
Venite a Varsavia, il 19/22 Maggio! Creiamo un fronte unito contro Frontex!
19-22 maggio – Giornate Antifrontex dovunque!
Per coloro che non possono venire a Varsavia tra il 19 e il 22 di maggio, proponiamo di fare giornate di azioni decentrate contro Frontex. Cerchiamo di essere visti e sentiti in tutto il mondo in quei giorni! Lasceremo la scelta della forma di solidarietà alla vostra fantasia senza limiti. Voi conoscete le soluzioni migliori e ciò che è più adatto ai vostri contesti locali, e dove un’azione potrebbe far più male.
Abbasso le frontiere! Solidarietà attiva!