riceviamo e diffondiamo:
Martedì 21 luglio, a Rovereto, un operaio della Marangoni pneumatici è morto, letteralmente bollito vivo, nel reparto vulcanizzazione della fabbrica. La risposta degli operai è stata... un'ora di sciopero per turno. La pressa dove il lavoratore è morto ha continuato a funzionare.
Martedì 28 luglio, alle 13,30, una trentina di compagni ha bloccato la strada di fronte alla Marangoni, con lo striscione "Basta morire per i padroni", interventi al megafono e dei volantini. Il traffico è rimasto bloccato per un'ora, paralizzando una parte della città. "Basta morire per i padroni. A Carmine" è stato scritto a pennello davanti alla fabbrica, assieme a "Marangoni assassino".
Questa iniziativa, le numerose scritte apparse in città e le discussioni che sono nate con altri lavoratori stanno portando a un'assemblea pubblica e a un corteo a Rovereto.
Di seguito il volantino distribuito durante il blocco:
MALEDETTO MARANGONI
MALEDETTI PADRONI
Si chiamava Carmine. Lavorava come operaio alla Marangoni pneumatici. Martedì 21 luglio, in uno dei giorni più caldi che la storia abbia registrato, stava lavorando al reparto vulcanizzazione della fabbrica, dove la temperatura sfiorava i 50 gradi senza impianti di ventilazione. Si è accasciato a terra stremato. Portato via in ambulanza, è morto in ospedale durante la notte.
Come tutti gli operai della Marangoni, con il nuovo contratto aveva visto aumentare i propri carichi di lavoro, le pause diminuire da mezz'ora a dieci minuti, arrivando a lavorare un mese all'anno gratis per l'azienda.
Marangoni, dopo i milioni di euro che ha ricevuto dalla Provincia (grazie soprattutto all'assessore all'industria Olivi), ha deciso di recuperare i propri investimenti aumentando lo sfruttamento dei lavoratori, spinto ancora più a fondo in vista delle ferie estive.
Gli operai hanno accettato, sempre più all'angolo.
Non conoscevamo Carmine e non lavoriamo alla Marangoni.
Non essendo né politici né rappresentanti sindacali possiamo dire e fare ciò che ci dettano la ragione e il cuore, senza dover dar conto a niente e nessuno all'infuori della nostra coscienza.
Per noi Carmine è stato ucciso dal padrone. Come tanti, troppi sfruttati (due operai morti a Rovereto in una settimana, quattro lavoratori che muoiono ogni giorno in Italia). Per i padroni la vita degli operai non vale neanche i soldi di un impianto di areazione. Questa verità non ha bisogno di aspettare alcuna inchiesta della magistratura (dov'erano gli ispettori del lavoro mentre gli operai lavoravano a quasi 50 gradi di temperatura con dieci minuti di pausa?) e non sa che farsene degli ipocriti minuti di silenzio di un consiglio comunale.
La rabbia ci stringe un nodo in gola.
E diciamo una cosa sola: che tutto si fermi. Che la città, fin'ora unita dal silenzio e dall'indifferenza, si divida in due, tra chi accetta e chi non accetta simili ingiustizie. Affinché chi non le accetta lo dica, lo urli, lo dimostri.
Fermiamoci.
Per Carmine.
Per non diventare noi stessi disumani, abituandoci a tutto.
Non si può vivere così. Non si può morire così.
compagne e compagni
Fonte
Martedì 21 luglio, a Rovereto, un operaio della Marangoni pneumatici è morto, letteralmente bollito vivo, nel reparto vulcanizzazione della fabbrica. La risposta degli operai è stata... un'ora di sciopero per turno. La pressa dove il lavoratore è morto ha continuato a funzionare.
Martedì 28 luglio, alle 13,30, una trentina di compagni ha bloccato la strada di fronte alla Marangoni, con lo striscione "Basta morire per i padroni", interventi al megafono e dei volantini. Il traffico è rimasto bloccato per un'ora, paralizzando una parte della città. "Basta morire per i padroni. A Carmine" è stato scritto a pennello davanti alla fabbrica, assieme a "Marangoni assassino".
Questa iniziativa, le numerose scritte apparse in città e le discussioni che sono nate con altri lavoratori stanno portando a un'assemblea pubblica e a un corteo a Rovereto.
Di seguito il volantino distribuito durante il blocco:
MALEDETTO MARANGONI
MALEDETTI PADRONI
Si chiamava Carmine. Lavorava come operaio alla Marangoni pneumatici. Martedì 21 luglio, in uno dei giorni più caldi che la storia abbia registrato, stava lavorando al reparto vulcanizzazione della fabbrica, dove la temperatura sfiorava i 50 gradi senza impianti di ventilazione. Si è accasciato a terra stremato. Portato via in ambulanza, è morto in ospedale durante la notte.
Come tutti gli operai della Marangoni, con il nuovo contratto aveva visto aumentare i propri carichi di lavoro, le pause diminuire da mezz'ora a dieci minuti, arrivando a lavorare un mese all'anno gratis per l'azienda.
Marangoni, dopo i milioni di euro che ha ricevuto dalla Provincia (grazie soprattutto all'assessore all'industria Olivi), ha deciso di recuperare i propri investimenti aumentando lo sfruttamento dei lavoratori, spinto ancora più a fondo in vista delle ferie estive.
Gli operai hanno accettato, sempre più all'angolo.
Non conoscevamo Carmine e non lavoriamo alla Marangoni.
Non essendo né politici né rappresentanti sindacali possiamo dire e fare ciò che ci dettano la ragione e il cuore, senza dover dar conto a niente e nessuno all'infuori della nostra coscienza.
Per noi Carmine è stato ucciso dal padrone. Come tanti, troppi sfruttati (due operai morti a Rovereto in una settimana, quattro lavoratori che muoiono ogni giorno in Italia). Per i padroni la vita degli operai non vale neanche i soldi di un impianto di areazione. Questa verità non ha bisogno di aspettare alcuna inchiesta della magistratura (dov'erano gli ispettori del lavoro mentre gli operai lavoravano a quasi 50 gradi di temperatura con dieci minuti di pausa?) e non sa che farsene degli ipocriti minuti di silenzio di un consiglio comunale.
La rabbia ci stringe un nodo in gola.
E diciamo una cosa sola: che tutto si fermi. Che la città, fin'ora unita dal silenzio e dall'indifferenza, si divida in due, tra chi accetta e chi non accetta simili ingiustizie. Affinché chi non le accetta lo dica, lo urli, lo dimostri.
Fermiamoci.
Per Carmine.
Per non diventare noi stessi disumani, abituandoci a tutto.
Non si può vivere così. Non si può morire così.
compagne e compagni
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