due
notti di rivolta al C.I.E. di Torino
DALLA VALLE ALLA
METROPOLI UN VENTO DI LIBERTA'
Insieme agli arrestati no
tav e agli ultimi sabotaggi ai mezzi delle ditte che collaborano al cantiere, un
saluto caloroso va all’ennesima rivolta con tentativo di evasione di massa
(evasione riuscita per un solo recluso) che nelle due notti passate (domenica e
lunedi) ha provocato grossi danni nelle strutture del CIE di Torino (compresa
l’area bianca recentemente ristrutturata con tavoli e altri arredi definiti “a
prova di sommossa”!).
Cogliamo l'occasione di questo
evento per fare un breve punto sulla situazione dei lager per migranti sul
territorio italiano.
Si può dire che grazie alla lotta
incessante dentro i Centri, soprattutto in concomitanza con la primavera
nordafricana del 2011, il piano ipotizzato nei ultimi anni dal governo PdL-Lega,
ovvero istituire un CIE in ogni regione, sia naufragato
miseramente.
Negli ultimi due anni, quello del
governo tecnico (2012) e ora quello del governo di larghe intese, la sensazione
è che una sempre maggiore parte dell’opinione pubblica sia consapevole
dell’ingiustizia di questo sistema e della necessità dell’abolizione dei CIE.
Per contro il Ministero dell’Interno, che è il diretto emanatore e gestore di
queste strutture, da una parte continua a ritenere i CIE un cardine fondamentale
della politica restrittiva sull’immigrazione, dall’altra si trova a dover fare i
conti con i problemi di bilancio legati alla spending review, cioè
all’impossibilità di spendere con la stessa noncuranza di prima tutti i milioni
di euro che servono per oliare e lucrare sulla macchina delle espulsioni. Il
brusco calo della diaria giornaliera pagata agli enti gestori (oggi mediamente
tra i 30 e i 40 euro al giorno a recluso) ha ulteriormente peggiorato le
condizioni di vita all’interno dei centri facendo da scintilla per ulteriori
rivolte.
Per venire alle novità operative,
nel marzo 2012 è stato riaperto il CIE di Caltanissetta, dopo due anni e mezzo
di chiusura per danni. Nel maggio 2012 ha chiuso lo “storico” CIE di Trapani, il
"Serraino Vulpitta" (dal luglio 2011 esiste un altro CIE a trapani, in località
Milo), nel giugno e nel settembre dello stesso anno hanno chiuso rispettivamente
Brindisi e Lamezia Terme.
Il ministero dell’interno nel
frattempo ha stanziato i fondi per la costruzione di due nuovi CIE, uno a
S.Maria Capua Vetere, in Campania (200 posti) e uno a Palazzo S.Gervasio, in
Basilicata (150 posti), anche se i lavori per ora non risultano essere ancora
partiti.
A marzo 2013 è stato chiuso il CIE
di Bologna, ufficialmente per lavori di ristrutturazione. Ma dietro c’è
l’impossibilità a far fronte ai costi di gestione dal momento che il consorzio
Oasi che ha recentemente vinto l’appalto di gestione non ha quasi mai pagato i
suoi dipendenti.
Una situazione simile si sta
verificando a Modena dove la recente rivolta della notte tra il 18 e il 19
luglio 2013 (9 arrestati) ha ridotto il centro in condizioni fatiscenti. Persino
la CGIL, pur sostenendo lo sciopero dei dipendenti-aguzzini del consorzio Oasi
in programma dal 23 al 28 luglio, si sta pronunciando per la chiusura della
struttura.
Così, mentre a giugno 2011, in piena
emergenza Nordafrica, i CIE operativi sul piano nazionale erano arrivati ad
essere una quindicina, attualmente risultano essere 9, che possono detenere in
teoria circa 1500 persone ma la cui capienza effettiva è ulteriormente ridotta
dai ripetuti danneggiamenti causati dai detenuti.
Le strutture attualmente operative
quindi sono: TORINO, MILANO, GRADISCA D’ISONZO, MODENA, ROMA, BARI,
CALTANISSETTA, CROTONE, TRAPANI MILO.
Oltre a queste 9 strutture bisogna
tenere presente che molte di quelle indicate come Centri di Prima Accoglienza
(ad esempio Elmas in Sardegna, Pozzallo in Sicilia, la stessa Lampedusa) in
realtà spesso vengono usate anch’esse come veri e prorpi CIE, anche se essendo
sottoposte direttamente alla pressione degli sbarchi incessanti sulle coste non
riescono certo a compensare le falle esistenti nel sistema dei CIE posti sul
territorio peninsulare.
In conclusione è da sottolineare che
le necessità di “spending review” che stanno contribuendo a mettere in
discussione il sistema dei CIE possono essere dovute, oltre che alle ripetute
rivolte dei reclusi, ai costi sempre più alti di gestione che il ministero degli
interni deve affrontare in altre situazioni di conflitto come il cantiere
dell’Alta Velocità in Val Susa. In questo senso ogni attacco al cantiere come
ogni sollevazione dentro un lager per migranti sono piccole crepe in più in
quell’unico grande muro che opprime la nostra libertà e che a furia di colpire
quando meno ce l’aspettiamo potrebbe davvero crollare.
SOLIDARIETA’ AGLI ARRESTATI NO TAV!
SOLIDARIETA’ AI RIBELLI NEI CIE!
DEMOLIRE I LAGER!
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