Stanchi di essere un’isola nell’isola:
Rompiamo il silenzio!
SOLIDALI CON I RECALCITRANTI,
NESSUNA REPRESSIONE POTRA’ DISTRUGGERE CIO’ CHE SIAMO.
«[…]– Giù la maschera. – I tempi sono sempre maturi per togliere l’ingiustizia quando l’ingiustizia esiste. –Attendete
che l’uomo sia rimesso in piedi per rialzarlo? – Allora sarà venuto il
momento di dargli aiuto? – O quando giace? O quando l’aggressore gli sta
sopra? O quando vi chiede soccorso?»
Carlo Cafiero
Cos’è la nostra lotta. Cos’è la nostra vita.
Nell’attuale
regime totalitario democratico, le moltitudini di esclusi, oramai
scaraventati ai margini di questa società globale, sono resi invisibili,
inutili, abbandonati a se stessi perché considerati “scarti”
inevitabili della produzione tecnologica/capitalistica ad alta
specializzazione. Ed altrettanti sono coloro che, sfruttati e oppressi,
in prossimità del baratro, stazionano sospesi e arrancanti alle pendici
del sistema che li cronicizza, li medicalizza e li infantilizza nella
rete oppressiva delle leggi e dell’assistenza-dipendenza a vita
dall’azienda affaristica del “terzo settore”, facendone dei reietti del
ricatto e della miseria, diffidenti gli uni dagli altri, nella contesa
delle briciole.
L’esito
più eclatante di questa incessante altalena delle oscenità economiche,
sociali, morali, culturali, sentimentali ecc. è che, tra servitù coatta e servitù volontaria, la pratica più diffusa, tra sfruttamento e oppressione, diviene la ripartizione in categorie
dell’individuo, spossessato di se stesso e sgretolato tra milioni di
particelle su ciascuna delle quali orde di vampiri parassitano e
ingrassano fino alla sua totale cancellazione.
Così,
sotto il peso dell’autorità, delle religioni, del consumismo sfrenato e
del servilismo ad oltranza, schiere di lavoratori, disoccupati,
migranti ed esclusi di ogni genere rinunciano a battersi, accettano
vilmente di contrattare la propria dignità, e schiavi della propria
ignoranza e del proprio opportunismo, seppur discriminati e umiliati da
un verso, a loro volta riproducono discriminazioni e umiliazioni
continue dall’altro; completamente dipendenti e assuefatti dalla delega,
si sentono addirittura fieri di rivendicare la “libertà dei sudditi” di
poter decidere chi debba esser eletto al governo di turno per decidere;
e avendo interiorizzato a tal punto l’autorità, ad ogni pie’ sospinto
fanno appello alla sedicente sicurezza statale, alle istituzioni, alla
legalità, ai tribunali, agli sbirri, ai magistrati, ai politici, ai
religiosi, agli psichiatri, agli assistenti sociali, al volontariato di
ogni genere ecc., nell’illusoria attesa e speranza di esserereinseriti dal e nel sistema se buttati fuori, o di esservi integrati
se non ancora sistemati. Piuttosto che reagire ribellandosi
violentemente contro i ricatti, le umiliazioni e i soprusi subiti
quotidianamente sulla propria pelle, e contro la devastazione e
l’avvelenamento dei loro territori, elemosinano ai padroni e ai governanti di turno vita in cambio di lavoro e sicurezza in cambio di libertà e,
sotto l’allucinante aspettativa di un’inverosimile “collaborazione di
classe” con i loro oppressori, delegano, oltre che ai politici, agli
stessi padroni e ai capitalisti, il cambiamento delle proprie sorti,
fottendosene, tra l’altro, se concorrono loro stessi, con il loro
sedicente “lavoro” a produrre veleni, bombe, repressione, devastazione e
morte.
Sfrondando
tutte le miserevoli apparenze in cartapesta offerte a buon mercato come
libere panacee di rincoglionimento nei surrogati di stampo
psico-virtuale, e davanti al putrido spettacolo della realtà reale e
alla concreta regressione culturale e morale degli individui e dei
rapporti umani su tutti gli ambiti dell’esistenza, noi non intendiamo in
alcun modo restare inermi.
Oltre
agli inevitabili e profondi mutamenti che si susseguono a getto
continuo nella so-cietà, resa apatica su tutti i fronti, questa
organizzazione di dominio, ha talmente alterato i rapporti sociali, la
cultura e la socialità umana che, in generale, pur parlando ciascuno e
tutti la stessa lingua è come se tra gli individui non ci si volesse o
non si avesse più l’interesse a intendersi e a comprendersi, a
rivoltarsi, a discutere, ad agire in termini autoemancipativi o, ancor
peggio, nessuno sembra più prendere concretamente sul serio alcunché, né
i fatti né i problemi né i discorsi né le persone né le azioni né le
innumerevoli ingiustizie economiche e sociali quotidiane prodotte dalla
macchina del sistema sulla pelle degli individui; come se ciò che accade
e travolge non avesse più alcun potere e forza di scuotere la
sensibilità e di scatenare la rabbia e il desiderio di rivolta, la
consapevolezza e la volontà di reagire attaccando violentemente e
materialmente i responsabili di tutto questo. Ciò nonostante, in questo
apparente rassegnato trascinarsi nella realtà, dove, tra pochi aneliti
di ribellione, i più sgomitano nel mare dell’indifferenza, del timore e
dell’ipocrisia a beneficio del potere, nel mondo virtuale internetiano,
a rigor di paradosso, come spazio surrogato dell’agire reale,
ondeggiano milioni di soliloqui, anche antagonisti, ma tutti ovviamente
sottratti all’azione concreta e reale e, senza rischi, tutti restituiti
immancabilmente al mittente!
Di
fatto, la libertà integrale e l’incoercibilità degli individui, oggi
più che mai, spaventano i più, compresi anche alcuni anarchici. La
rottura radicale e profonda con questo esistente è necessaria e non è
rinviabile, e per questo occorre quanto più diffondere le idee e le
pratiche rivoluzionarie anarchiche antisociali
nel sociale, affinché il nostro pensiero e la nostra azione d’attacco
diretto insurrezionale possano fungere da «energia vigile e minacciosa
che schiaffeggi e scuota l’indifferenza delle masse, suscitando
indignazione e costringendo alla riflessione, riscatenando e ravvivando
il fuoco delle discussioni, la passione del conoscere, la fede
nell’insurrezione» (L. Galleani).
La
nostra è una guerra sociale permanente che non ammette esitazioni o
remore, è un urto furente contro il potere in tutte le sue forme, contro
il dominio capitalistico, militare e ipertecnologico, contro la società
e tutti i suoi valori, è uno scontro violento tra le classi per il loro abbattimento, tra l’individuo lo Stato
e le religioni, tra la libertà e l’autorità, tra la rivoluzione sociale
e la reazione, che non ammette, né può ammettere, interruzioni né
compromessi di alcun tipo.
Siamo
nichilisti e iconoclasti perché non abbiamo nulla da salvare né nulla
da mantenersi di questo putrido sistema e in tal senso, volti a ridurlo
in macerie pietra su pietra, uno dei tanti metodi materialmente più
efficaci della propaganda e della progettualità anarchica è la
diffusione e la pratica dell’attacco diretto insurrezionale, violento e
distruttivo delle strutture, delle organizzazioni, dei valori, dei
prodotti e degli uomini che appartengono allo Stato e al capitalismo
ipertecnologico militare transazionale diluiti ovunque a rete in ogni
anfratto del globo.
Oggi
più che mai, è fondamentale estendere e diffondere l’ateismo e
l’antiteologismo, rafforzare il nostro attacco diretto, critico e
sferzante contro tutte le religioni, nemiche vecchie e nuove che siano, contro tutti
i dogmi di qualsiasi stampo, colore e tipo, desacralizzando e
destrutturando materialmente e intellettivamente qualsiasi ideologia,
comprese le nostre stesse “prese di posizione”, qualora noi stessi ne
facessimo un’angusta, mal digerita e cieca interpretazione sacra,
religiosa e fanatica, o un’inconscia, o conscia, tendenza autoritaria e
autoritativa.
Come
minoranza nella minoranza rivoluzionaria diffidiamo recisamente del
culto delle “masse” (concetto, tra l’altro, di gran lunga superato dagli
stessi mutamenti reali e oggettivi avvenuti nella composizione
economica e sociale tecnologica attuale), ma su basi attrattive del
nostro pensiero e della nostra azione, al mito del quantitativo opponiamo sempre la ferocia del qualitativo.
La nostra attenzione rivoluzionaria anarchica volge, inizia e ritorna
sempre all’individuo, alla sua libertà integrale e alla sua autonomia, e
soprattutto alle sue potenzialità. In tal senso, ciò che conta sono le
possibilità che gli individui in rivolta si danno e in esse le scelte
che gli stessi compiono, gli impegni che gli esclusi liberamente
contraggono con se stessi e in relazione agli altri per emanciparsi ed
autonomizzarsi e riprendersi in mano la propria vita, volti ad assumersi
la responsabilità diretta della propria esistenza e la gestione
autonoma della medesima su tutti gli ambiti del quotidiano,
orizzontalmente, in concorso ed in cooperazione e solidarietà reciproca
con gli altri interessati. Per questo riteniamo che non vi sia alcun
fine definito e definitivo per l’individuo, se non l’individuo stesso,
ovvero la sua piena e completa realizzazione nella libertà, con
l’estensione di tutte le sue facoltà, dei saperi e delle passioni, in un
miglioramento continuo di sé attraverso i rapporti e le interazioni
sociali e solidali che orizzontalmente, nel rispetto reciproco delle
differenze, stabilisce con gli altri individui altrettanto liberi, in un
vasto accrescimento di possibilità per se stessi e per gli altri, lungo
l’incessante ricerca di orizzonti sempre più ricchi e desideranti,
direttamente protagonista e unico padrone e fautore della propria vita,
senza più catene e senza più paura di consumarsi nel vasto oceano della libertà.
In
questa società, totalmente gestita e dominata dall’organizzazione del
potere e dell’autorità, se prima non si distrugge e si abbatte
radicalmente tutto questo sistema fin nelle fondamenta, e al contempo
s’innesca, col pensiero e con l’azione, il processo insurrezionale sul
cammino della rivoluzione sociale, è mera illusione credere di poter
iniziare a “costruire” alcunché in termini di autogestione sociale
anarchica creatrice, perché qualsiasi sperimentazione in tal senso,
salvo isolarsi fra nicchie di amici o morire per autoconsunzione, o
esser repressa dal potere se considerata scomoda per le idee teoriche e
pratiche che diffonde, verrebbe subito, in qualche modo, fagocitata e assorbita, insieme ai suoi componenti, all’interno della stessa rete statale e capitalistica dominante. Ecco perché nel qui ed ora del presente l’autogestione anarchica sul cammino della liberazione inizia nella distruzione.
Le
rotture da innescare nello scontro sociale contro l’intero sistema di
dominio, partono sempre dal punto in cui ognuno si trova, dalle
condizioni che vive, dalle scelte che ciascuno contrae con se stesso e
poi, conseguentemente, dai modi di rapportarsi, comprendere e
intervenire all’interno dei conflitti sociali, tra gli sfruttati e gli
esclusi; senza mai farsi sopraffare dagli accadimenti o finir poi col
cedere a compromessi o a ingenue e strumentali moderazioni o nascondimenti
che non ci appartengono ma che, invece, sono proprie di tutte quelle
forze miglioriste, parlamentari, borghesi e riformiste che, per i loro
precisi scopi, non certamente rivoluzionari e sovvertitori
dell’esistente, si mobilitano furbescamente sull’onda di un ben
costruito “senso comune” sul malessere diffuso, scatenando dei movimenti
d’opinione che fungono da “cuscinetto” di mediazione all’interno dei
conflitti sociali, il cui scopo è unicamente quello di accaparrarsi
politicamente e strumentalmente porzioni di pilotato consenso atto a
creare e a diffondere, oltre alle tante menzogne democratiche, ulteriori
logiche statali, reazionarie, divisioniste, legalitarie, nazionaliste e
giustizialiste, volte alla gestione, al governo e al dominio della
realtà economica, sociale, politica, culturale ecc. in cui si vive,
aprendo così la strada a nuovi leader, dirigenti e farabutti di ogni
sorta, e a nuove forme di potere e di autorità in concomitanza e in
cogestione con quelle già presenti.
Nessun compromesso dunque, e nessuna esitazione.
Ieri
come oggi, siamo e saremo ogni giorno in guerra aperta contro il
sistema di dominio statuale, capitalistico, tecnologico e religioso in
tutte le loro forme e manifestazioni e, qualsiasi sia la composizione
che i governi si danno, siano essi di natura democratica o dittatoriale
(o in qualsiasi modo si vogliano definire od organizzare), ci troveranno
sempre avanti a combatterli col ferro e col fuoco fin nelle fondamenta.
Anche
se i padroni, i governi, l’organizzazione ipertecnologica-capitalistica
e lo Stato, con il suo potere politico, poliziesco, giudiziario e
militare, liberticida
per fondamento, continueranno sempre a far di tutto per difendere i
propri privilegi e per cercare di fermare i rivoluzionari e gli insorti
con l’impiego di tutte le loro forze e mezzi, sappiano lor signori che noi non claudichiamo, anzi, ogni qualvolta sarà possibile, risponderemo loro colpo su colpo,
senza indugi, sempre più convinti, mossi da qualcosa a loro
completamente estranea e che non si trova in vendita nei loro
supermercati o nei loro scranni di potere, qualcosa il cui valore non ha
prezzo benché richieda un prezzo molto alto da pagare, e per cui vale
la pena di lottare fino in fondo e senza remore: il suo nome è dignità.
Costantemente
ai «ferri corti con la vita», unici padroni e giudici di noi stessi,
nella rottura con l’esistente e nella nostra radicale negazione, non
abbiamo esitazioni nell’opporre contro la violenza strutturale,
schiavizzante e sfruttatrice, dello Stato e del capitale, la violenza
rivoluzionaria insurrezionale anarchica liberatrice, sempre e ovunque,
in tutte le sue svariate forme e manifestazioni.
E’ bene infine che lor signori ricordino
che per quanto preventiva sia la loro difesa militare e poliziesca, sia
interna che esterna allo Stato, essi non riusciranno mai a distruggere
l’anarchia o a contenere la diffusione dei suoi principi e delle sue
pratiche perché «… le
sue radici sono troppo profonde; essa è nata nel seno stesso di una
società putrida che si sfascia; essa è una reazione violenta contro
l’ordine stabilito. Essa rappresenta le aspirazioni egualitarie e
libertarie che battono in breccia l’autorità odierna; essa è dappertutto
e ciò che la rende inafferrabile finirà coll’uccidervi.» (Emile Henry)
E in tutto questo ritroviamo senza indugi
il senso più proprio della nostra solidarietà fraterna e rivoluzionaria
con tutte le compagne e i compagni che, sia fuori che dentro le
carceri, ovunque nel mondo, ogni giorno, non si risparmiano e continuano
a dare tutto se stessi nella e per la lotta anarchica insurrezionale,
con coraggio, fierezza, perseveranza e generosità…
In alto la mente e i cuori!
La resistenza anarchica è appena agli inizi!
Michela Ortu e Pierleone Porcu
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