29 luglio 2013

3 AGOSTO A TEST ALTA: INCONTRO ALLA RIOTTOSA SUL PROCESSO DI NICOLA E ALFREDO, SULLA REPRESSIONE, SULLA RISPOSTA


Riceviamo e diffondiamo:

Da sempre nelle mura delle prigioni di tutto il mondo è stato possibile aprire delle brecce con  rivolte, sommosse ed evasioni. I prigionieri, più volte, hanno fatto sentire la propria rabbia e seguito il loro irrinunciabile bisogno di libertà. Hanno rifiutato di rientrare dopo l'ora d'aria,organizzato sommosse, preso secondini in ostaggio, attaccato la polizia intervenuta, sono evasi...
Anche all'esterno delle mura, qualcuno passa all'offensiva. Attaccando tutto ciò che immiserisce le nostre vite. Ogni attacco rende le mura delle prigioni meno solide.
Repressione e solidarietà rivoluzionaria sono temi che si è cercato di affrontare, durante l'incontro che si è tenuto al Bencivenga il 30 giugno. Resta da focalizzare cosa per ognuno è prioritariamente trattabile assieme, in un'occasione del genere, così abbiamo deciso di prevedere altri incontri.

Il prossimo sarà sabato 3 Agosto alle ore 14 alla Riottosa a Firenze.


Per raggiungere La Riottosa,località Galluzzo,Firenze
Dalla stazione fs Firenze SMN  bus 37 o 68 fermata Ponte Bailey
In auto direzione Firenze Certosa, chiedere  del Ponte  Bailey



Segue la prima bozza di discussione:


A TESTA ALTA .Luglio  2013-  Invito alla discussione e alla presenza solidale al processo a Nicola ed Alfredo

Il 5 luglio si è tenuta l'udienza preliminare per Nicola Gai e Alfredo Cospito – anarchici – arrestati il 14 settembre 2012 con l'accusa di essere gli autori del ferimento dell'amministratore delegato di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi – progettista e costruttore di centrali nucleari – azione rivendicata dal Nucleo Olga della Federazione Anarchica Informale / FRI.
In quella data sono state fissate le date del processo, che si terrà , con rito abbreviato il 30 ottobre 2013 a Genova ,in pubblica udienza. 

Una prima bozza di questa proposta è circolata negli ultimi due mesi. A partire da un singolo – per quanto pesante e carico di implicazioni – episodio repressivo, si è arrivati a ragionare su scala più ampia su mancanze e prospettive proprie di certa area anarchica, a riflettere sulla necessità di confrontarsi – non appiattirsi – su alcune questioni basilari quali repressione, solidarietà, prospettive di lotta, dinamiche e carenze nella comunicazione.

Al di là delle contingenze vorremmo parlare di quanto si riesca a trarre di positivo dal reagire a ogni singolo episodio repressivo, quanto di positivo nel conoscere l'evolversi di mezzi e strategie di controllo e “prevenzione”, per farsene orgogliosamente gioco,quanto di positivo nel discutere e rilanciare idee e pratiche d'attacco, quanto di positivo nel riconoscersi a testa alta contro un nemico comune.

Un incontro utile per quanti considerano ancora la prospettiva anarchica un'ipotesi viva e allettante, un groviglio di pensiero, azione ed esperienze in divenire: consapevoli che, quando queste si intersecano e affinano riusciamo a ottenere livelli alti di analisi, progettualità e pratiche,che concorrono a sollevare l' orizzonte di lotta , ad aprire spiragli di luce in questo plumbeo presente, ad intessere nuove ragnatele di rivolta.

Siamo anarchici quindi naturalmente allergici alle cariatidi della politica , anche nella sua veste ' militante' ,naturalmente alieni a ad assemblee plenarie,strutture decisionali accentratrici: le tensioni individuali rimangono forti e vitali, nello stesso tempo ci si riconosce in una base comune costruita sia storicamente che per esperienze e suggestioni confluenti,non monadi nello spazio ma ancorati ad un patrimonio di pensiero ed azione ,che siano gli espropriatori ed individualisti argentini dell' inizio del secolo scorso,i gruppi di affinità in Catalogna negli anni trenta ,la Machnovcina,gli arditi del popolo , il gruppo Primero de mayo, i rivoltosi di Genova 2001, Atene e di tutte le piazze dove la benzina ha contribuito a far ardere i nostri cuori e le divise delle guardie, gli attuali gruppi d' azione od i futuri visionari della sovversione di un mondo a cui sarà sempre più difficile adeguarsi.

Sentiamo di avere il cuore e la testa dalla parte giusta ,

quella che riconosce le multiformi pratiche della lotta rivoluzionaria,

quella che discerne i germogli insurrezionali dalle secche del realismo riformista, educazionista o assistenziale che dir si voglia

quella che non abbandona i compagni in carcere ma li riconosce come parte attiva e viva di una traiettoria di lotta, senza attenersi al 'minimo sindacale' della solidarietà.

quella che è consapevole che qualsiasi tensione rivoluzionaria è intrinsecamente 'sociale' in quanto interviene con i suoi mezzi e le sue valutazioni nella critica della società attuale,e parimenti' antisociale' quando le presunte lotte sociali diventano un recinto limitato e limitante per il proprio sentire antiautoritario.

Vorremmo tornare a ragionare su alcune questioni di base:la rispondenza tra pensiero ed azione, un anarchismo che sappia, se non praticare nella totalità delle sue sfaccettature,perlomeno riconoscere e sentire come patrimonio proprio le multiformi manifestazioni dell' agire anarchico,consapevoli che non c'è gradualità nelle pratiche né gerarchia nei mezzi, solo strumenti più o meno efficaci da scegliere a seconda delle situazioni,senza remore o tabù su percorsi individuali o collettivi, firme o anomie o quant'altro.

Sta a noi, qui ed ora ,cogliere la possibilità di discutere ,capirsi e riconoscersi come componenti attivi di una galassia anarchica , minoritaria ma effettiva,a volte splendente nella sua capacità di creare e fomentare situazioni di lotta, a volte sterile palestra di critica radicale, troppo timida nel far valere la giustezza delle proprie analisi.

Sta a noi, qui ed ora , avere ben chiaro se e fino a che punto si è in grado di spendersi, consapevoli che aldilà di qualsiasi momento di incontro i complici si trovano e riconoscono nel' azione, non in assemblea.

SOLIDARIETA ' E REPRESSIONE
La repressione è il naturale contraltare del' agire anarchico, la solidarietà attiva dovrebbe essere un' altrettanto naturale processo spontaneo, così spesso non è.
Gli scenari repressivi si riproducono ciclicamente con qualche variante,270,280, associazione a delinquere, devastazione e saccheggio, strategie di controllo preventivo (fogli di via, avvisi orali,sorveglianza speciale , ecc)e non ultimo l' affinamento dei regimi di detenzione quali le sezioni ad alta sorveglianza destinate agli anarchici con la conseguente strategia di separazione dal resto della popolazione carceraria. Lo stato continua a fare il suo mestiere , più o meno efficientemente si difende dai tentativi , più o meno efficaci, più o meno contundenti di creare agitazione e colpire.
Il conteggio per ora è ampiamente in perdita , non tanto per i -troppi anche se uno- compagni in carcere , che si trovano a fronteggiare anni di galera in nome della vendetta del dominio,ma soprattutto è in perdita quando le strategie di controllo e repressione vanno a demolire le basilari forme di appartenenza e solidarietà in seno al movimento,quando sono sempre più spesso gli stessi refrattari ad esulare da solidarietà e vicinanze in nome di opportunismi politici e dalla salvaguardia personale , quando diventa complicato finanché redigere un manifesto solidale , quando il soffio della rivolta che si spande per il globo in luogo di istillare rabbia , orgoglio e volontà d' azione alimenta il mantice sfiatato di cuori pavidi ed incapaci a decidersi.
Solidarietà e complicità a volte sono parole gravide di conseguenze, a volte sono le pietre tombali che sigillano una tensione morta sul nascere,che corre ad incagliarsi sugli scogli di un pragmatico piccolo cabotaggio in nome del quieto vivere.
Non è questo che interessa, sulle basi del realismo e di un fatalista adeguamento non si costruisce alcuna ipotesi degna di essere vissuta,si sta giocando troppo al ribasso, è il caso di invertire rotta.
Continuiamo a considerare i compagni che cadono nelle maglie del nemico per quello che sono, soggetti attivi nella lotta e nel dibattito,ne martiri ne santini da esporre sugli altarini delle vittime della repressione , consolatorii più per chi li crea che per chi ci finisce. Compagni con cui è necessario solidarizzare attivamente, senza esitazioni, al di là delle peculiarità delle singole progettualità.

INFORMAZIONE-CONTROINFORMAZIONE

La circolazione di controinformazione e pubblicistica dovrebbe essere un mezzo utile al contatto e allo scambio di prospettive e progetualità, spesso diventa un fine, autoreferenziale e basta.
Ci sono vari ordini di problemi, dagli strumenti che si scelgono per veicolare l' informazione ed il confronto alle modalità della comunicazione stessa, diretta o mediata da strumenti cartacei o digitali. In altri tempi, benché la pubblicistica anarchica sia sempre stata copiosa nel produrre opuscoli, fanzine o libelli vari, la lamentela più comune era sulla carenza dell' informazione , ora il problema pare rovesciato ma gli effetti simili,navighiamo in un mare di informazione e di controinformazione che spesso viene assorbita lasciando il tempo che trova o peggio appunto diventa fine piuttosto che mezzo. E' altresì vero che la comunicazione in digitale offre il fianco più facilmente alle strategie di controllo e repressione, automaticamente tracciabile e perpetuamente monitorabile, , ma questo avviene con qualsiasi strumento.
La rete concede velocità di scambio di informazioni spesso ci fornisce delle panoramiche globali e locali che dovrebbero fornire spunti interessanti , il problema se poi non si concretizzano è solo parzialmente colpa degli strumenti comunicativi/ informatici piuttosto dipende dall' incapacità o mancata volontà -spesso -di trovarsi, faccia a faccia, sulla stessa strada, in un percorso di lotta.

PROSPETTIVE DI LOTTA

Circoscriverle a priori è difficile, siamo in un campo aperto e le suggestioni sono molteplici, dalla lotta alle nocività alle varie forme di contrasto all' erosione dei sempre più esigui spazi di libertà individuali e collettivi che il dominio, nelle sue cicliche ristrutturazioni continua ad imporci. Quello che ci interessa in questa sede non è approfondire i possibili campi d' intervento piuttosto continuare a difendere la validità del metodo- quello anarchico dell' azione diretta e del rifiuto della delega,il continuare a mantenere fiducia nei propri strumenti e nelle proprie analisi ,senza farsi incantare da sirene quantitative ed improbabili alleanze, senza nascondersi dietro la litania del ''siamo pochi non andiamo da nessuna parte'' a cui preferiremmo sostituire un ''benchè in pochi sappiamo riconoscere senza esitazione i sentieri utili da percorrere e suggerirsi a vicenda e gli eventuali compagni di strada''. Non altro.
Per concludere la proposta di discussione è ambiziosa e rischiosa, non vorremmo che sia proprio lo spettro della repressione a tagliare le gambe alla possibilità di confronto, anzi sono proprio le strategie repressive a sciogliere le esitazioni ed a farne percepire la necessità . Discussione non significa necessariamente far confluire tutto nella forma classica assembleare , contenitore sempre più spesso inadeguato, ma riteniamo comunque che un confronto diretto sia fondamentale: la discussione potrebbe prendere la forma di incontri , anche a livello locale precedenti alla presenza al processo, che si terrà comunque a tempi brevi, in autunno, a cui si vorrebbe arrivare concretizzando una buona presenza solidale.

Alcuni anarchici ed anarchiche.

RENZO NOVATORE: LE ROSE, DOVE SONO LE ROSE? - GRATIS EDIZIONI

riceviamo e diffondiamo:

Renzo Novatore
Le rose, dove sono le rose?
pp 320, euro 15


«Quanto a me, me ne andrò certo contento
da un mondo in cui l’azione non è sorella del sogno»
Charles Baudelaire


Il mondo delle cose ci tiene sequestrati fin dalla nostra nascita. Dal primo vagito all’ultimo rantolo trascorriamo la nostra esistenza all’ergastolo della riproduzione sociale, quotidianamente convocati ad adempiere a doveri ed obblighi. Dobbiamo obbedire ai genitori e fare i bravi ragazzi; dobbiamo obbedire ai professori e diventare studenti modello; dobbiamo obbedire ai padroni ed essere lavoratori disciplinati; dobbiamo obbedire allo Stato e comportarci da onesti cittadini.
Insomma, dobbiamo obbedire. In cambio avremo un’adeguata paghetta, una buona pagella, un salario decente, un certificato penale immacolato. Se male non faremo, paura non avremo. E potremo arrivare in tutta tranquillità alla pensione e alla morte. È questo il destino garantito a ciascuno di noi all’interno di questo mondo. Molto appassionante.
Ebbene, non tutti sono disponibili a timbrare ogni mattino il cartellino della servitù volontaria, ad adeguarsi alle consuetudini di un mondo miserabile. Allora, come diceva un pensatore irregolare: 
«solo l’azione si propone di trasformare il mondo. Non esiste imperativo che possieda un’efficacia più rude. Ma chi domanda all’azione di realizzare la volontà che lo anima riceve presto strane risposte. Impara in fretta che l’azione efficace è quella che si limita ad obiettivi mediocri. Ed accetta: credeva di trasformare il mondo a misura del suo sogno, non ha fatto che trasformare il suo sogno adeguandolo alla stregua della realtà più misera. La prima rinuncia che l’azione domanda a colui che vuole agire è di ridurre il proprio sogno alle proporzioni indicate dalla realtà». 
Miseria dei militanti e degli attivisti.
Ma ancora non tutti sono disposti a rassegnarsi alla moderazione del realismo, a muoversi entro i limiti rachitici di quanto è dato. Allora, solo il sogno si propone di sconvolgere l’esistente. Non esiste imperativo che esiga una soddisfazione più eccitante. Ma chi domanda al sogno di materializzare il desiderio che lo anima riceve presto strane risposte. Impara in fretta che il sogno soddisfatto è quello che si limita a voglie mediocri. Ed accetta: credeva di sconvolgere l’esistente con la sua azione, non ha fatto che sconvolgere la sua azione adeguandola alla stregua della realtà più miseranda. La prima rinuncia che il sogno domanda a colui che vuole esaudirlo è di ridurre la propria azione alle proporzioni indicate dalla realtà. Miseria degli artisti e degli esteti.
Chi agisce, deve rinunciare a sognare. Chi sogna, deve rinunciare ad agire. In tal maniera i vasi comunicanti dell’energia umana si ritrovano ostruiti, separati da un muro invalicabile, impossibilitati a fecondarsi reciprocamente. L’azione viene chiusa nell’ambito della politica, in preda ai partiti. Il sogno viene chiuso nell’ambito dell’arte, in preda alle avanguardie. I militanti sono consapevoli della tristezza che affiora nei loro atti, ecco perché talvolta evocano a denti stretti l’«utopia». Gli artisti sono consapevoli dell’impotenza che accompagna le loro immagini, ecco perché talvolta evocano con imbarazzo la «rivolta». Ma se le parole dei primi finiscono sempre nella propaganda, quelle dei secondi non si differenziano mai da una performance.
Da una parte come dall’altra, non sono molto numerosi coloro che hanno trascorso la loro vita nel tentativo di sfondare quel muro divisorio. I poeti pronti a salire sulle barricate, così come gli insorti dediti alla fantasticheria, si contano sulla punta delle dita. Eppure, per quanto possano apparire deboli, incerti, talvolta pure sgraziati, i colpi che essi hanno inferto contro la barriera che trattiene l’essere umano dal concretizzare i propri desideri più folli sono tutto ciò che a nostro avviso valga davvero la pena ricordare, amare, affinare. E poco ci importa, davvero, del sarcasmo con cui le persone ragionevoli hanno spesso commentato i loro sforzi solitari.
Per farla finita con questo mondo a senso unico, bisogna sognare e bisogna agire. Queste due parole di disordine devono essere un tutt’uno. È questa la lezione che ci è stata tramandata dai grandi indesiderabili. Ed è uno di loro che qui vogliamo presentare.
Nasce il 12 maggio 1890 ad Arcola, un paesino dell’entroterra ligure, circa a metà strada fra La Spezia e Sarzana. I suoi genitori, Giulio Ferrari e Palmira Galantini, lo chiamano Abele Ricieri. Nome in parte premonitore giacché, oltre a trovare la morte in maniera tragica, si rivelerà un intrepido combattente...


Renzo Novatore
Le rose, dove sono le rose?
pp 320, euro 15

Il libro sarà disponibile a partire da settembre. Lo sconto per i distributori (almeno 5 copie) è del 40%.
Il pagamento rimane anticipato.I versamenti sono da effettuare sul ccp 12809109 intestato a
Maria Grazia Scoppetta, aggiungendo le spese postali.
Si invitano tutti gli interessati a comunicarci il numero di copie desiderate,
in modo da consentirci di stabilire la tiratura iniziale.
Per prenotare le proprie copie, scrivere a grotesk@libero.it, oppure a triviott@yahoo.com

RADIOCANE: IL SACCHEGGIO DELLA TERRA PROMESSA. PATAGONIA FRACKING



Cos’è la fratturazione idraulica ? Quali le tecniche utilizzate e quali 
gli effetti che produce sull’ambiente ?
Come operano le multinazionali del saccheggio ? Cos’è il Plan I.I.R.S.A. 
? Quali le resistenze attive e le sue forme ?
Alcune importanti risposte in questa intervista con un compagno 
attivo nella lotta di resistenza al fracking in Patagonia



ascolta il contributo:


http://www.radiocane.info/il-saccheggio-della-terra-promessa-patagonia-fracking/

ANAGRAFE DI FORLI' MINACCIA DI TOGLIERE LA RESIDENZA AD UN COMPAGNO

RICEVIAMO E DIFFONDIAMO:

Forlì: Avanza sempre più il moderno fascismo: l'Anagrafe di Forlì 

minaccia di togliere residenza ad un compagno!

SIAMO ALL’ASSURDO: UN FOGLIO DI VIA DA FORLI’ PER UN RESIDENTE NELLO 
STESSO COMUNE!

Il giorno 19 luglio, dall'Anagrafe del Comune di Forlì, ho ricevuto una 
comunicazione cartacea "relativa al possibile annullamento della sua 
dichiarazione di residenza", poiché secondo la responsabile del 
procedimento - D.ssa Noemi Masotti, che è anche la dirigente 
dell'Anagrafe - "la Sua presenza nel territorio del Comune di Forlì 
risulta essere in contrasto con il provvedimento di Divieto di Ritorno 
emesso dal Questore in data 13 maggio 2013". Ovviamente si riferiscono 
ad un procedimento di Foglio di Via nei miei riguardi, notificatomi però 
solamente l’1 luglio scorso. Il comunicato si conclude invitandomi, 
entro 10 giorni, a presentare "elementi utili alla positiva conclusione 
del procedimento di iscrizione anagrafica", ricordando che "in caso di 
esito negativo dell'istruttoria si procederà al ripristino della 
precedente posizione anagrafica ed alla segnalazione all'autorità di 
pubblica sicurezza".

Ora, questo comunicato dimostra in maniera inequivocabile il grado di 
sudditanza psicologica e materiale dell'Anagrafe comunale ai voleri 
della polizia, alla faccia dei tanti bei discorsi democratici sul 
servizio al cittadino, sventolati come un mantra dai politici e dai 
sindaci di turno per conquistarsi il consenso ed i voti. Come ai tempi 
del fascismo, in cui i solerti burocrati delle anagrafi italiane 
compilavano le liste degli ebrei da inviare ai campi di concentramento 
rendendosi responsabili dei massacri compiuti dai nazifascisti, anche 
oggi i moderni burocrati comunali si distinguono per una solerte e 
complice connivenza con gli uffici di polizia, andando al di là dei loro 
compiti e anche delle loro stesse leggi.

Vi è da evidenziare che con il comunicato in cui si rende nota 
l’intenzione di revocarmi la residenza si tende a ribaltare il concetto 
per cui non è il Foglio di Via ad essere illegittimo poiché notificatomi 
solamente il 1 luglio quando la residenza effettiva mi è stata 
registrata, si badi bene, fin dal 6 giugno (quindi quasi un mese prima!) 
ma è la residenza stessa, incredibilmente e assurdamente, che sarebbe in 
contrasto con il provvedimento del Questore.
Giova ricordare che il Foglio di Via non può in nessun caso essere 
notificato a chi possiede la residenza nel comune dal quale lo si vuole 
allontanare. La normativa che regola le misure di prevenzione, a cui il 
provvedimento di rimpatrio appartiene, dice infatti che il foglio di via 
"E‘ applicabile ai soggetti che si trovano fuori dal luogo di 
residenza". E, sempre secondo la loro legge, la sua validità, come 
qualsiasi altro atto, inizia a decorrere dalla notifica all’interessato 
e mai prima.
Con le semplificazioni normative del D.L.5/2012 il cambio di residenza 
avviene in tempo reale ed è effettivo dopo soli due giorni dalla domanda 
di iscrizione all'Anagrafe del Comune. Ne risulta che dal 6 giugno, a 
tutti gli effetti, anche se vi risiedevo da diverso tempo prima, la mia 
dimora abituale, nella quale convivo fra l’altro con la mia compagna, si 
trova in modo incontrovertibile nel territorio di Forlì, questo tra 
l'altro sancito pure dalla visita della polizia municipale che ha 
eseguito un controllo nelle mia abitazione di Forlì nella mattinata del 
1 luglio 2013.
E' il Foglio di via, dunque, ad essere totalmente illegittimo e non la 
mia dichiarazione di residenza, dato che alla domanda di iscrizione 
anagrafica non ero ancora stato colpito da tale provvedimento. Proprio 
per questo pende al Tribunale Amministrativo Regionale dell'Emilia 
Romagna la richiesta di annullamento previa sospensione dell'illegittimo 
foglio di via emesso dal Questore.

La cosa più assurda fu che, pur essendo a conoscenza da circa un mese 
della mia nuova residenza, la mattinata del 1 luglio la Questura, 
tramite un suo responsabile, si presentò nella mia abitazione a Forlì 
assieme ai vigili che dovevano eseguire il controllo, nella quale 
circostanza l’incaricato di Questura mi notificò il Foglio di via. 
L'operatore della Questura, una volta appurato che io risiedevo a Forlì 
dal 6 giugno, avrebbe dovuto astenersi dal notificarmi l'atto ma 
sappiamo che genere di carogne siano e certo non ci si poteva aspettare 
altrimenti. Vi è da rilevare comunque la stranezza di questa operazione, 
che ancora una volta non può che dimostrare l’alto livello di 
interconnessioni tra operatori del Comune e quelli della Questura.

E' del tutto palese che la dirigente dell'Anagrafe, con il comunicato 
indirizzatomi in cui si rende nota l’intenzione di revocarmi la 
residenza, abbia certamente voluto rendere un favore personale alla 
Questura, che evidentemente vuole a tutti i costi che la mia persona 
venga allontanata dal Comune forlivese per fatti eminentemente politici, 
dato che nelle motivazioni del Foglio di via si parla solamente della 
partecipazione a manifestazioni antifasciste e in difesa degli spazi 
sociali autogestiti. Una repressione politica che non colpisce solo me, 
dato che negli ultimi mesi sono stati emessi a Forlì altri 3 fogli di 
via, 3 avvisi orali e ben 51 avvisi di garanzia.

In Piazzetta della Misura n. 5, sede dell’Anagrafe del Comune di Forlì, 
evidentemente c’è qualcuno a cui piace giocare sporco. Ma non si intende 
restare in silenzio rispetto a questi fatti, poiché solo dietro silenzio 
si perpetrano carognate come queste.

A.T.

REALTA' MANIPOLATE: QUANDO I/LE NO TAV DIVENTANO TERRORISTE/I - SUGLI ULTIMI RIGURGITI REPRESSIVI



Ancora una volta, questa mattina all’alba, Digos e Magistratura hanno fatto la loro comparsa nelle case di alcune e alcuni attivisti No Tav in Valle e a Torino. Decine le perquisizioni e sequestro di portatili e telefoni. I pm che promuovono l’ennesima operazione “spettacolare” quanto infondata contro il movimento No Tav, mettono in campo l’articolo 280 che indica “l’attentato con finalità terroristica e di eversione” e i reati contestati farebbero riferimento alla sera del 10 luglio, quando, tra molte altre iniziative, si verificò anche un’iniziativa al cantiere di Chiomonte con taglio di reti. Ancora una volta gli enormi interessi del profitto rispetto a quest’opera inutile e devastante e una magistratura sempre tesa a dividere i “buoni” dai “cattivi” non fanno che confermare il vuoto politico istituzionale rispetto al movimento. Movimento che invece è ogni giorno più forte con i suoi contenuti e le sue ragioni per opporsi e constrastare questa assurda grande opera. Senza contare l’enorme base popolare che da sempre è presente in Valle ma anche su tutto il territorio nazionale e non solo. Per le ore 16 è prevista a Bussoleno la conferenza stampa su quanto accaduto questa mattina all’alba. Radio Blackout nel corso della giornata continuerà a dare aggiornamenti.

24 luglio 2013

DALLA VALLE ALLA METROPOLI UN VENTO DI LIBERTA'

 
due notti di rivolta al C.I.E. di Torino
DALLA VALLE ALLA METROPOLI UN VENTO DI LIBERTA'

Insieme agli arrestati no tav e agli ultimi sabotaggi ai mezzi delle ditte che collaborano al cantiere, un saluto caloroso va all’ennesima rivolta con tentativo di evasione di massa (evasione riuscita per un solo recluso) che nelle due notti passate (domenica e lunedi) ha provocato grossi danni nelle strutture del CIE di Torino (compresa l’area bianca recentemente ristrutturata con tavoli e altri arredi definiti “a prova di sommossa”!). 
Cogliamo l'occasione di questo evento per fare un breve punto sulla situazione dei lager per migranti sul territorio italiano.
Si può dire che grazie alla lotta incessante dentro i Centri, soprattutto in concomitanza con la primavera nordafricana del 2011, il piano ipotizzato nei ultimi anni dal governo PdL-Lega, ovvero istituire un CIE in ogni regione, sia naufragato miseramente.
Negli ultimi due anni, quello del governo tecnico (2012) e ora quello del governo di larghe intese, la sensazione è che una sempre maggiore parte dell’opinione pubblica sia consapevole dell’ingiustizia di questo sistema e della necessità dell’abolizione dei CIE. Per contro il Ministero dell’Interno, che è il diretto emanatore e gestore di queste strutture, da una parte continua a ritenere i CIE un cardine fondamentale della politica restrittiva sull’immigrazione, dall’altra si trova a dover fare i conti con i problemi di bilancio legati alla spending review, cioè all’impossibilità di spendere con la stessa noncuranza di prima tutti i milioni di euro che servono per oliare e lucrare sulla macchina delle espulsioni. Il brusco calo della diaria giornaliera pagata agli enti gestori (oggi mediamente tra i 30 e i 40 euro al giorno a recluso) ha ulteriormente peggiorato le condizioni di vita all’interno dei centri facendo da scintilla per ulteriori rivolte.
Per venire alle novità operative, nel marzo 2012 è stato riaperto il CIE di Caltanissetta, dopo due anni e mezzo di chiusura per danni. Nel maggio 2012 ha chiuso lo “storico” CIE di Trapani, il "Serraino Vulpitta" (dal luglio 2011 esiste un altro CIE a trapani, in località Milo), nel giugno e nel settembre dello stesso anno hanno chiuso rispettivamente Brindisi e Lamezia Terme.
Il ministero dell’interno nel frattempo ha stanziato i fondi per la costruzione di due nuovi CIE, uno a S.Maria Capua Vetere, in Campania (200 posti) e uno a Palazzo S.Gervasio, in Basilicata (150 posti), anche se i lavori per ora non risultano essere ancora partiti.
A marzo 2013 è stato chiuso il CIE di Bologna, ufficialmente per lavori di ristrutturazione. Ma dietro c’è l’impossibilità a far fronte ai costi di gestione dal momento che il consorzio Oasi che ha recentemente vinto l’appalto di gestione non ha quasi mai pagato i suoi dipendenti.
Una situazione simile si sta verificando a Modena dove la recente rivolta della notte tra il 18 e il 19 luglio 2013 (9 arrestati) ha ridotto il centro in condizioni fatiscenti. Persino la CGIL, pur sostenendo lo sciopero dei dipendenti-aguzzini del consorzio Oasi in programma dal 23 al 28 luglio, si sta pronunciando per la chiusura della struttura.
Così, mentre a giugno 2011, in piena emergenza Nordafrica, i CIE operativi sul piano nazionale erano arrivati ad essere una quindicina, attualmente risultano essere 9, che possono detenere in teoria circa 1500 persone ma la cui capienza effettiva è ulteriormente ridotta dai ripetuti danneggiamenti causati dai detenuti.
Le strutture attualmente operative quindi sono: TORINO, MILANO, GRADISCA D’ISONZO, MODENA, ROMA, BARI, CALTANISSETTA, CROTONE, TRAPANI MILO.
Oltre a queste 9 strutture bisogna tenere presente che molte di quelle indicate come Centri di Prima Accoglienza (ad esempio Elmas in Sardegna, Pozzallo in Sicilia, la stessa Lampedusa) in realtà spesso vengono usate anch’esse come veri e prorpi CIE, anche se essendo sottoposte direttamente alla pressione degli sbarchi incessanti sulle coste non riescono certo a compensare le falle esistenti nel sistema dei CIE posti sul territorio peninsulare.
In conclusione è da sottolineare che le necessità di “spending review” che stanno contribuendo a mettere in discussione il sistema dei CIE possono essere dovute, oltre che alle ripetute rivolte dei reclusi, ai costi sempre più alti di gestione che il ministero degli interni deve affrontare in altre situazioni di conflitto come il cantiere dell’Alta Velocità in Val Susa. In questo senso ogni attacco al cantiere come ogni sollevazione dentro un lager per migranti sono piccole crepe in più in quell’unico grande muro che opprime la nostra libertà e che a furia di colpire quando meno ce l’aspettiamo potrebbe davvero crollare.
 
SOLIDARIETA’ AGLI ARRESTATI NO TAV!
SOLIDARIETA’ AI RIBELLI NEI CIE! DEMOLIRE I LAGER!  

FUORI DAL CARCERE I COMPAGNI NO*TAV ARRESTATI



Usciranno tutti dal carcere delle Vallette i 7 attivisti No Tav arrestati venerdì notte durante la passeggiata notturna in Clarea, 6 staranno ai domiciliari mentre Gabriele, giovane milanese, avrà  l’obbligo di dimora nel comune di residenza.
Nonostante la loro scarcerazione sia un chiaro colpo alla Procura Torinese che sperava per i nostri una lunga detenzione in carcere (e si sono molto impegnati affinché fosse così), i giornali locali asserviti ai potenti di turno gridano vittoria, propagandando sempre la stessa ricostruzione dei fatti che sappiamo non essere vera. Non ci sorprende visto che già da venerdì sera, quindi prima ancora che ci fossero gli arresti, giornalisti embedded anticipavano l’epilogo che poi la passeggiata avrebbe avuto…
Forti della nostra verità non possiamo che essere parzialmente sollevati dal fatto che  i No Tav non dovranno passarsi l’estate nel carcere fatiscente e sovrappopolato delle Vallette, rimane però la determinazione nel portare avanti una campagna affinché tutte le misure cautelari vengano sospese al più presto.
In attesa di avere più informazioni rispetto ad eventuali restrizioni, sappiamo che almeno ora potranno farsi curare come si deve dalle ferite che le forze di polizia, in maniera criminale, hanno procurato a loro e a molti altri no Tav.
In solidarietà a Ennio, Gabriele, Matthias, Piero, Alberto, Luke e Marcello,  a Marta e a Mattia e a tutti i feriti di venerdì notte, rinnoviamo l’appuntamento per la fiaccolata di stasera a Susa.
Seguiranno aggiornamenti…

21 luglio 2013

GENOVA-LABORATORIO A LUNGO TERMINE DELLA REPRESSIONE: JAM SESSION E DIBATTITO A BERGAMO


2001-2013: Genova. Laboratorio a lungo termine della repressione.
Il G8 Ë un vertice internazionale che raduna i capi delle grandi potenze mondiali, col fine di decidere il destino del progresso globale, muovendo i fili di scienza, potenze economiche e politiche a scapito di Terre, popolazioni e animali non-umani.
Nel 2001 questo summit si Ë tenuto a Genova, laboratorio di tecniche repressive utilizzate tutt'ora contro i movimenti di protesta e di rivolta.
Lo si Ë visto in quei tre giorni del 2001, quando durante le proteste venne ammazzato dai carabinieri Carlo Giuliani.
Lo si vede oggi, con le decine di anni di carcere a cui sono stat∞ condannat∞ i/le compagn∞ il cui cuore ardeva durante le rivolte nelle strade genovesi.
Noi non dimentichiamo, noi sappiamo chi sono i responsabili: in primis il regime capitalista con i suoi vertici internazionale, G8, G20, Unione Europea, ecc, che creano una realt‡ di guerra tra poveri; per secondo lo Stato, che, schiavo naturale del capitale e del potere, ha supportato tutto ciÚ e continua a farlo sulle spalle di tutt∞ noi.


RESISTERE ED ATTACCARE IL CANTIERE TAV-STATO-MAFIA: LIBERTA' IMMEDIATA PER GLI/LE ARRESTAT*


Riportiamo qui di seguito un articolo tratto da notav.info riguardante la notte di lotta no tav e gli arresti e i pestaggi che ne sono conseguiti. La nostra solidarietà, e complicità, va ai/lle compagn* che, con la notte dalla loro parte, sono riuscit* a resistere e ad attaccare un'altra volta il tentacolo statale mafia-cantiere-polizia.
Libertà immediata per i No*Tav!

Una violenza preannunciata quella della Questura che ieri sera, non appena è partita la passeggiata notturna da Giaglione, già emanava farneticanti comunicati paventando lo spauracchio del black block travisato tra i manifestanti valligiani.
Una violenza preordinata quella delle forze dell’ordine, che caricano  con la celere i No Tav ancora distanti dalle reti e completamente a freddo. Lo fanno all’interno di un sentiero di montagna strettissimo e pericoloso dove la gente cade, viene calpestata e poi ferita, ripetutamente, dai manganelli di ordinanza e inseguita addirittura nei boschi (già affumicati dai fumi illegali sparati dalla polizia). Da segnalare all’interno del cantiere la presenza dei due mastini della procura che hanno l’ossessione dei No Tav, Padalino e Rinaudo, erano li per caso oppure già sapevano che avrebbero fatto degli arresti?
Ci sono molti anziani tra i più di cinquecento manifestanti, sono loro i primi a non farcela a scappare e gruppi di più giovani provano a frapporsi: tra di loro troviamo i 7 arrestati di cui la Questura di Torino, per mano del vendicativo Petronzi, si vanta.
Ennio, Luke, Matthias, Piero, Marcello, Gabriele e Alberto sono i sette arrestati di questa notte di violenza, notte in cui il movimento No Tav ha dimostrato una volta in più cosa vuol dire lottare e resistere tutti insieme, anche nei momenti difficili.
La presenza delle forze dell’ordine all’interno del cantiere è quella delle grandi, anzi grandissime occasioni, con numerosi mezzi e uomini a disposizione degli esaltati questurini. Come scritti poc’anzi, li troviamo subito fuori dalle reti e la loro intenzione è chiara: vogliono picchiare e fare male.
Ci riusciranno perché oggi contiamo 63 feriti tra i No Tav, escludendo da questo conto le semplici contusioni e intossicazioni da gas lacrimogeni che oramai non fanno più testo.
Oggi alle 15.00 al presidio internazionale di Susa il Movimento No Tav ha denunciato con forza, attraverso una conferenza stampa, la notte appena trascorsa.
Parole di rabbia verso chi si è macchiato dei reati più infamanti, come nel caso di Marta compagna Pisana rilasciata in mattinata che, catturata con gli altri, mentre veniva brutalmente pestata è stata molestata, sessualmente, dai celerini.
C’è anche il caso di Mattia, ragazzo 17enne che per due ore è stato picchiato dalla polizia ed è tornato in presidio solo nel tardo pomeriggio, per lui come per Marta un denuncia a piede libero ma nessun arresto.
Stiamo raccogliendo racconti e testimonianze di questa notte, ma ciò che è importante sottolineare è che il movimento ha dimostrato una volta di più che anche in una situazione difficile si diventa un’unica forza, compatta, in grado di resistere e anche di contrattaccare.
La Questura questa volta si è tolta il dente avvelenato e noi, consapevoli di aver di nuovo visto la vera faccia del potere, o meglio di chi lo serve, ci stringiamo attorno agli arrestati, rilanciando a  tutte le iniziative che già da stasera animeranno quest’estate di lotta in Valsusa.
La lotta No Tav non si arresta!
Liberi tutti, liberi subito!

GENOVA: ESISTIAMO QUINDI RESISTIAMO


riceviamo e diffondiamo un testo distribuito durante il presidio in vista delle due udienze di riesame per l'applicazione di una serie di misure cautelari a Genova:


ESISTIAMO E QUINDI RESISTIAMO

Per essersi opposti allo sgombero di una casa occupata piuttosto che all’esproprio di un terreno coltivato, per essersi difesi della polizia che caricava studenti o lavoratori, per aver espresso solidarietà e rabbia, oggi non si rischia più solo una condanna da parte dei tribunali, ma si viene sottoposti a “misure preventive” che, passando per l’obbligo di una o più firme quotidiane presso i commissariati, arrivano fino agli arresti domiciliari. La “prevenzione” del radica(lizza)rsi della lotta sembra essere diventata una pratica nazionale, come appare evidente dalle denunce e conseguenti misure, a carico di studenti e non solo, di Milano, Padova, Torino e Livorno, dai continui fogli di via della Val di Susa e dai continui ricatti di cassintegrazione che vengono posti in essere sul mondo del lavoro nel momento in cui una lotta inizia a delinearsi.
Genova in tutto questo non è un’eccezione. Dal dicembre 2012, 11 compagni sono stati sottoposti a diverse misure cautelari (dagli arresti domiciliari all’obbligo di presentarsi in questura una o più volte al giorno) per losgombero della casa occupata Giustiniani 19 del 7 agosto dello stesso anno.
Tali misure sono state loro imposte non in quanto “sanzione” di presunti reati commessi, ma come “prevenzione” di presunti reati ancora da compiersi: si tratta, infatti, di misure cautelari preventive, disposte per “sorvegliare e punire” coloro che dimostrano di avere un comportamento che non può essere “corretto” altrimenti, come viene affermato dai giudici stessi. 
Il 18 e 19 luglio il Tribunale del Riesame di Genova è chiamato a pronunciarsi per l’ennesima volta su queste misure,
dopo che la Cassazione ha provveduto a dichiarare l’illegittimità di quello che è stato da noi definito il DASPO politico. Ogni giorno è sempre più chiaro, come lo stato democratico pretende di regolare la vita sociale: sempre più misure repressive e sempre più presenza di polizia. E se in un periodo di relativa pace sociale, l’attenzione repressiva sembrava confinata ad una sfera limitata di attivisti ora che il fermento sociale sta prendendo una forma più definita, lo stato inizia ad estendere questo comportamento a porzioni sociali più ampie, con il chiaro intento di sconfiggere definitivamente ogni possibilità di resistergli e di stroncare chi prova a farlo. 
Non ci sono soluzioni facili a tutto questo, ma crediamo che una risposta alle diverse manovre repressive sia quella di continuare ad opporsi al progressivo incedere dei meccanismi di sfruttamento lottando in prima persona, costruendo reti di relazioni e lotta, diffondendo anche la consapevolezza che carcere e repressione sono gli spauracchi che sempre ci verranno agitati davanti. Occorre imparare a difendersi e praticare la solidarietà. Occorre immaginare come costruire momenti di rottura e percorsi di liberazione, condividerli, estenderli, generalizzarli. Percorsi dove tutti ed ognuno, in autonomia e libertà, possano trovare il proprio spazio e dare il proprio contributo.

Solidarietà a tutti gli inquisiti.
Liberare tutti… e vincere.

Rete genovese contro la repressione

RIVOLTA NEL CIE DI MODENA: 70 MILA EURO DI DANNI E 9 ARRESTI


Apprendiamo e pubblichiamo, a malavoglia, un articolo apparso sui media di stato modenesi riguardante la recente rivolta nel cie di modena:

“Ancora una volta la città senza Polizia a causa dell’ennesima rivolta al C.I.E conclusasi con circa 70 mila euro di danni e 9 arrestati”. A denunciare il nuovo inquietante episodio e a chiedere pubblicamente alle autorità locali e nazionali di intervenire per risolvere questo annosos problema sono gli uomini del sindacato di polizia Siulp. I fatti la scorsa notte. “Ancora una volta migliaia di soldi dei contribuenti gettati al vento. Con gli stessi soldi quanto carburante o auto si potevano comprare? – spiega il Siulp – Mentre tutti gli equipaggi delle forze di Polizia venivano impiegati al C.I.E. per sedare lasommossa, un violento furto da 40mila euro veniva perpetrato da persone incappucciate ed armate in città, senza che alcuno potesse intervenire per arrestare i delinquenti, con evidenti estremi segnali di pericolo per gli operatori (ricordiamo che erano attive solo 2 Volanti) presenti sul territorio”. E ancora il siulp rincara la dose :”Ancora una volta appartenenti alle forze dell’ordine sovraesposti al rischio e cittadini senza difesa da parte dello Stato, a causa di un Cie, mal gestito, peggio organizzato ed oramai fatiscente. Un ente gestore notoriamente inadeguato al compito continua imperturbabile nella conduzione della struttura nonostante le polemiche, le indagini, le contestazioni. Talmente tante che qualsiasi persona di onesta e di buon senso avrebbe già rinunciato, ammettendo il proprio fallimento, prima dell’inevitabile crollo finale e discredito pubblico. Per ogni carenza di gestione, pagano il pegno gli addetti alle forze di Polizia che devono personalmente esporsi in opera di supplenza rispetto alle inadempienze dell’ente. Persino nella distribuzione dei pasti e nella gestione delle criticità sociali e dei problemi di convivenza Pagano il pegno anche i trattenuti che, già privi della libertà e prossimi al rimpatrio, sopravvivono nell’edificio ai limiti della decenza e della dignità umana, sfogando la loro rabbia sulla struttura, sugli operatori di polizia ma anche sugli operatori sanitari e socio assistenziali ivi impiegati”.

Fonte

INVITO ALLA DISCUSSIONE SU CARCERE E REPRESSIONE AL FESTIVAL SLAVINA PUNK HC



Riceviamo e diffondiamo questo invito all'assemblea anticarceraria che si terrà all'interno della due giorni Slavina Punkhardcore

Carcere, repressione, lotte dei detenuti. Invito all'assemblea di sabato 27 luglio.

Abbiamo scelto di approfittare del sabato pomeriggio della due giorni benefit detenuti Slavina Punkhardcore per confrontarci con compagni e compagne che si muovono sul terreno delle lotte anticarcerarie, del contrasto alla repressione e della solidarietà ai detenuti. L'intenzione è quella di prenderci del tempo in cui discutere senza urgenze organizzative, con la volontà piuttosto di analizzare i punti di forza e le criticità delle mobilitazioni dell'ultimo periodo (la solidarietà con i processati per i fatti del 15 ottobre, il supporto ai detenuti in lotta nelle carceri di Tolmezzo, Saluzzo e Terni, la mobilitazione contro il 41bis, i recenti scioperi a Buoncammino e Viterbo...) e dei percorsi portati avanti dalle singole realtà, ma soprattutto di affrontare alcune questioni che riteniamo essenziali in vista delle occasioni di lotta che si presenteranno dopo l'estate. Come essere adeguati nel dare sostegno esterno alle mobilitazioni intraprese dai detenuti? Come non limitarci ad essere meramente "reattivi" rispetto a ciò che succede all' interno, ma sapere invece prendere l'iniziativa contro il carcere e le sue articolazioni sul territorio anche in assenza di lotte portate avanti dai prigionieri? Se la forma del presidio sotto le mura si rivela utile ma parziale e limitata, quali altre forme possono rendere più efficace la nostra solidarietà ai detenuti? In quali altri ambiti portare la critica del carcere? Ancora, ci interessa confrontarci su alcune ipotesi pratiche che potrebbero aumentare la nostra conoscenza dell'apparato carcerario e quindi l'incisività del nostro intervento: una proposta potrebbe essere quella di una mappatura delle ditte coinvolte nella gestione del carcere e delle istituzioni responsabili dell'amministrazione delle pene. Fornitura di vitto e sopravvitto, lavanderia, manutenzione, cooperative ed enti che sfruttano il lavoro dei detenuti, ditte dell'edilizia coinvolte nella costruzione delle nuove carceri e nell'ampliamento di quelle esistenti, sedi del DAP e dei magistrati di sorveglianza: questi potrebbero essere alcuni degli "ambiti" da esplorare per avere un'idea più precisa del funzionamento del carcere e della sfera di interessi economici ad esso collegati. Ogni realtà potrebbe occuparsi di "censire" le aziende presenti sul proprio territorio, coinvolte nell'attività del carcere locale o magari presenti anche in altre zone. Condividere e far circolare queste informazioni sarebbe già un primo passo per far sentire un po' di fiato sul collo ad aguzzini e sfruttatori. In questo senso, l'opuscolo dei compagni di Cordatesa sul carcere di Monza costituisce un esempio prezioso. Qualche tempo fa sul mensile anarchico Invece era stata pubblicata la proposta di un bollettino anticarcerario: in che maniera potrebbe diventare effettivamente uno strumento di collegamento tra l'interno e l'esterno e di coordinamento tra detenuti di varie carceri e tra diversi gruppi di compagni attivi nella lotta contro la società carceraria? Queste sono alcune delle questioni che ci stanno a cuore, oltre a voler discutere con un minimo di anticipo delle scadenze di lotta dell'autunno: lo sciopero della fame contro l'ergastolo, la mobilitazione nazionale indetta dal "coordinamento dei detenuti", la ripresa del processo a Maurizio Alfieri e Valerio Crivello, la solidarietà ai processati per il 15 ottobre, i vari processi contro i compagni. Insomma, i temi da trattare non mancano. Meglio affrontarli con anticipo, per non farci trovare impreparati.

anarchici e anarchiche di Trento e Rovereto

18 luglio 2013

NESSUN OSTAGGIO NELLE MANI DELLO STATO

Riportiamo qui di seguito gli aggiornamenti sui due compagni arrestati a Salonicco durante lo sgombero del Nadir Squat a Salonicco.  

Nessun ostaggio nelle mani dello Stato
Il 17 Luglio, alle 10:00, un raduno di solidali abbia avuto luogo presso la corte d’appello di Atene, dove i due anarchici arrestati sono apparsi all’interrogatore, che abbia emesso un ordine di custodia cautelare nei confronti di entrambi. I compagni sono stati trasferiti alle carceri maschili di Koridallos. Sono stati tenuti in carcere in attesa di giudizio con multiple accuse di terrorismo.
In particolare le accuse sono le seguenti:
- Partecipazione ad organizzazione terrorista e preparazione, fornitura e
possesso di materiale esplosivo a favore dell’organizzazione terrorista
(Riguarda la CCF)

- Azione terrorista di tentato omicidio non colposo
- Azione terrorista di esplosione intenzionale con uso di materiale esplosivo che poteva e ha generato allarme a proprietà privata, a persone e strutture di pubblica utilità, oltre a provocare danno ripetutamente ad entrambe.
- Azione terrorista di preparazione, fornitura e possesso di materiale esplosivo e bombe con l’intento di causare allarme a proprietà privata e persone ripetutamente.
- Azione terrorista di incendio dal quale potrebbe risultare pericolo per proprietà private e persone ripetutamente.
- Azione terrorista di danno criminale a proprietà privata realizzato con uno dei mezzi dell’articolo 270 del codice penale in modo ripetuto.
- Istigazione delle azioni 1,2,3,4 (NdT, i quattro attacchi del “Progetto Fenice”).
Inoltre come istigatori per le 4 azioni del progetto “Fenice” sono accusati anche i 10 prigionieri membri della Cospirazione delle Cellule di Fuoco.
SOLIDARIETÀ A TUTTI I COMPAGNI IN OSTAGGIO!
FORZA COMPAGNI
RABBIA E CONSAPEVOLEZZA!

BRUCIARE IL FASCISMO-SULL'ATTACCO ALLA SEDE FASCISTA A MILANO



Apprendiamo dai media locali che intorno alle 4 di mattino del 15 luglio 2013, anonimi antifascisti - segnalati come due incappucciati allontanatisi in bicicletta - hanno rotto un vetro e incendiato la sede di "Lealtà - Azione", covo di camerati in via Govone 35, in zona Mac Mahon a Milano. I vigili del fuoco, allertati da un vicino, hanno domato le fiamme dopo che queste avevano abbrustolito l'interno dei locali. Le forze dell'ordine hanno rinvenuto una bombola di gas da campeggio esplosa, insieme ad alcuni arnesi da scasso.
Fonte

SABATO 20 LUGLIO: PIZZATA & APERITIVO IN SOLIDAERIETA' CON NICOLA E ALFREDO

Riceviamo e diffondiamo:

Sabato 20 Luglio al Bencivenga Occupato (Roma) dalle ore 19 aperitivo e pizza in solidarietá con Alfredo e Nicola.


Il 14 settembre 2012 i due compagni anarchici Nicola Gai e Alfredo Cospito, venivano arrestati con l'accusa di essere gli esecutori del ferimento dell'ad di ansaldo nucleare Roberto Adinolfi, azione rivendicata dal nucleo Olga della federazione anarchica informale/FRI.
Il 5 luglio 2013 si è tenuta a Genova l'udienza preliminare del processo che li vede imputati per 280bis, attentato con finalitá di terrorismo, durante la quale è stato richiesto e fissato il giudizio abbreviato in pubblica udienza per il 30 ottobre, per il quale si conferma l'invito ad una presenza solidale.

Nessun tribunale potrà mai giudicarci, nessuna repressione ci fermerà.
I nostri cuori sono al fianco di tutti i compagni anarchici sequestrati nelle gabbie dello Stato
i nostri cuori battono all'unisono
PER L'AZIONE DIRETTA
PER L'ANARCHIA

Bencivenga occupato, via Bencivenga n15 - Roma