30 aprile 2014

ANCORA QUALCHE PAROLA SULLA FALLITA OPERAZIONE GENOVESE "REPLAY"

riceviamo e diffondiamo:

ANCORA QUALCHE PAROLA SULLA FALLITA OPERAZIONE GENOVESE “REPLAY”
VOLUTA DAI ROS E DAL PM MANOTTI IN VISTA DELLA CENA SOLIDALE DI DOMENICA 4 MAGGIO
E’ dal lontano 2005 che i Ros dei CC effettuano indagini per mezzo di intercettazioni,
pedinamenti e quant’altro la tecnologia investigativa permetta – comprese analisi del Dna – su alcuni anarchici genovesi, toscani, emiliani e piemontesi. Le indagini si sono concentrate nelvoler reperire ad ogni costo gli appartenenti ad una ipotetica cellula genovese della F.A.I.
Informale, cercando di dimostrarne la responsabilità nell’organizzazione e realizzazione di
attacchi avvenuti nel nord Italia negli ultimi dieci anni, quasi tutti rivendicati da diverse sigle
F.A.I. Dal procedimento viene fuori l’esistenza di tre indagini diverse (“Kontro”, “Replay”,
“Tortuga”) per associazione sovversiva (art.270bis) e attentato con finalità di terrorismo
(art.280) in concorso per undici persone. Le prime due indagini sarebbero chiuse, mentre
quella denominata Tortuga sarebbe tuttora in corso e riguarderebbe un più vasto numero di
persone. L'inchiesta fa riferimento a praticamente tutti gli attacchi avvenuti nel centro/nord
Italia negli ultimi anni rivendicati dalle varie sigle F.A.I., ma anche ad altre azioni non
rivendicate con questa sigla.
I fatti specifici contestati in questo spezzone di indagine sono:
- gli attentati con ordigni esplosivi alle Stazioni Carabinieri di Genova Prà e Genova Voltri in
data 1.3.2005;
- la fabbricazione e collocazione di due ordigni esplosivi in data 24.10.2005 all’interno del
Parco Ducale di Parma, destinati a colpire la sede del R.I.S. dei Carabinieri;
- l’invio di un plico esplosivo in data 3.11.2005 all'allora Sindaco di Bologna Sergio Cofferati;
- l’attacco incendiario a Genova in data 26/6/2009 ai danni di un automezzo della C.R.I.
(quest'azione non rivendicata come F.A.I.).
Dieci anni di intercettazioni e pedinamenti voluti dall’allora titolare dell’indagine PM Canciani
sono riusciti a produrre tre rifiuti da parte del GIP rispetto alle richieste di custodia cautelare in
carcere per gli undici indagati.
Lo scorso 4 febbraio è avvenuto il secondo rifiuto e la conseguente chiusura delle indagini, ma
il PM Manotti a cui è passata l’inchiesta ha deciso di avere il suo momento di protagonismo ed è quindi ricorso in appello per gli ultimi tre di questi fatti specifici. Il 28 febbraio ci sono state le anomale perquis izioni di fine indagine agli 11 indagati (una eseguita in carcere). Il 24 marzo il tribunale del riesame di Genova ha negato per la terza volta la carcerazione per
l’insussistenza del quadro probatorio.
Nei 21 faldoni e migliaia di pagine di cartaccia che compongono l’inchiesta gli unici elementi indiziari che emergono sono un susseguirsi di informative, tutte ovviamente di matrice Ros: intercettazioni spesso riguardanti momenti di vita quotidiana reinterpretate secondo le finalità repressive e totalmente fuori contesto; pedinamenti inutili; sequestri di materiale che chiunque potrebbe avere in casa; migliaia di euro spesi in attrezzature e consulenze tecniche.
Nell’ambito di questo procedimento, la procura genovese aveva ottenuto di poter eseguire
intercettazioni audio e video ai danni di Alfredo Cospito (attualmente in carcere per l’attacco
all’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi) all’interno della sezione di AS2 del carcere di Alessandria prima e Ferrara poi e di poter eseguire, ovviamente contro la sua volontà, anche il prelievo del Dna con lo scopo di confrontarlo con alcune tracce genetiche che sarebbero state rinvenute sull’ordigno contro il RIS di Parma... il principale collezionista di Dna nostrano. In seguito, dopo una sequela di articoli dei soliti giornali infami che sbandieravano l’avvenuta svolta nelle indagini a seguito della riscontrata compatibilità fra i Dna, a leggere bene tra le
righe, viene fuori che la famosa prova del Dna non ha dato il riscontro desiderato dagli
inquirenti e che oltretutto non è neanche quell’esame incontestabile ed inconfutabile che nei
film polizieschi risolve in un attimo l’intricata trama, ma piuttosto un esame dalla validità
scientifica incerta e il cui risultato si presta spesso ad una tale varietà di interpretazioni da
essere in molti casi considerato non valido neanche ai fini della giurisprudenza. Risulta chiaro, quindi, l’utilizzo più intimidatorio che probatorio di tali raffronti, ripetutamente eseguiti senza
esito e messi agli atti a scopo suggestivo nell’intenzione di condizionare l’esito dei processi,
oltre ad essere evidente l’ esistenza, da parecchi anni ormai, di una banca dati del Dna di
anarchici, rivoluzionari e agitatori sociali sottoposti alle costanti attenzioni degli organi
repressivi.
Malgrado tutto, in buona sostanza, in più di dieci anni di indagini gli inquirenti non sono mai
riusciti a dimostrare nulla.
Nel complesso c’è stato il tentativo da parte del PM Manotti di presentare queste informative in
una mole tale da suscitare in sede di giudizio la suggestione che qualcosa di vero debba pur
esserci e, dall’altro canto, avanzare presso il giudice la necessità di un’interpretazione più
elastica del reato di associazione sovversiva, in quanto legato, nella sua opinione, ad un
retaggio anacronistico in cui le organizzazioni armate/clandestine erano fortemente strutturate.
In questa avvincente kermesse un ruolo da coprotagonisti l’hanno assunto i giornalisti, in
particolare a Genova e Bologna. Un’altra volta ci hanno dimostrato come le inchieste nascano
nelle caserme e nelle questure, ma attraverso i giornali e giornalisti abbiamo la corrispettiva
eco funzionale all’operato degli inquirenti.
Gli articoli comparsi nei giorni successivi alle perquisizioni hanno assolto svariate funzioni,
dare un rilievo spettacolare ad un’inchiesta mediocre creando dei ritratti paradossali e offensivi
delle persone citate, lanciare provocazioni nell’ottica di osservare reazioni e mettere sotto
pressione gli indagati, esibendo a chiunque informazioni sulla loro vita privata e sulle loro più
intime relazioni.
Al di là dei capi d’imputazione e delle persone colpite da questa indagine, la logica di questo
tipo di operazioni è quella di fare terra bruciata nei confronti di chi sostiene e diffonde l’idea
dell’azione diretta e dell’assalto all’esistente al fine di sovvertirlo e di chi si scontra con il
dominio quotidiano sulle nostre vite nell’ottica non di blandirlo democraticamente, ma di
abbatterlo.
Pensiamo che l’unico modo per affrontare queste manovre repressive ed opporsi ad esse sia
quello di non farsi intimorire, non perdere la determinazione delle proprie idee e delle proprie
azioni, praticare e diffondere solidarietà, nei vari modi in cui la tensione individuale e la
fantasia suggeriscono ad ognuno.
ALCUNI INDAGATI E SOLIDALI



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