17 giugno 2014

LA PRIMA FILIERA ITALIANA OGM


La regione Friuli Venezia Giulia a dicembre ha aperto una consultazione con associazioni ambientaliste, di agricoltori, di consumatori ed esperti delle università e degli ordini dei dottori agronomi e dei dottori forestali e ARPA, per varare attraverso un “approfondito confronto” delle “misure per evitare la  presenza involontaria di ogm nelle colture convenzionali e biologiche”. Queste misure saranno alla base di un nuovo regolamento regionale che sarà destinato alla Commissione Europea. Questa, insieme alle forti pressioni delle lobby biotech, potrà trovare nel Friuli una breccia per estendere su vasta scala la contaminazione ogm. I poteri locali, con fantomatiche regole di coesistenza, si accingono a normare e quindi legittimare per la prossima primavera semine ogm. Queste regole di coesistenza a dire del vicepresidente e assessore all’agricoltura Sergio Bolzonello saranno “stringenti” e soprattutto basate su “rigide invalicabili condizioni”. Basterà frequentare un corso di otto ore, al termine del quale verrà rilasciato un attestato valido tre anni, pagare 50 euro a ettaro all’agenzia regionale per lo sviluppo rurale (ERSA), osservare alcune limitazioni territoriali e rispettare una distanza di isolamento di 500 metri dagli altri campi e una zona cuscinetto di 250 metri. Che ci sia o meno un margine di legge per piantare ogm non ha molta importanza visto che Fidenato, presidente degli agricoltori federati pro-ogm, con il suo sindacato fantoccio Futuragra, ha già seminato mais ogm e si appresterà a farlo anche questo maggio. Di fatto la regione Friuli Venezia Giulia legittima la prima filiera ogm italiana in campo aperto a scopo alimentare, un precedente che può diventare apripista per diffondere le colture transgeniche in altre regioni. Con queste righe non ci interessa soffermarci su come i loro confronti e le loro preoccupazioni siano truccate in partenza e predisposte per un unico scopo. Vogliamo portare l’attenzione su una questione che è tutt’altro che risolta o immobile come sembrerebbe da uno sguardo superficiale. Gli ogm e i loro sostenitori sono tutt’altro che scomparsi o in ritirata, mantengono un continuo assedio per imporre le loro chimere genetiche. Chi si oppone a queste irreversibili nocività dovrebbe mantenere sempre alta l’attenzione  e costruire una resistenza che vada ad attaccare, non  solo una coesistenza impossibile, ma la concezione scientista che vede nel cosiddetto miglioramento genetico una fonte inesauribile di progresso, un rinnovamento di aspetti naturali considerati obsoleti nella società tecnologica, l’unica ovviamente possibile. Questa concezione non è qualcosa di immateriale o etereo, al contrario si concretizza in quelle progettualità che trasformano quotidianamente il mondo naturale di cui noi, con tutti gli altri esseri viventi, siamo parte. Progettualità che non prendono vita soltanto quando spuntano dai campi ogm. Prima, molto prima, nei centri di ricerca delle università o di multinazionali, si è lavorato alla loro realizzazione: i campi agricoli ogm non sono altro che l’estensione del laboratorio.
Febbraio 2014 - da resistenze al nanomondo

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