30 dicembre 2013

TEMPO PERSO




Tempo perso


Davanti alla porta dell'officina
l'operaio s'arresta di scatto
il bel tempo l'ha tirato per la giacca
e come egli si volta
e osserva il sole
tutto rosso tutto tondo
sorridente nel suo cielo di piombo e
strizza l'occhio
familiarmente
Su dimmi compagno Sole
forse non trovi
che è piuttosto una coglionata
offrire una simile giornata
a un padrone? 


Jacques Prévert

RICCARDO D'ESTE: LA GUERRA E IL SUO ROVESCIO



Per le edizioni “Anarchismo” è uscito l’opuscolo La guerra e il suo rovescio di Riccardo d’Este nella collana “Opuscoli provvisori” .

Opuscoli provvisori n° 45
2013, pagine 106
euro 4,00
Contro la guerra prima di ogni cosa. Contro la pace, anche, subito dopo, se con la pace deve intendersi la condizione ideale perché lo sfruttamento continui a calpestare i miseri e a ingrassare gli sfruttatori. Quindi per la guerra sociale, per lo scontro a vita e a morte con chi ci soffoca, con quegli inclusi che fanno del proprio essere padroni delle risorse materiali la condizione per tenere gli esclusi nella loro condizione precaria di schiavi, sottoposti al dominio e al controllo. Ma ammettere l’inevitabilità della guerra sociale significa prepararsi ad essa, fare in modo che si concretizzino le condizioni del suo materializzarsi, uscendo dalle ipotesi, più o meno nebulose, passando all’agire che, spezzando l’omologazione coatta del fare quotidiano, ci fa sperimentare la qualità. Le analisi di Riccardo sono non solo ben dette ma anche ben radicate nella realtà, per questo anche oggi mantengono tutta la loro pregnanza. E ciò senza mezze misure, senza contare su di un successo immediato, senza cullarsi nella collaborazione delle cosiddette forze progressiste o nascondersi dietro l’usbergo della masse. Dobbiamo essere noi a considerarci, per primi, responsabili delle nostre azioni. Senza palliativi democratici a farci da guanciale.
Per richiedere copie scrivere a :
Indirizzo email
edizionianarchismo@gmail.com
Posta
Edizioni Anarchismo
c/o A. Medeot
Casella Postale 3431
34128 Trieste

CUNEO: PER FARCELA PAGARE - SULLA SENTENZA DI PRIMO GRADO PER GLI SCONTRI CONTRO LA SEDE DI CASAPOUND

riceviamo e diffondiamo:

Per farcela pagare
Un breve aggiornamento in merito alla sentenza di primo grado del processo per gli scontri in occasione dell’apertura delle sede di Casa Pound a Cuneo. In previsione di produrre, appena possibile, un testo che analizzi gli elementi più interessanti emersi dall’intera vicenda, pensiamo opportuno anticipare alcune considerazioni rispetto alla sentenza in sé, che ricordiamo ha portato alla condanna di tutti e 16 gli imputati a pene che variano da 1 anno (trasformati in 2 anni di libertà vigilata) ai 2 anni e 6 mesi di carcere (altri 3 imputati avevano scelto in udienza preliminare di patteggiare una condanna a 18 mesi e un risarcimento simbolico alle parti lese di poche migliaia di Euro). Pene accompagnate da varie decine di migliaia di Euro tra risarcimenti a sbirri e fascisti e spese processuali. Certo, le pene detentive sono risultate decisamente ridimensionate rispetto a quanto chiesto dal Pm Francesca Nanni: forse anche al collegio giudicante è risultato un po’ esagerato pretendere fino a 7 anni e mezzo di galera per una mezz’oretta di tafferugli, ma non si può dire che ci siano andati leggeri, specialmente in quanto ai risarcimenti, dettaglio di cui vorremmo parlare in questo aggiornamento. Lasciando a parte i risarcimenti con cui le varie divise sperano di arrotondare lo stipendio, pure per l’immagine di Casa Pound i giudici della “Città Culla della Resistenza” hanno ritenuto si debba provvedere con un gruzzolo da 6.500 Euro.

Ora, per estorcerci tutti questi soldi (di cui ancora non abbiamo fatto bene i conti, ma dovrebbero ammontare più o meno a 100.000 Euro), la sentenza ricorre ad una serie di clausole che ci dovrebbero obbligare a sborsare. Ai condannati per cui è possibile la sospensione condizionale della pena, quest’ultima è stata subordinata al pagamento dei risarcimenti entro 90 giorni, per i risarcimenti a sbirri e fasci è stato disposto il pagamento in solido (ciò significa che la parte degli insolventi viene estorta da stipendi, beni mobili ed immobili di chi eventualmente ne dispone) con clausola di “provvisoria esecutorietà”, ovvero da pagare subito, ed infine per gli avvocati delle parti lese e 2 casi di risarcimenti minori è stato disposto il pagamento provvisionale, immediato, di una parte del conto.

Insomma, vogliono proprio farcela pagare, nel vero senso della parola. Poco importa se, secondo i tempi dei loro tribunali, ancora non siamo stati condannati in maniera definitiva visto che del processo si è concluso solo il primo grado… intanto cacciate i denari e poi si vedrà!

Al di là di ogni altra considerazione teorica o pratica che ci riserviamo per il futuro, ci preme con questo aggiornamento mettere in chiaro un paio di cose:

- nessuno, tra noi imputati che abbiamo affrontato il processo rivendicando collettivamente l’importanza di combattere il fascismo, verserà di sua spontanea volontà manco un Euro nelle tasche di tribunali, fasci, divise o loro avvocati;

- per fare fronte alla loro estorsione legalizzata ci organizzeremo personalmente per condividere i disagi di chi sarà oggetto dei pignoramenti, senza chiamare le realtà antifasciste ad impegnarsi in iniziative di raccolta fondi.

Più che per chiedere soldi ci pare l’occasione per chiamare ad opere di bene che animino la lotta contro il fascismo e i suoi seguaci!



Da Cuneo, Città Medaglia d’Oro della Repressione

Alcuni imputati

RESOCONTO DELL'UDIENZA DEL PROCESSO A ANDREA, GABRI E SABBO

riceviamo e diffondiamo:

Anche lo scorso 20 dicembre la senteza del processo che vede coinvolto Sabbo e Gabri ed Io è stata rinviata.

La nuova data scelta dalla giudice Manuela Cortelloni è il 24 febbraio 2014.
E' ormai chiaro, che questa giudice si è eretta alfiere dell' ufficio politico della questura di Modena e con la collaudata prassi del rinvio(questo è il quinto consecutivo) sta facendo in modo che, questa situazione di stallo e le misure cutelari imposteci si possano protrarre a piacimento proprio e della digos.
Oggi, 23 dicembre, è arrivata la risposta alla richiesta, avanzata in udienza dalla difesa, di un mutamento migliorativo delle misure cautelari, per un ennesima volta ci è stata rigettata.

Nei CIE polizia e "assistenti" vari brutalizzano i detenuti con ogni umiliazione possibile, ragazzi si cuciono le labbra pur di avere una prospettiva di libertà, parassiti si diffondono in precarie condizioni sanitarie, si somministrano psico-farmaci per rendere sopportabile la reclusione; tutto questo per far sì che un sistema basato sullo sfruttamento di individui subalterni da parte di pochi privilegiati possa continuare.
La clausola per entrare in Europa è quella di essere servo, infatti solo lavorando si possono avere le carte in regola per poter rimanervi...altrimenti si è criminali e si deve essere espulsi.

Chi lotta contro tutto questo è definito dai giudici un individuo socialmente pericoloso, mentre chi rinchiude e bastona dei poveri, un servitore dello Stato.
Rispedisco al mittente tutte le accuse, i lager di Stato vanno chiusi con ogni mezzo necessario!
L' azione diretta è l'unica pratica che può adottare chi non ha intenzione di scendere a compromessi con i propri sfruttatori.

BASTA CIE, TUTTI e TUTTE LIBERI


Andrea

26 dicembre 2013

RADIOCANE: MALEDETTE CAMPANE, MALEDETTA SESSE - RADIODRAMA METROPOLITANO

Milano, primi anni Novanta. In un quartiere popolare nella periferia nord-ovest, tra spaccio, furtarelli ed espedienti di vario genere, la piccola criminalità non conosce lo “splendore” romantico e mitico dei banditi di grosso calibro. Piuttosto una vita fatta di piccole guerre infami, sotterfugi, intrighi di bassa lega; un’esperienza, ora cruda ora comica, con passioni ordinarie, ma nondimeno intense e sconvolgenti.
Questo radiodramma nasce da un racconto di un nostro compagno, iniziato in carcere e rimasto a lungo incompiuto e chiuso in un cassetto; non un’autobiografia, benché frutto di esperienza vissuta.

Questo contributo è dedicato a Mattia, che ne ha curato la sceneggiatura. A lui, a Chiara, Claudio e Niccolò. In attesa di rivederli al più presto liberi.


ascolta :

http://www.radiocane.info/maledette-campane-maledetta-sesse-radiodramma-metropolitano/ 

BUON NATALE, BASTARDI



Anche quest'anno, con monotona regolarità di calendario e triste preparazione d'inverno, la data del venticinque dicembre è qui come un avvenimento calcolato, conosciuto ed inevitabile, a riscuotere la considerazione insipida dell'ipocrisia convenzionale. La neve ugualmente e desolatamente bianca nelle campagne, e calpestata e sporca nelle vie delle città, stende il suo mantello sulla superficie del mondo, coprendolo d'un gelo immobile che sembra l'espressione tangibile d'una metafora d'inerzia; di nulla e di morte.
Sopra la terra le case si elevano scolorite e silenziose, impiastricciate qua e là di bianco sui mattoni rossi e di bianco ricoperte; mentre gli alberi ergono i propri rami stecchiti e rigidi verso l'alto, quali fantasmi rivestiti e incorniciati di frange bianchicce, quali giganti attoniti ed inutili che un destino ironico obbliga a rimanere in quella posizione eretta, senza perché e senza significato. Infine sopra gli alberi, sopra le case, sopra tutto, il cielo apre il proprio lenzuolo di nubi grigiastre e scialbe, raccorciando il raggio dell'orizzonte, quasi a limitare e contenere lo sguardo di chi cerca qualche cosa di vivente, tra lo specchiarsi e il confondersi dei fantasmi più o meno sudici e più o meno candidi; tra il delinearsi mesto dell'invernale cimitero.
La scena è così completa, preparata, uniforme; e Cristo è giunto su di essa. Oggi, secondo la tradizione che tutti rispettano senza credervi più, il Nazareno è nato per l'ennesima volta; è nato tra la neve che circonda la leggendaria capanna e la paglia che le serve da pavimento; tra la pace profonda dell'universo, il respiro degli animali che riscaldano la culla e il pelligrinaggio lento dei fedeli rispettosi e confusi. A dire il vero, la capanna potrà anche essere una chiesa sontuosa illuminata a luce elettrica e riscaldata a termosifone; il pavimento di paglia potrà anche mutarsi in una distesa elegante di mattonelle smaltate e dipinte; le preghiere umili potranno anche avere l'accompagnamento di un coro esperto o di una orchestra ben istruita; la culla potrà anche esser rappresentata da un altare massiccio rivestito di ninnoli e d'oro. Persino i fedeli saranno probabilmente diversi da quelli di un giorno; e se tra essi i re magi e i pastori mancheranno, non mancherà la gente a modo che frequenta la cattedrale, almeno in questo giorno, sia per abitudine irragionata ed irragionabile, sia per scrupolo di scandalo tra il mondo che impone collettivamente ciò che individualmente si potrebbe e si vorrebbe anche trascurare.
Ma che importa tutto ciò? Il simbolo muta i suoi fedeli, trasforma i suoi riti, arricchisce i suoi splendori, complica le sue cerimonie; si evolve insomma e si nega, ma, come simbolo, rimane. Rimane il mito della povertà umiliante, dell'elemosina accettata, del dio caritatevole, dell'abbassamento volontario; il mito del nulla umano che insegna agli individui a scendere, a supplicare e ad inchinarsi per ottenere da Dio la dovuta pietà. Gli uomini, confinati in questa valle di lacrime da una divina volontà insindacabile; obbligati a soffrirvi da una fatalità di peccato originale, devono cercare di lenire vicendevolmente le proprie pene; devono scambiarsi a vicenda l'aiuto ed il conforto; devono procurare di trarre dal purgatorio passeggero che attraversano in attesa del gran giorno, tutta la gioia possibile, rassegnandosi al male per dimenticarlo; debbono soprattutto amarsi l'un l'altro e rimanere in pace, per non aggiungere i mali della lotta a quelli scatenati dalla collera dell'Onnipotente. E soprattutto, rassegnandosi, amandosi, aiutandosi, accordandosi, debbono rimanere immobili cogli occhi fissi nel cielo infinito e misterioso, invocando, nello slancio della preghiera dolorante, l'abbraccio misericordioso della divinità scendente sino ad essi; debbono votarsi in eterna e servile obbedienza per placarne il corruccio; e, onde rendersi accetti al bacio paradisiaco o fuggire dal pericolo orribile dell'inferno, debbono escogitare ogni mezzo, naturale o artificiale, sincero o ipocrita, per ridursi, per diminuirsi, per negarsi, per diventare infinitamente umili e infinitamente piccoli, in modo da non suscitare le gelosie e da destare la pietà di quell'infinitamente grande che si chiama Dio. Così gli umani, sciogliendosi in una melma informe inzuppata di lacrime e tramutandosi ognuno in una stilla di pianto, potranno ad uno ad uno essere assorbiti da quell'occhio immobile ed incommensurabile che tutto guarda, tutto scruta, tutto conosce, tutto dirige prevedendo, senza commuoversi o turbarsi mai.
 

LETTERA DI MONICA CABALLERO E FRANCISCO SOLAR E TRASFERIMENTO DI MONICA C. ENTRAMBI IN REGIME FIES


Siamo di nuovo qui, tra queste pareti di cemento e sbarre, tra videocamere e carcerieri. Siamo di nuovo qui, senza abbassare il capo e restando orgogliosi di ciò che siamo. Orgogliosi di essere parte della tempesta imprevedibile che cerca di eliminare ogni traccia del Potere che ancora una volta getta la maschera e si mostra per ciò che è, nella sua brutalità e anche, perché no, nella sua debolezza. In questo particolare caso, la collaborazione tra stato cileno e spagnolo, al fine di organizzare il nostro arresto dimostra lo sforzo congiunto per neutralizzare chi viene considerato una minaccia, ma l’importanza che ci danno questi signori del Potere non riflette altro che la loro fragilità. I loro discorsi inconsistenti di sicurezza sono il velo che nasconde il timore di sapere che un evento può affrontare il timore generalizzato. I loro colpi e le loro minacce non fanno altro che rafforzarci nell’affilare le nostre idee e le nostre vite per prendere parte allo scontro permanente.
Salutiamo con un forte abbraccio tutte le dimostrazioni di appoggio, sono un’arma che indebolisce le sbarre. Intendiamo la solidarietà come la continua prova pratica delle nostre idee anarchiche, in ogni forma, che fanno capire al nemico che nulla finisce, che tutto continua in carcere o fuori. Dovunque ci si trovi: non un minuto di silenzio e una vita di lotta. Soprattutto all’immenso gesto solidale dei compagni che hanno utilizzato il loro corpo come armo entrando in sciopero della fame.
Salutiamo chi continua ad essere complice, a chi si avventura verso l’ignoto, a chi viene motivato dall’incertezza, a chi insiste per l’anarchia. A questi tutto il nostro rispetto e affetto. Abbiamo saputo con grande tristezza della morte di Sebastian, ma ci rallegra la sua vita coerente con i suoi ideali: un guerriero a tutto tondo.
Ci piacerebbe stare con i nostri compagni che ora piangono il nostro caduto, ma da qui inviamo loro molta forza e un “ci vediamo presto”.
Mónica Caballero
Francisco Solar

Il 21 Dicembre 2013 la compagna Mónica Caballero è stata nuovamente trasferita, stavolta, dal carcere di Estremera a quello di Brieva (Ávila).
Ricordiamo che la compagna anarchica Mónica, insieme a Francisco Solar, è stata arrestata il 13 Novembre 2013 con l’accusa di partecipazione al Comando Insurrecional Mateo Morral e di aver collocato l’artefatto esplosivo nella cattedrale si Saragoza.
Entrambi sono stati in precedenza assolti nel Caso Bombas. Monica e Francisco sono in regime di FIES.

Solidarietà e affetto sempre in rivolta per Monica e Francisco!




21 dicembre 2013

SERGIO LIBERO!


Apprendiamo che ieri, 20 dicembre 2013, il compagno Sergio Maria Stefani è uscito dal carcere per decorrenza dei termini dopo 18 mesi di custodia preventiva in merito alla cosiddetta Operazione Ardire. Mandiamo tutta la nostra solidarietà e un abbraccio caloroso al compagno, l'ultimo degli accusati ad uscire di prigione. Come gli altri compagni/e rilasciati nei mesi scorsi, è ora sottoposto ad obbligo di dimora e di firma.
Un abbraccio pieno di rabbia e di amore
N*V

MANIFESTO SOLIDALE CON I COMPAGNI NO TAV ARRESTATI

RICEVIAMO E DIFFONDIAMO MANIFESTO SOLIDALE
PER I/LE COMPAGN* NO TAV

21 DICEMBRE: CONCERTI E INIZIATIVA SULLA MAT CON COMPAGNI DALLA CATALUNYA - LAB.ANARCHICO LA*ZONA


riceviamo e diffondiamo: 

SABATO 21 DICEMBRE 013

dalle 16.00
concerto hc con:
MINORANZA DI UNO - hc udine

a seguire:
Incontro informativo e dibattito sulla lotta alla Mat con la presenza di un compagno dalla Catalunya
che ne fa parte attivamente da tempo.

La linea di altissima tensione (MAT) è un'autostrada elettrica che trasporta un minimo di 400.000 volt.
Si sta construendo per congiungere tra essi Stati europei e il continente europeo con quello africano.
Serve per commercializzare e distribuire eccedenti di energia prodotta da centrali nucleari e supposte fonti di energia alternative..

In seguito:
Cena Vegana & concerto con:
NO CHAPPY BOURGEOIS - psychopseudo hip hop genova

ricordiamo inoltre le iniziative che si terranno domani e domenica!
allegati i flyer

@Laboratorio Anarchico LA*ZONA
via bonomelli 9, BG - la.zona@live.it

20 dicembre 2013

AGGIORNAMENTI SUL PROCESSO PER LA DOPPIA RAPINA VELVENTO-KOZANI


Il processo del caso della doppia rapina  a Velvento è iniziato il 29 novembre scorso all’interno del carcere di Koridallos ad Atene. Nella seconda udienza  del 12 dicembre non è stato chiamato nessun testimone. Gli avvocati della difesa non hanno voluto fare nessuna delle obiezioni che di solito vengono presentate  in ‘avvio del procedimento nei casi di anti-terrorismo. La prossima udienza del processo è stata fissata per il 10 gennaio 2014 .
Ricordiamo che Nikos Romanos, Yannis Michailidis, Andreas-Dimitris Bourzoukos e Dimitris Politis, hanno rvendicato politicamente entrambe le rapine, mentre Fivos Harisis e Argyris Ntalios non sono coinvolti negli espropri di Velvendos ma vengono giudicati esclusivamente sulla base di campioni DNA.
Forza a tutti gli anarchici detenuti nelle fauci dello Stato!


Traduzione di RadioAzione

LETTERA DI TASOS THEOFILOU IN OCCASIONE DEL PROCESSO




L’11 novembre 2013 nel Tribunale di Appello situato in via Loukareos, in Atene, dopo un ritardo di cinque mesi, comincia il mio processo. Un processo in cui dovrò affrontare una marea di accuse per la mia presunta appartenenza alla CCF e per la mia presunta partecipazione nella rapina in una banca sull’isola di Paros.
Un processo con obiettivi politici e con abitrarietà legali evidenti, con prove tanto inesistenti quanto fabbricate, e con i fatti distorti dall’Unità Antiterrorista e dai procuratori speciali. Un caso che dimostra in cosa consiste la gestione poliziale-giuridica degli esclusi e di chi resiste orchestrata dai mass-media. Si tratta di un esperimento politico, che combina il deus ex machina* della repressione poliziale, l’aspetto scientifico del DNA e la repressione giudiziaria con l’articolo 187A, la cosiddetta legge antiterrorista.
Da un punto di vista giuridico è importante anche che da un lato non esista neanche un briciolo di prova credibile, ma dall’altro, come conseguenza di questa mancanza di prove o indizi, si sta violando tutto il concetto di presunzione di innocenza. L’accusato è chiamato a dimostrare la sua innocenza e non il tribunale a dimostrare la sua colpevolezza, come dovrebbe essere conforme alle garanzie presumibilmente fornite dalla Giustizia Penale influenzata dall’Illuminismo. Nel mio caso succede qualcosa di ancora peggio. Devo rifiutare le accuse senza avere di fronte alcuna prova tangibile, senza niente più che un ragionamento basato su menzogne e conclusioni arbitrarie riguardanti il mio “stile di vita”, e non alcune azioni specifiche.
Comunque, a parte la dimensione giudiziaia, c’è anche quella politica che ha una gran importanza, visto che sorgono molte domande. La più fondamentale di tutte è: perchè l’Unità Antiterrorista anziché la Sicurezza si prende in carico le indagini per una rapina? Semplicemente perchè c’è stato un morto che, naturalmente, era un cittadino. Un’opportunità di prima classe per immischiare l’ambiente anarchico in azioni che non erano dirette contro lo Stato o contro obiettivi capitalisti, ma contro i cittadini. Uno sforzo che è cominciato nel 2009 (?) con la curiosa esplosione di una bomba che ha causato la morte di un giovane immigrato afgano ed è continuata con i tragici avvenimenti della banca Marfin. I mass-media e l’Unità Antiterrorista cercano di convincere che gli anarchici sono un pericolo per chiunque, ma non per il Potere stesso.
Inoltre, è importante vedere cos’è l’Unità Antiterrorista e qual è il suo ruolo. Il suo ruolo, naturalmente, non consiste nel risolvere i casi di rapine e omicidi. Di questo si occupa la Sicurezza. Il ruolo dell’Unità Antiterrorista è liquidare l’ambiente anarchico e qualunque altra comunità di lotta, sempre con il pretesto di “disarticolare” le organizzazioni armate. Così, gli arresti “erronei” non sono il risultato della loro incapacità, ma anzi mostrano la loro capacità di creare un clima di paura e panico tra la gente che lotta. Nella democrazia moderna si suppone che non si perseguano penalmente le idee, ma le azioni. E quando non ci sono azioni criminali, le si inventano. Quindi il 14 agosto 2012 qualche “sconosciuto” chiama l’Unità Antiterrorista “informandoli” che gli autori della rapina a Paros hanno qualcosa a che vedere con il terrorismo e uno di loro ovviamente si chiama Tasos, ha le mie caratteristiche e un indirizzo specifico, cioè vive a casa dei miei genitori.
Il 18 agosto c’è una nuova chiamata telefonica, questa volta che dice loro che sono seduto sugli scalini della stazione della metro Keramikos. E lì mi arrestano. L’Unità Antiterrorista, naturalmente, non ha mai trovato quell’uomo “sconosciuto”.
In questo modo si riempie il posto vacante che l’Antiterrorismo aveva preparato per me già nel dicembre 2010. Il 4 dicembre 2010 arrestarono sei compagni anarchici in un’operazione antiterrorista “impressionante”. Un’operazione che finisce per essere un fiasco, poiché dei 6 arrestati accusati di essere membri dello stesso gruppo, alcuni non si conoscono nemmeno tra di loro, qualcosa che perfino i giudici confermano alcuni mesi dopo, assolvendo due persone da tutte le accuse. E per gli altri quattro, nonostante il trionfalismo dell’allora Ministro di Protezione del Cittadino, Christos Papoutsis, non emerge altro che la possessione di armi, per cui senza tutta una serie di trattamenti alchemici legali non sarebbe possibile aggiungere l’appartenenza alla CCF.
I tre accusati nel caso (Kostas Sakkas, Alexandros Mitrousias e Giorgos Karagiannidis) si prendono la responsabilità per il possesso di armi per l’azione anarchica, mentre l’anarchica Stella Antoniou è nelle mire delle autorità a causa della sua relazione con Kostas Sakkas, ma anche per l’aiuto che ha offerto a Alexandros Mitrousias.
L’Antiterrorismo ovviamente ha saputo che anch’io avevo una relazione di amicizia e da compagni con Kostas Sakkas, con cui dal 2002 sono stato compagno di classe nella facoltà di teologia a Thessaloniki. Più o meno in questo modo è comparsa, nelle loro osservazioni e inseguimenti, una persona, si presume, sconosciuta, che per puro caso ha le mie stesse caratteristiche ed è stata vista in tutta una serie di riunioni, reali o inventate. In realtà questa persona non era loro sconosciuta in assoluto perchè, al momento giusto, hanno lasciato un posto vacante negli atti di accusa. E, considerando le finalità mediatiche, il momento giusto si è prodotto nell’agosto 2012. Naturalmente è impressionante che questa persona “sconosciuta” che non hanno arrestato allora, nel dicembre 2010, perchè non la ritenevano importante, abbiano potuto riconoscerla 2 anni dopo e questo nonostante la sua insignificanza.
L’Unità Antiterrorismo ha deciso di coprire questo posto vacante che aveva riservato per me, e questo nella maniera più contundente, anche se poco credibile. Ha deciso di presentarmi come una persona coinvolta in una rapina che è terminata con un omicidio, basandosi sulle prove del DNA che sono state “trovate” in un cappello che presuntamente avrebbe perso uno dei rapinatori, mentre una serie di sospettose irregolarità, contraddizioni ed omissioni sia riguardo la raccolta di questo DNA sia riguardo al suo esame in laboratorio, indicano che si tratta di una prova inesistente e fabbricata.
Il mio caso non costituisce un’eccezione, è anzi un caso tipico nell’attuale stato di eccezione. E’ chiaro che con la crisi del sistema molte cose sono cambiate a livello economico, politico e sociale. Il Capitale cambia i termini del suo dominio e lo stato di eccezione diventa permanente. Il complesso poliziale-giudiziario ottiene un ruolo più importante, da istituzione complementare si converte in strumento distaccato del Potere.
La repressione penale amplia ed approfondisce il suo ruolo, mantenendosi nel ruolo di unico regolatore e garante della coesione sociale. Nel frattempo il Potere aspira ad ottenere qualunque tipo di consenso sociale attraverso la demonizzazione mediatica e la sanzione penale di chi resiste e degli esclusi, riunendo la parte più conservatrice della società intorno all’ideologia della legalità.
Il totalitarismo capitalista nella sua forma più moderna si articola nell’utilizzo di termini sempre più militari, nell’affrontare un ampio insieme sociale come suo nemico interno potenziale. L’ambiente anarchico e i settori sociali esclusi sono classificati nella stessa cornice, quella dei fattori di destabilizzazione, e trattati con “tolleranza zero”.
Da un lato la polizia con la sua presenza asfissiante ha occupato ogni centimetro dello spazio pubblico, le intercettazioni telefoniche non sorprendono nessuno e le telecamere di vigilanza collocate ogni dieci metri risultano quasi inpercepite. Dall’altro lato gli spazi politici e i settori sociali esclusi lasciano spazio alla gestione penale. Il sequestro di impiegati, l’illegalizzazione degli scioperi, la legge antiterrorista applicata contro i manifestanti, i fatti di Skouries, le occupazioni di scuole, le retate costanti contro gli immigrati “Xenios Zeus”, la repressione contro le donne sieropositive e contro gli zingari. Gli inquisitori dei mezzi di comunicazione, della giustizia e della polizia impongono la legalità come un concetto sacro. Come dogma. La legalità dev’essere realizzata con un fervore religioso, se non con devozione. Come un’orazione che porterà il sacro sviluppo. Le distopie presentate nella letteratura e nel cinema già guardano con stupore la realtà attuale.
La storia non è circolare, ma non è nemmeno una linea dritta. La storia va lì dove la portiamo. E se uno degli estremi, quello dei difensori del totalitarismo capitalista (espresso dalle maniere intimidatorie in cui il primo ministro Samaras si pronuncia in favore del memorandum o da uno sbirro nazi come Michaloliakos), continua a insistere nello spingerla verso l’oscurità più profonda e la barbarie assoluta, l’altro estremo, vale a dire gli anarchici, i comunisti e gli esclusi, nonostante le nostre pur piccole forze dobbiamo spingerla verso la rivoluzione, verso l’emancipazione del proletariato, la liberazione dell’attività umana dall’insieme capitale-lavoro salariato, verso l’anarchia e il comunismo.
Anastasios Theofilou
Carcere di Domokos
4 Novembre 2013

AGGIORNAMENTO SULLA SITUAZIONE DETENTIVA DI CHIARA, NICCOLO', CLAUDIO E MATTIA

riceviamo e diffondiamo:

Aggiornamenti Arresti No Tav del 9 Dicembre


Claudio e Niccolò sono in cella insieme.
Di fronte a loro c'è Mattia, ora in cella con un ragazzo arrestato durante gli scontri in piazza Castello durante i giorni dei blocchi in città.
Sono nel blocco D, prima sezione. Una sezione speciale, protetta.
Hanno un regime che prevede blindi chiusi 24h su 24, due ore d'aria e nessun rapporto con altri detenuti.
Dalle 18 alle 20 fanno socialità tutti e tre insieme.

Chiara è in isolamento. Blindi chiusi. Aria da sola. Nessuna socialità.

La posta è censurata, ritarda 5-6 giorni nell'arrivo in uscita.

Hanno autorizzato i colloqui con tutti coloro che l'hanno richiesto, familiari e compagni.

NON INVIATE FRANCOBOLLI, VENGONO TRATTENUTI AL CASELLARIO E NON CONSEGNATI.

Stanno bene. Hanno sentito saluti e presidi.
Particolarmente entusiasti del rumore e del numero di voci e urla del presidio di sabato.

Per scrivergli:

Chiara Zenobi
Niccolò Blasi
Claudio Alberto
Mattia Zanotti


c.c. via Maria Adelaide Aglietta 35
10151 Torino


FONTE

AZIONI IN SOLIDARIETA' CON I/LE PRIGIONIERI/E NO TAV


RICEVIAMO DA MAIL ANONIME E DIFFONDIAMO:

"PIACENZA - NELLA NOTTE TRA IL 12 e 13 dicembre IMBRATTATA UNA DELLE SEDI ALPINI - SCRITTE CONTRO ALPINI IN UAL SUSA e IN SOLIDARIETA' ai NO TAV ARRESTATI - alcuni notav"


17/12/2013 Toulouse - Oggi una quindicina di solidali hanno bloccato un pedaggio dell'autostrada Tolosa - Parigi (A620) in solidarietà ai compagni arrestati Lunedì 9 dicembre.

Morte allo stato che affama, che distrugge, che ammazza.
Chiara, Claudio, Mattia , Niccolò, liberi subito, ancora al nostro fianco nelle strade, per i sentieri della valle e altrove.A loro va tutto il nostro sostegno.Anarchici e Anarchiche di Toulouse


Apprendiamo dai media locali che nella notte del 17 dicembre è stata imbrattata la sede del Pd in via Forcellini, a Padova.
Ignoti hanno macchiato con vernice rossa l’insegna e la vetrata e hanopoi vergato la scritta sul marciapiede: “Terroristi siete voi. No Tavliberi” seguita dal simbolo di una falce e martello e una stella.

19 dicembre 2013

E' USCITO IL CALENDARIO 2014 BENEFIT PRIGIONIERI/E



"La vita, per noi, è un fiore selvaggio che deve essere colto sull'orlo pauroso d'incommensurabili abissi" Renzo Novatore


E' USCITO IL CALENDARIO 2014 BENEFIT PRIGIONIERI E PRIGIONIERE
Il ricavato andrà a supportare i compagni e le compagne colpiti/e dalla repressione e/o rinchiusi nei lager di stato.
Per richiedere delle copie, per prenotazioni o altro scrivete a:
la.zona@live.it

Laboratorio Anarchico LA*ZONA - via bonomelli 9 Bergamo 

CILE: AGGIORNAMENTI SUI COMPAGNI ARRESTATI PER LA RAPINA A PUDAHUEL


Da ContraInfo
Dopo la rapina (11/12/2013) durante la quale è stato ucciso il compagno anarchico Sebastián Oversluij, si è intensificata la stretta repressiva.
Con l’aiuto dei testimoni la polizia del 26° commissariato avrebbe identificato due dei partecipanti. Sono stati arrestati gli anarchici Alfonso Alvial Sánchez (27 anni) e Hermes González Henríquez (25 anni), trovati in possesso di guanti, parrucche e un revolver a testa. Dopo esser usciti dal commissariato hanno gridato ai giornalisti slogan in ricordo del compagno anarchico caduto durante l’azione.
Il 12 Dicembre 2013 sono state formalizzate le accuse di “rapina con intimidazione” e “porto illegale di arma”. Anche se la procura voleva ottenere una proroga investigativa per approfondire eventuali “vincoli anarchici” e “vincoli col Caso Bombas”. Il tribunale ha rifiutato la richiesta e ha concesso al procuratore Luis Pablo Cortés una proroga di 90 giorni.
Secondo la procura ci sarebbero due fuggitivi, mentre si fanno indagini sulle armi confiscate, sarebbero state rubate a guardie di sicurezza durante rapina nel Gennaio e Marzo 2013.
Attualmente i compagni antiautoritari Hermes e Alfonso sono detenuti nella sezione di massima sicurezza del Carcere di Alta Sicurezza (C.A.S.) di Santiago.

Libertà per tutti/e i/le prigionieri/e rivoluzionari/e anarchici/che!

RADIOCANE: BANDITI - PEZZI DI CITTA' 4


riceviamo e diffondiamo:

bandito s. m. [part. pass. di bandire].
. persona messa al bando dalla legge e spec. allontanata in maniera coatta da un determinata zona, città o regione;
. (non com.) bandolero, (lett.) bravo, brigante, criminale, delinquente, fuorilegge, malvivente, (lett.) masnadiere, (lett.) scherano, malfattore.


ascolta il contributo:


http://www.radiocane.info/banditi-pezzi-di-citta-4/

16 dicembre 2013

PRIGIONI GRECHE: COMPAGNI IN SCIOPERO DELLA FAME E DELLA SETE A KORIDALLOS

Manifestazione anarchica davanti al carcere di Koridallos, nella notte del 14 Dicembre:

Il 13 Dicembre 2013, ad Atene, gli anarchici prigionieri Fivos Harisis, Argyris Ntalios, Giannis Michailidis, Dimitris Politis and Giorgos Karagiannidis hanno iniziato uno sciopero della fame e della sete dopo il loro trasferimento disciplinare per aver aggredito una guardia — la loro lettera aperta:
“Ieri, 12 Dicembre, mentre eravamo nelle nostre celle, il carceriere Giannis Mylonas ci ha parlato in modo arrogante. Oggi, quandogli abbiamo chiesto spiegazioni, ha continuato ad esserlo – pertanto si è preso una piccola parte della violenza che lui esercita giornalmente. L’amministrazione del carcere, volendo mettere alla prova i nostri limiti e la nostra resistenza, ha deciso di dividerci. Al momento, cinque di noi sono in isolamento nella sezione punitiva nel 3° braccio mentre i compagni Giannis Naxakis e Babis Tsilianidis sono stati portati al 4° braccio e il compagno Grigoris Sarafoudis al 5° (non in sezioni punitive).
Siamo decisi a difendere la nostra comunità ad ogni costo, e questa è il nostro pilastro principale in questo marcio mondo carcerario. Non svendiamo la nostra dignità davanti ad alcun servo codardo dell’ordine legale. Cosi da oggi, 13 Dicembre, iniziamo uno sciopero della fame e della sete richiedendo il nostro ritorno e quello dei nostri compagni al 1° braccio. I responsabili di ciò che potrebbe accadere da adesso sono le guardie Vasilis Lambrakis, Giannis Kontopoulos e Nikos Petropoulos; la direttrice Maria Stefi, il procuratore Troupi, e il capo dei servizi sociali Vasso Fragathoula, i quali formano il consiglio direttivo del carcere.
NESSUN PASSO INDIETRO
PS: Il nostro pensiero va ai combattenti prigionieri in sciopero della fame Spyros Stratoulis, Rami Sirianos, Ergün Mustafa e Michalis Ramadanoglou. Forza vagabondi, fino alla vittoria.
Fivos Harisis, Argyris Ntalios, Giannis Michailidis, Dimitris Politis, Giorgos Karagiannidis”
Al momento (15/12/2013) cinque di loro sono in isolamento nella sezione punitiva del 3° braccio di Koridallos, mentre i compagni Babis Tsilianidis, Giannis Naxakis e Grigoris Sarafoudis sono ora in 4° braccio. Tutti e otto stavano prima al 1° braccio di Koridallos, insieme ad altri anarchici prigionieri. L’amministrazione del carcere sta cercando di spezzare la loro comunità.
Inoltre, il 14 Dicembre 2013, Babis Tsilianidis ha iniziato uno sciopero della fame e della sete. Il 15 Dicembre, anche Grigoris Sarafoudis è entrato in sciopero della fame e della sete.
I sette anarchici in sciopero richiedono il loro ritorno e quello dell’altro compagno al 1° braccio del carcere maschile di Koridallos, e mandano un segnale alla lotta in corso degli scioperanti Spyros Stratoulis (al carcere di Larissa), Rami Syrianos (a Domokos), Ergün Mustafa (a Malandrino) e Michalis Ramadanoglou (a Grevena).

FORZA A TUTTI I COMBATTENTI PRIGIONIERI!

FONTE

RESOCONTO DEL PRESIDIO NO TAV AL CARCERE IN SOLIDARIETA' CON CLAUDIO, CHIARA, MATTIA E NICCO.



Decine di agenti in borghese che pattugliano l’area attorno alle Vallette e le principali vie di accesso al carcere, fermando e perquisendo macchine su macchine, trecento celerini (25 sono infatti i blindati che qualche manifestante ha contato) schierati nei tre punti dove solitamente si svolgono i presidi anticarcerari per impedire ai solidali di avvicinarsi troppo alle inferriate. E dietro le inferriate un bell’idrante, che non si sa mai. Questo lo schieramento predisposto dalla Questura di Torino in occasione del presidio in solidarietà con Claudio, Chiara, Mattia e Nicco. Dopo aver creato i mostri da sbattere su tutte le prime pagine, un tale spiegamento di forze doveva servire a proseguire con altri mezzi il lavoro degli scribacchini locali e nazionali: intimorire, dividere il movimento e mettere in un angolo gli arrestati.
Si può tranquillamente dire che anche questa volta l’intento è fallito. Più di trecento i solidali venuti da diverse città italiane e dalla Valsusa per far sentire a Chiara, Claudio, Mattia e Nicco la propria vicinanza. Slogan e petardoni si sono succeduti senza sosta per un’ora davanti al blocco D dove sono chiusi i compagni, poi il presidio si è trasformato in un breve corteo dirigendosi verso la sezione femminile posta dietro l’ingresso principale delle Vallette dove due file di celerini hanno impedito ai solidali di avvicinarsi troppo ai cancelli. I manifestanti dopo una mezz’oretta di slogan si sono spostati nuovamente, dirigendosi verso il pratone che dà sui blocchi B e C, per salutare anche gli altri detenuti. Anche in questo caso però nulla da fare, una folta schiera di celerini blocava infatti anche l’accesso al prato. Il corteo è allora continuato addentrandosi tra le vie del quartiere e spiegando ai tanti affaciati alle finestre il perché di questa manifezione cirondata da caschi blu. Tornati infine al luogo del concentramento il presidio si è sciolto, dandosi appuntamento per domani alle 17 e 30 a Bussoleno per un’altra iniziativa di solidarietà.
Come già accaduto mercoledì scorso, ci saranno nei prossimi giorni altre occasioni, meno annunciate, per salutare più da vicino i compagni arrestati.

14 dicembre 2013

PRESIDIO SOTTO AL CARCERE DELLE VALLETTE IN SOLIDARIETA' A CHIARA, MATTIA, NICCOLO E CLAUDIO

Sabato 14 dicembre 2013 - ore 17.30 - concentramento davanti al capolinea del tram 3

PRESIDIO SOTTO IL CARCERE DELLE VALLETTE IN SOLIDARIETA' CON CHIARA, MATTIA, NICCOLO' E CLAUDIO 


CONTRO GLI ATTACCHI REPRESSIVI ALLA RESISTENZA NO TAV!
IN SOLIDARIETA' CON I COMPAGNI, LA COMPAGNA E TUTTI I PRIGIONIERI!


BERGAMO: OCCUPATA CASCINA A MONTEROSSO - KAP

Bergamo – E’ stata occupata nel pomeriggio di oggi la cascina Ponchia di Monterosso. Si tratta della terza occupazione in poche settimane del gruppo Kollettivo autonomo popolare, che rivendica la necessità di riqualificare spazi e renderli fruibili per la collettività.
La cascina di 781 mq era stata oggetto nel 2009 di un bando comunale per la realizzazione di un progetto di housing sociale. Il bando di gara prevedeva la realizzazione di  5 alloggi a canone calmierato e 4 a canone sociale, uno spazio comune di aggregazione per anziani e spazi dedicati agli orti.
Secondo la giunta Tentorio  gli alloggi sarebbero stati destinati a padri separati in difficoltà economiche, dato che “il sostegno ai padri separati o divorziati, soprattutto quelli con figli, è inserito nelle linee programmatiche di questa amministrazione“. Ma tutto è rimasto sulla carta, i cittadini hanno visto sfumare anche questo progetto e i genitori in difficoltà rimangono tali. Nulla si è concretizzato e la cascina è rimasta nell’identico stato di abbandono.
Poi il cambio di indirizzo da parte dell’amministrazione di centro-destra: la cascina Ponchia è stata inserita tra i beni all’interno del piano di alienazioni, insieme a 186 alloggi di edilizia popolare.
Perfino la Terza Circoscrizione espresse a giugno scorso un unanime dissenso nei confronti della scelta della giunta Tentorio: i consiglieri espressero parere “decisamente contrario” in relazione all’alienazione di cascina Ponchia  perchè la ritiengono “una risorsa potenzialmente utile per il territorio“. Il parere della circoscrizione non scalfì le linee della giunta.
La scelta di svendere parte del patrimonio cittadino non convince molti in città. Casa Suardi era stata stralciata dal piano alienazioni per le pressioni dei comitati, ma in generale la svendita  sembra rispondere a logiche di cassa immediate, impoverendo la collettività di beni importanti, senza preoccuparsi delle prospettive a lungo termine.
Il progetto di riqualificazione della cascina Ponchia sembra però più un escamotage per non perdere i finanziamenti della regione Lombardia. Nel 2012 infatti la Regione stanziò un contributo di 1 milione e 700 mila euro per il recupero del civico 33 di via Quarenghi. La giunta Tentorio, e in particolare l’assessore ai Lavori pubblici Saltarelli, disse però che era stato deciso di realizzare solo 24 alloggi a fronte dei 44 previsti. Ma come fare a non perdere il finanziamento? Spostandolo su un’altra opera. L’assessore D’Aloia dichiarava all’Eco di Bergamo il 2 agosto 2012: “Con questa operazione non perdiamo neanche un euro. Anche in termini di saldo di appartamenti ci guadagnamo. Inoltre, trattandosi di project financing, il Comune dovrà impegnare solo 50 mila euro di oneri di natura fiscale”.
Sarà, ma ad ora questa storia sembra aver preso un’altra piega.

FONTE

SI VA O SI FISCHIA - RIFLETTENDO

«Dove c'è rivoluzione, c'è confusione.
Dove c'è confusione, un uomo che sa ciò che vuole
c'ha tutto da guadagnare»

Davanti ai disordini che in questi giorni hanno turbato molte strade d'Italia, i militanti sono perplessi. Di fronte a questi blocchi, a questi assalti, a questi scontri, messi in atto da chi è distante anni luce da ogni tensione sovversiva, viene subito loro in mente il celebre interrogativo: che fare?
Si va o si fischia? – Magari, si va e si fischia. Anzi no, si fischia e non si va. Mah, e se invece si va, prima si fischia e poi si applaude?
Da una parte, quella del non-si-va, non ci sono dubbi. Questi forconi che si incrociano coi
tricolori, questi manifestanti che applaudono la polizia, questo miscuglio di commercianti impauriti per i loro profitti calanti, di fascisti bramosi di cavalcare la tigre e di ultras con qualche prurito alle mani, tutto ciò non è e non può essere roba nostra. Non confondiamo populismo con popolo, please. Il primo è reazionario e sguaiato, il secondo al massimo è ingenuo e un po' grezzo. Il primo va stroncato, senza esitazioni; il secondo va plasmato, modellato, messo in forma. Non è mica questione di purezza, è adorabile la carne proletaria. Solo che, come massa di manovra da arruolare, meglio prediligere bisognosi disperati, senza arte né parte, che tengono famiglia da difendere. Sono più facili da intortare e da guidare. Ma di questi, che tengono partite Iva e magari pure tessere di becero partito, che farsene? 
Ma anche dall'altra parte, quella del non-si-fischia, non ci sono dubbi. L'olezzo del sudore lavoratore è sempre eccitante, i brontolii dello stomaco sono musica per le orecchie. Quei forconi mobilitano tutta questa gente, riescono a bloccare o a disturbare mezzo paese (cosa che i sovversivi non sono riusciti a fare), impossibile snobbarli. E perché mai, dato che si intona ventiquattr'ore su ventiquattro il mantra delle mani sporche? Non si sostiene, belli come la luce del sole, che fuori dalla ambiguità c'è solo l'identità di gruppi marginali? Se in una valle piemontese vanno bene magistrati, suore e alpini, non ci sono ragioni per cui nel resto d'Italia dovrebbero andare male venditori ambulanti e camionisti. Bisogna farla finita con l'ideologia e mettersi in gioco, buttarsi nella mischia, entrare in competizione coi fascisti, per non lasciare loro la piazza. Alla fine si vedrà chi ha il megafono più grosso!
Quanto a noi, che militanti non siamo, non possiamo fare a meno di notare come sia davvero triste e limitante dividere lo spazio in due, pensare che di fronte ad una situazione – quale essa sia – occorra scegliere fra due alternative secche: la torre d'avorio in cui preservare la propria purezza, o il letamaio dove sporcarsi le mani.
Suvvia, uno sforzo di fantasia. Non lasciamo la Mesa Verde in mano alla finzione cinematografica. Davvero non ci sono altri luoghi nella geografia delle possibilità? 

«E adesso, io?»

[13/12/13] FINIMONDO