Siamo malfattori!
Emilio Covelli
«La rivoluzione è l’azione continua di eccitamento e di perpetrazione di ogni specie di reati contro l’ordine pubblico»
(Ai redattori della “Lotta”)
Se la rivoluzione si potesse fare solamente con i programmi, con i discorsi, e con quanto altro si va scribacchiando o cianciando da tanto tempo, è da un pezzetto che sarebbe fatta. Invece «le nazioni non si addottrinano e sortono dalla loro semplicità a furia di libri e giornali, ma progrediscono attuando una serie di fatti terribili e sanguinosi» (Carlo Pisacane, La Rivoluzione).
Per fare la rivoluzione dunque ci vogliono soprattutto uomini d’azione, e gli uomini che agirono rivoluzionariamente furono sempre qualificati per malfattori, cominciando da Gesù crocifisso fra due ladri e finendo ai nostri martiri di Russia che il principe Igniatieff chiama un pugno di banditi.
Se noi non ci contenteremo solamente di pensare e di parlare sulla rivoluzione, se brameremo eziandio farla, non potremo non essere dei malfattori e non fare causa comune con tutti i malfattori.
Per i nostri padroni dal ventre pieno e dal bastone del comando, l’ordine esistente è legge, giustizia e morale. Ma quest’ordine è per noi la più crudele oppressione ed il più spietato sfruttamento; noi non possiamo rispettarlo quest’ordine, dobbiamo combatterlo, contravvenire e rivoltarci ad esso, studiare ed attuare tutti i modi per abbatterlo e distruggerlo per sempre; dunque dobbiamo essere malfattori.
Vi è una minoranza che con la violenza ha perpetrato il più terribile e crudele misfatto, con la violenza le ha dato la sanzione legale e con la violenza ne perpetra ogni giorno il suo rinnovamento in progressione infinitamente moltiplicata. Questa minoranza che ha spogliato la maggioranza di ogni bene e col coltello della fame alla gola continua a sfruttarla e ad opprimerla, ricattandone la sua forza di lavoro per un tozzo di pane tanto più meschino tanto più grande è la fame. Tale è la legge che s’è fatta; concorrere al suo sostegno ed al suo sviluppo chiamano fare il bene; noi non possiamo e non vogliamo sottostarvi; noi vogliamo distruggere questa legge di sangue, dunque dobbiamo fare il male per essa e contro di essa; dobbiamo essere malfattori.
Contrastati dalla nequizia sociale noi ci demmo ad investigare le piaghe del popolo, a formularne le sue aspirazioni, a predicargli la buona novella; l’autorità ci perseguitò, ci imprigionò e ci qualificò per malfattori; siamo dunque malfattori; la legge ce lo impone.
I seguaci di Catilina furono malfattori. I seguaci di Spartaco furono malfattori. I seguaci di Gesù furono malfattori. I contadini rivoltati della Germania furono malfattori. I conquistatori della Bastiglia e gli incendiari dei castelli furono malfattori. I ribelli delle sette giornate di Palermo furono malfattori. I ribelli della Comune furono malfattori. I ribelli di Cartagena e di Alcoy furono malfattori. I nostri fratelli di Russia sono malfattori. E noi, per la fede che ci anima, per il cuore che ci consiglia, per la legge che ci colpisce, noi siamo e dobbiamo essere malfattori.
Chi sono coloro che ci chiamano malfattori?
Noi ne presenteremo due solamente, ma due tipi. L’uno ha rinnegato il sangue dei suoi fratelli che caddero tutti per la libertà, la fede di sua madre che l’Italia chiamò: madre dei Gracchi. L’altro ha tradito la bandiera sotto la quale combatté accanto al nostro precursore Carlo Pisacane.
Ecco gli uomini della legge e del bene. Possiamo noi non essere gli uomini dell’illegalità e del male? Dobbiamo essere malfattori.
A voi, giovani d’Italia, affrettatevi a decidere. Volete rimanere con un passato di menzogne e d’iniquità già putrido e decrepito, o volete essere uomini del vostro tempo con un ideale di verità e di giustizia, di libertà e di eguaglianza? — Decidetevi. «Nessuno può servire due padroni».
Se non volete rimanere con il passato, ma progredire verso l’avvenire; se non volete servire la reazione ma la rivoluzione, rivoltatevi alla legge di oppressione d’oggi ed unitevi a noi per lavorare all’avvenimento della legge naturale di eguaglianza.
Siate malfattori!
[I Malfattori, n. 3, 4 giugno 1881]
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