21 luglio 2014

SE RECINTI E MURI NON BASTANO, CI SONO SEMPRE LE BOMBE

Riceviamo e diffondiamo il testo di un volantino distribuito a Genova durante un presidio solidale con il popolo di Gaza:

Se recinti e muri non bastano, ci sono sempre le bombe.


Dopo l’operazione piombo fuso, che si chiuse con centinaia di morti nel 2009, l’ultimo attacco scatenato da Israele contro i palestinesi è il più duro degli ultimi anni. Il cessate il fuoco accettato unilateralmente da Israele si è immediatamente mostrato per quello che era di fronte a qualche inadeguato razzo: una bugia criminale.
E di nuovo sappiamo che, se anche ci fosse un duraturo cessate il fuoco, ci ritroveremo fra qualche tempo a parlare di morti a Gaza, di prigione a cielo aperto per una popolazione composta per la maggior parte di ragazzine/i e stretta in pochi chilometri quadrati di terra, di droni….

I frutti della propaganda che equipara occupanti e resistenza (per altro così in voga anche in Italia quando si parla di repubblichini), degli accordi internazionali (Oslo),  dell’ideona dei due popoli due stati (basta mettere uno dei due stati dentro un muro…) sostenuti anche dalla “sinistra”riformista e revisionista, sono ormai maturi e la “Striscia” si riduce drasticamente, con migliaia di famiglie in fuga dalla zona confinante con Israele.
Per altro gli scontri proseguono quotidianamente anche in Cisgiordania dove l’Autorità Nazionale Palestinese non solo non garantisce dai rastrellamenti da parte degli israeliani, ma è strumento di mistificazione della pulizia etnica voluta dallo stato sionista e dal filo sionista capitale internazionale. Ulteriore dimostrazione, se ancora ce ne fosse bisogno, il fatto che attualmente sia proprio Israele alla vicepresidenza della Commissione delle Nazioni Unite su “Politiche speciali e Decolonizzazione”. L’elezione è avvenuta circa un mese fa, qualche giorno dopo l’ annuncio della costruzione di nuovi blocchi abitativi (colonie ) per gli israeliani in Cisgiordania, la distruzione delle case di sette famiglie palestinesi e la cacciata della comunità beduina palestinese  dal deserto del Naqab (Negev).
Come sempre più spesso accade per le “grandi democrazie occidentali” e non solo per i paesi dichiaratamente totalitari,  i responsabili dello scempio vengono preposti a controllare sé stessi.

Mentre il progetto di riconciliazione nazionale avviato dall'accordo tra OLP e HAMAS si sta sciogliendo come neve al sole, mostrando a sua volta tutto il contenuto propagandistico dell’operazione, il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, stretto fra i due governi palestinesi, ha respinto l'appello all'emergenza formulato dal Consiglio di Sicurezza del gruppo arabo, sostenendo che arrivava troppo tardi, ed ha chiesto che le fazioni palestinesi si uniscano per combattere.
E combattere non significa solo schierarsi in armi durante i bombardamenti. Significa attivarsi per la liberazione dei prigionieri (Israele applica la detenzione amministrativa attraverso la quale i detenuti palestinesi vengono trattenuti senza accusa e senza processo), per il diritto al ritorno dei profughi, per l’autodeterminazione, contro la tortura, la distruzione delle case e degli uliveti, l’insediamento delle colonie e il razzismo, fondamento dello stato sionista, di cui il muro dell’apartheid è solo un’esemplificazione .

Noi possiamo intervenire su tutto questo e possiamo vigilare nelle nostre città contro le squadracce sioniste che alzano sempre più spesso la testa, ma soprattutto le mani, contro i partecipanti alle iniziative per la Palestina ( 25 aprile a Roma e Milano, ultimamente di nuovo a Roma).

Come sempre, quindi, concludiamo con la stessa esortazione: solo una ripresa solidale delle lotte internazionaliste potrà liberare i palestinesi  dall’attesa del nuovo attacco israeliano. Solo così i popoli in rivolta scriveranno la storia.



Spazio di documentazione
Il Grimaldello
grimaldello@canaglie.org

da informa-azione.info

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