da noborders ventimiglia
“Stanno costruendo per noi una prigione”
(cartello di un ragazzo durante l'ultima manifestazione)
Ci siamo. Dopo un mese di polemiche, ritardi e rimpalli si apre oggi il nuovo campo di “accoglienza temporanea” per le persone senza documenti.
Il campo ha per ora una capienza di circa 180 posti ma dovrebbe venire implementato nelle seguenti settimane in modo da poter “accogliere” più persone. Sarà riservato principalmente agli uomini mentre donne, bambini e famiglie dovrebbero continuare ad essere ospitate all'interno di alcune chiese della città di Ventimiglia. Il centro si trova ai limiti dell'area ferroviaria del Parco Roja in una zona industriale vicino alla frazione di Bevera. Hanno quindi posizionato i “moduli abitativi”in un mare di cemento, un luogo invisibile e invivibile lontano circa 5 km dal centro città .
La gestione del campo sarà affidata alla CRI e alle forze dell'ordine, coadiuvati dalla presenza del UNHCR. Alle associazioni sarà permesso collaborare, tramite accreditamento con la CRI, organizzando anche, pare, attività ludiche o formative. Giusto lo spazio per dare un volto “umano” ad un campo che è di fatto di controllo e di contenimento, per invisibilizzare chi è bloccato dal regime di frontiera. Le strade per arrivare al centro sono due, chi avrà accesso come volontario dovrà essere accreditato quindi sarà molto facile controllare chi entra e chi esce e sarà ristretto lo spazio per la solidarietà diretta e fuori dal controllo della Prefettura.
Il centro sarà un luogo di permanenza temporanea: così viene chiamato al di fuori di ogni comprensibilità giuridica. Le persone potranno stare nel centro fino ad un massimo di 10 giorni, saranno muniti di un cartellino identificativo con nome e codice a barre. Quest’ultimo permetterà l’ingresso all’interno del centro, un meccanismo che ricorda l’entrata tramite impronte del centro di Calais; allo scadere dei giorni concessi per il soggiorno il codice non funzionerà più e dovrebbe quindi non essere permesso l’ingresso. Come un prodotto in scadenza, i migranti non sono altro che una merce nel business del regime di frontiera; chi sarà ancora bloccato a Ventimiglia dovrà decidere tra l’allontanamento (ancora da capire in che forma e una probabile deportazione) e la permanenza in Italia. All’interno del campo, infatti, oltre ai servizi di base come il cibo e i bagni, le persone riceveranno informazioni sui diritti e le possibilità per fare richiesta d’asilo in Italia.
Il tempo di permanenza ha proprio questo scopo: rendere “edotte le persone dei diritti e le procedure per le richieste d’asilo” nel paese. Palese l’ipocrisia: chi arriva al confine con la Francia per chiedere asilo in Italia?
Di nuovo, dopo la serie di proteste dei migranti che ci sono state in questi mesi la risposta è quella umanitaria e di un pratico confino fuori dalla città. I migranti l’hanno detto chiaramente: vogliamo non essere invisibili e vogliamo la libertà, oltrepassare il confine. Non cibo né servizi ma solidarietà e libertà.
Nella Chiesa di Sant’Antonio erano presenti venerdì più di 400 persone. Nel corso di quella giornata è stata spiegata: l’organizzazione del nuovo centro, la disponibilità per le prime 100 persone e il fatto che dopo la colazione di Sabato mattina l’accoglienza dentro la chiesa sarebbe finita. Per tutti gli altri, fuori dal numero disponibile, non è prevista una sistemazione ma la CRI si occuperà di fornire pasti in giro per la città dando dei sacchetti alimentari.
Circa 200 persone hanno reagito alla notizia, cercando di oltrepassare il confine priorità che rimane fondamentale per tutti loro, almeno cinquanta sono state respinte e sono tornate verso la città. Chi abbiamo incontrato ribadisce lo scarso interesse verso la propria sistemazione ma la volontà di potersene andare liberamente. Dopo la distribuzione del pasto, le persone sono state allontanate. Tanta è la confusione e in molti si sono dispersi per la città o sono rimasti di fronte alla struttura. Chi stava cercando di monitorare la situazione sabato, è stato allontanato e trattenuto in commissariato per un’ora.
Domenica sono state tante le persone che hanno provato ad attraversare e sono state respinte, tanti hanno tentato di dirigersi verso il centro per trovare un pasto e altre informazioni. Centinaia di persone sono disperse per i dintorni della città.
Il campo, ben nascosto dagli occhi dei turisti che vogliono godere delle bellezze della Costa Azzurra, è funzionale al contenimento e al controllo delle persone senza documenti. Il piano è chiaro: abbassare il numero di persone presenti nel territorio, confinandole ai limiti della città e lasciandone altre fuori.
Le deportazioni continueranno e andranno a colpire proprio chi rimane all’esterno di questo spazio protetto che fornisce un equilibrio che è un ricatto.
Come diceva il cartello di un ragazzo all’ultima manifestazione: stanno costruendo per noi una prigione.
Dopo mesi di rastrellamenti, deportazioni e respingimenti ci siamo: uno spazio di confine funzionale al controllo.
Non servono tante raffinate elucubrazioni per capire qual’è la richiesta di chi viaggia, l’hanno ribadito di più volte: libertà.
La costruzione di questo centro non è una vittoria. L’ipocrisia grottesca di quanto accade è palese.
Alcune e alcuni solidali di Ventimiglia
da informa-azione.info
“Stanno costruendo per noi una prigione”
(cartello di un ragazzo durante l'ultima manifestazione)
Ci siamo. Dopo un mese di polemiche, ritardi e rimpalli si apre oggi il nuovo campo di “accoglienza temporanea” per le persone senza documenti.
Il campo ha per ora una capienza di circa 180 posti ma dovrebbe venire implementato nelle seguenti settimane in modo da poter “accogliere” più persone. Sarà riservato principalmente agli uomini mentre donne, bambini e famiglie dovrebbero continuare ad essere ospitate all'interno di alcune chiese della città di Ventimiglia. Il centro si trova ai limiti dell'area ferroviaria del Parco Roja in una zona industriale vicino alla frazione di Bevera. Hanno quindi posizionato i “moduli abitativi”in un mare di cemento, un luogo invisibile e invivibile lontano circa 5 km dal centro città .
La gestione del campo sarà affidata alla CRI e alle forze dell'ordine, coadiuvati dalla presenza del UNHCR. Alle associazioni sarà permesso collaborare, tramite accreditamento con la CRI, organizzando anche, pare, attività ludiche o formative. Giusto lo spazio per dare un volto “umano” ad un campo che è di fatto di controllo e di contenimento, per invisibilizzare chi è bloccato dal regime di frontiera. Le strade per arrivare al centro sono due, chi avrà accesso come volontario dovrà essere accreditato quindi sarà molto facile controllare chi entra e chi esce e sarà ristretto lo spazio per la solidarietà diretta e fuori dal controllo della Prefettura.
Il centro sarà un luogo di permanenza temporanea: così viene chiamato al di fuori di ogni comprensibilità giuridica. Le persone potranno stare nel centro fino ad un massimo di 10 giorni, saranno muniti di un cartellino identificativo con nome e codice a barre. Quest’ultimo permetterà l’ingresso all’interno del centro, un meccanismo che ricorda l’entrata tramite impronte del centro di Calais; allo scadere dei giorni concessi per il soggiorno il codice non funzionerà più e dovrebbe quindi non essere permesso l’ingresso. Come un prodotto in scadenza, i migranti non sono altro che una merce nel business del regime di frontiera; chi sarà ancora bloccato a Ventimiglia dovrà decidere tra l’allontanamento (ancora da capire in che forma e una probabile deportazione) e la permanenza in Italia. All’interno del campo, infatti, oltre ai servizi di base come il cibo e i bagni, le persone riceveranno informazioni sui diritti e le possibilità per fare richiesta d’asilo in Italia.
Il tempo di permanenza ha proprio questo scopo: rendere “edotte le persone dei diritti e le procedure per le richieste d’asilo” nel paese. Palese l’ipocrisia: chi arriva al confine con la Francia per chiedere asilo in Italia?
Di nuovo, dopo la serie di proteste dei migranti che ci sono state in questi mesi la risposta è quella umanitaria e di un pratico confino fuori dalla città. I migranti l’hanno detto chiaramente: vogliamo non essere invisibili e vogliamo la libertà, oltrepassare il confine. Non cibo né servizi ma solidarietà e libertà.
Nella Chiesa di Sant’Antonio erano presenti venerdì più di 400 persone. Nel corso di quella giornata è stata spiegata: l’organizzazione del nuovo centro, la disponibilità per le prime 100 persone e il fatto che dopo la colazione di Sabato mattina l’accoglienza dentro la chiesa sarebbe finita. Per tutti gli altri, fuori dal numero disponibile, non è prevista una sistemazione ma la CRI si occuperà di fornire pasti in giro per la città dando dei sacchetti alimentari.
Circa 200 persone hanno reagito alla notizia, cercando di oltrepassare il confine priorità che rimane fondamentale per tutti loro, almeno cinquanta sono state respinte e sono tornate verso la città. Chi abbiamo incontrato ribadisce lo scarso interesse verso la propria sistemazione ma la volontà di potersene andare liberamente. Dopo la distribuzione del pasto, le persone sono state allontanate. Tanta è la confusione e in molti si sono dispersi per la città o sono rimasti di fronte alla struttura. Chi stava cercando di monitorare la situazione sabato, è stato allontanato e trattenuto in commissariato per un’ora.
Domenica sono state tante le persone che hanno provato ad attraversare e sono state respinte, tanti hanno tentato di dirigersi verso il centro per trovare un pasto e altre informazioni. Centinaia di persone sono disperse per i dintorni della città.
Il campo, ben nascosto dagli occhi dei turisti che vogliono godere delle bellezze della Costa Azzurra, è funzionale al contenimento e al controllo delle persone senza documenti. Il piano è chiaro: abbassare il numero di persone presenti nel territorio, confinandole ai limiti della città e lasciandone altre fuori.
Le deportazioni continueranno e andranno a colpire proprio chi rimane all’esterno di questo spazio protetto che fornisce un equilibrio che è un ricatto.
Come diceva il cartello di un ragazzo all’ultima manifestazione: stanno costruendo per noi una prigione.
Dopo mesi di rastrellamenti, deportazioni e respingimenti ci siamo: uno spazio di confine funzionale al controllo.
Non servono tante raffinate elucubrazioni per capire qual’è la richiesta di chi viaggia, l’hanno ribadito di più volte: libertà.
La costruzione di questo centro non è una vittoria. L’ipocrisia grottesca di quanto accade è palese.
Alcune e alcuni solidali di Ventimiglia
da informa-azione.info
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