1 agosto 2013

LETTERA DI VALERIO CRIVELLO SU COLLABORAZIONE E PREMIALITA'


Riceviamo questa lettera di Valerio Crivello, prigioniero in lotta coimputato di Maurizio Alfieri, con richiesta di diffusione:


Piacenza, 6/7/2013

Cari amici, vi scrivo avvelenato come poche altre volte perché mi è stato vietato di presenziare all’udienza del 4/7/2013 a Tolmezzo, ugualmente al mio coimputato Maurizio Alfieri. In questo primo procedimento che ci vede uniti contro quella cloaca (sia morale che strutturale) denominata C.C. di Tolmezzo, siamo accusati di aver minacciato, offeso e cercato di picchiare un collaboratore di giustizia allocato nella nostra stessa sezione “isolamento”.
È quanto meno strano che di tutte le denunce fatte da noi, quali testimoni di PESTAGGI, PERCOSSE E ABUSI VARI, inviate sia al tribunale di Tolmezzo che al Magistrato di Sorveglianza, nessuna è stata presa in considerazione, ma alla prima lamentela di un uomo da nulla, subito il tribunale si è affrettato a tirar su questo teatrino giuridico al quale non abbiamo potuto presenziare (SAPEVANO CHE SARESTE VENUTI AMICI CARI) e al quale potremo a settembre partecipare solo tramite video conferenza da Trieste.
Già è terribile essere da più di un anno e mezzo in carcere in attesa del primo processo, per informazioni in de relato di 3^ e 4^ persona (per fatti di 10 anni fa) dette da un “pentito” – “BOSS” ed in passato guardia carceraria, ma l’essere imputato per aver offeso un collaboratore è quanto meno crudelmente comico!
Forse anche i giudici ignorano che il termine da me dato a quell’uomo da nulla, INFAME, ha come significato COLUI CHE BIASIMA PUBBLICAMENTE, non potevo quindi apostrofarlo con termine più adeguato.
D’altronde chiamare pentiti tali soggetti è blasfemia (per chi è religioso), il pentimento anche non accostato a un ideale di fede è un atto profondo che non ha nulla a che fare con tribunali e calcoli giuridici, il pentimento (benché biologicamente non esista ma condizionato dall’empatia) eleva l’uomo che cerca di rimediare ai suoi errori e non può essere confuso con la pavidità, con la pusillanimità di chi rifugge dalle proprie responsabilità salvandosi la vita in un naufragio, dove i salvagenti sono i corpi enfiati dei “compagni di merende”.
In un mondo dove il coraggio di agire è ormai merce rara, derubare qualcuno per adeguarsi a dei vezzi consumistici o sparare a un uomo da dietro un muro non è certo prova ardita, ma consegnare anche solo un conoscente al boia per salvarsi dalla prigione (che è la proiezione della società malata che vorrebbe paradossalmente guarire) è una meschinità che merita come unica tortura la crocifissione (visto che ai tribunali piacciono tanto i termini ecclesiastici e fascisti).
Ancora peggiore è leggere “collaboratore di giustizia”, quando il termine più adatto sarebbe COLLABORATORE DI INGIUSTIZIA, DI MENDACITÀ, sia dei fatti raccontati che dell’intero sistema giuridico.
Sorrido sarcastico quando sento enfatizzare su tv e giornali riguardo la TRATTATIVA STATO-MAFIA, ma il gioco COLLABORAZIONE -> PREMIO non è forse una continua trattativa?
L’INFAME non è solo colui che utilizza quel compromesso statale a suo favore e a discapito dei suoi coimputati come un fortunato beneficiario, agevolato dalla legge, per dare la possibilità alla giustizia e alle forze dell’ordine di illudere l’opinione pubblica di aver fatto “pulizia”, MA è ormai troppo spesso solo una pedina guidata da forze politiche e di gendarmeria (guardare la riapertura del caso STRAGE DI CAPACI per le dichiarazioni di BRUSCA contrastanti, che nascondevano l’utilizzo di esplosivo dell’esercito impacchettato dal boss di Ciaculli militante nell’estrema destra) o da forze “criminali” che partecipi usano quest’arma dello Stato contro lo Stato stesso. Ma in fondo è la stessa cosa! Il crimine organizzato non è altro che una creatura nata dalla costola dello Stato stesso che l’allatta all’ombra di sguardi altrui.
La realtà carceraria nasce e viene alimentata da burle, menzogne in cui la legge infrange la legge, è uno stagno che uccide solo chi non ha il denaro per comprarsi un salvagente, il carcere è un cadavere che partorisce un morto, l’inferno mascherato da giustizia morale.

Cari amici non mi dilungherò più; vi mando un abbraccio ed uno ancor più forte a Maurizio, chiederà lo spostamento del processo visto che a Udine saranno presenti gli stessi giudici di Tolmezzo, e speriamo che i nuvoloni passino in fretta.

A presto

Valerio Crivello
C.C. Strada delle Novate, 65 
29122 - Piacenza

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