riceviamo e diffondiamo:
Le giornate del luglio del 2001 a Genova se le ricordano tutti: sono state giornate di lotta e di rivolta. Lotta contro il vertice del G8, contro i”grandi del mondo”, si diceva una volta, contro la globalizzazione, contro il capitalismo che distrugge territori e popolazioni per poter continuare a sopravvivere, che produce sfruttamento e sottomette al profitto tutto quello che incontra sulla sua strada. Giornate in cui almeno da una parte del corteo è stata espressa rabbia vera, reale, concreta contro questo sistema economico e sociale.
E lo stato, unico detentore legalizzato della violenza, ha reagito: prima in piazza e nelle piazze con le sue guardie attraverso quella che è stata definita una mattanza sudamericana poi con il suo apparato repressivo, condannando, dopo 12 anni, 10 compagni per devastazione e saccheggio per un totale di 100 anni di carcere. Ma per fortuna uno di questi compagni, Vincenzo, è riuscito a scappare e ad oggi è ancora libero.
Dopo il G8 di Genova il reato di devastazione e saccheggio è stato in qualche modo “sdoganato” nella giurisprudenza corrente, ed il ricorso delle procure nell’applicare il reato è divenuto costante. Questa tipo di accusa è ricaduta sui militanti antifascisti a Milano per gli scontri in Corso Buenos Aires dell’11 Marzo 2006, per gli scontri in Piazza San Giovanni a Roma del 15 Ottobre 2011 e per la manifestazione del 1 Maggio 2015 a Milano.
Questo reato (reato contro l’ordine pubblico), introdotto col famigerato Codice Rocco del 1930 (codice tuttora vigente in moltissime sue parti) è nato per reprimere sommosse e moti di piazza. Grazie a questa particolare norma giuridica, è possibile infliggere condanne che vanno dagli 8 ai 15 anni senza dover materialmente provare una condotta criminosa. E’ sufficiente trovarsi in un luogo dove ci sono dei disordini, venire fotografati o riconosciuti, sorridere o dimostrare “empatia” nei confronti di quello che accade. Dagli stadi alle piazze, il reato di devastazione e saccheggio è stato recuperato per eliminare dalla piazza qualsiasi espressione di lotta se non addirittura di semplice dissenso, cosa che, in questo periodo di crisi, potrebbe essere una realtà sempre più comune. E’ a tutti gli effetti uno strumento di classe, uno dei tanti che i padroni e lo stato hanno affinato e stanno affinando contro i proletari.
A questo si aggiunge che molti dei procedimenti ad oggi in corso per devastazione e saccheggio sono stati resi possibili grazie a delazioni o manifestazione di desolidarizzazione di persone che si trovavano in piazza in quelle stesse giornate. La condanna di uno dei condannati per il G8, Gimmy, è stata resa possibile grazie anche alla denuncia di un “pacifista” di Ravenna; una cosa simile è successa per un nostro compagno accusato di devastazione e saccheggio per i fatti di Roma il cui riconoscimento è stato possibile grazie ad una persona appartenente allo schieramento dei COBAS che ha deciso di farlo identificare in piazza. In più, sono continui gli appelli da parte della stampa e della magistratura subito dopo le manifestazioni nei confronti di chi può produrre materiale fotografico per fornire prove contro altri manifestanti.
L’invito alla delazione sembra essere diventato una costante. Ci vogliono tutti questurini, delatori, invocatori di carcere, di pestaggi, di separazione tra buono e cattivo.
E quando qualcuno non aderisce al coro, viene duramente punito. E’ successo a Genova. Un compagno è attualmente indagato per istigazione a delinquere al fine di commettere atti terroristici per aver criticato con un comunicato comparso su internet la presa di distanza di alcuni dal ferimento di Roberto Adinolfi (Amministratore Delegato di Ansaldo Nucleare).
Il 12 gennaio 2016 presso la corte d'appello di Genova ci sarà un udienza nella quale i legali di Gimmy chiederanno il cosiddetto “continuato” che, se concesso, potrebbe ridurre di qualche mese la detenzione. Ben poca cosa, ma una possibilità per noi per schierarci, ancora una volta, solidarmente con questo compagno per riaffermare che rispediamo al mittente la distinzione fra buoni e cattivi,di nuovo tanto in voga, e perché sappiamo che non lasciando soli i compagni colpiti dalla repressione è possibile continuare la lotta.
Devastazione e saccheggio: ma che novità!!
Devastazione e saccheggio: ma che novità!!
non siete parte del corteo,
non siete parte di noi, siete delle guardie infiltrare,
Vigliacchi, Vergogna
non siete parte del corteo,
non siete parte di noi, siete delle guardie infiltrare,
Vigliacchi, Vergogna
Roma, Ottobre 2011- dal megafono del camion dei COBAS
Le giornate del luglio del 2001 a Genova se le ricordano tutti: sono state giornate di lotta e di rivolta. Lotta contro il vertice del G8, contro i”grandi del mondo”, si diceva una volta, contro la globalizzazione, contro il capitalismo che distrugge territori e popolazioni per poter continuare a sopravvivere, che produce sfruttamento e sottomette al profitto tutto quello che incontra sulla sua strada. Giornate in cui almeno da una parte del corteo è stata espressa rabbia vera, reale, concreta contro questo sistema economico e sociale.
E lo stato, unico detentore legalizzato della violenza, ha reagito: prima in piazza e nelle piazze con le sue guardie attraverso quella che è stata definita una mattanza sudamericana poi con il suo apparato repressivo, condannando, dopo 12 anni, 10 compagni per devastazione e saccheggio per un totale di 100 anni di carcere. Ma per fortuna uno di questi compagni, Vincenzo, è riuscito a scappare e ad oggi è ancora libero.
Dopo il G8 di Genova il reato di devastazione e saccheggio è stato in qualche modo “sdoganato” nella giurisprudenza corrente, ed il ricorso delle procure nell’applicare il reato è divenuto costante. Questa tipo di accusa è ricaduta sui militanti antifascisti a Milano per gli scontri in Corso Buenos Aires dell’11 Marzo 2006, per gli scontri in Piazza San Giovanni a Roma del 15 Ottobre 2011 e per la manifestazione del 1 Maggio 2015 a Milano.
Questo reato (reato contro l’ordine pubblico), introdotto col famigerato Codice Rocco del 1930 (codice tuttora vigente in moltissime sue parti) è nato per reprimere sommosse e moti di piazza. Grazie a questa particolare norma giuridica, è possibile infliggere condanne che vanno dagli 8 ai 15 anni senza dover materialmente provare una condotta criminosa. E’ sufficiente trovarsi in un luogo dove ci sono dei disordini, venire fotografati o riconosciuti, sorridere o dimostrare “empatia” nei confronti di quello che accade. Dagli stadi alle piazze, il reato di devastazione e saccheggio è stato recuperato per eliminare dalla piazza qualsiasi espressione di lotta se non addirittura di semplice dissenso, cosa che, in questo periodo di crisi, potrebbe essere una realtà sempre più comune. E’ a tutti gli effetti uno strumento di classe, uno dei tanti che i padroni e lo stato hanno affinato e stanno affinando contro i proletari.
A questo si aggiunge che molti dei procedimenti ad oggi in corso per devastazione e saccheggio sono stati resi possibili grazie a delazioni o manifestazione di desolidarizzazione di persone che si trovavano in piazza in quelle stesse giornate. La condanna di uno dei condannati per il G8, Gimmy, è stata resa possibile grazie anche alla denuncia di un “pacifista” di Ravenna; una cosa simile è successa per un nostro compagno accusato di devastazione e saccheggio per i fatti di Roma il cui riconoscimento è stato possibile grazie ad una persona appartenente allo schieramento dei COBAS che ha deciso di farlo identificare in piazza. In più, sono continui gli appelli da parte della stampa e della magistratura subito dopo le manifestazioni nei confronti di chi può produrre materiale fotografico per fornire prove contro altri manifestanti.
L’invito alla delazione sembra essere diventato una costante. Ci vogliono tutti questurini, delatori, invocatori di carcere, di pestaggi, di separazione tra buono e cattivo.
E quando qualcuno non aderisce al coro, viene duramente punito. E’ successo a Genova. Un compagno è attualmente indagato per istigazione a delinquere al fine di commettere atti terroristici per aver criticato con un comunicato comparso su internet la presa di distanza di alcuni dal ferimento di Roberto Adinolfi (Amministratore Delegato di Ansaldo Nucleare).
Il 12 gennaio 2016 presso la corte d'appello di Genova ci sarà un udienza nella quale i legali di Gimmy chiederanno il cosiddetto “continuato” che, se concesso, potrebbe ridurre di qualche mese la detenzione. Ben poca cosa, ma una possibilità per noi per schierarci, ancora una volta, solidarmente con questo compagno per riaffermare che rispediamo al mittente la distinzione fra buoni e cattivi,di nuovo tanto in voga, e perché sappiamo che non lasciando soli i compagni colpiti dalla repressione è possibile continuare la lotta.
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