20 giugno 2013

SE LA RESISTENZA E' UN REATO, SIAMO TUTTI RECIDIVI


Questa mattina (19 giugno 2013) 7 fra compagni e compagne sono stati 
messi agli arresti domiciliari e altri 3 sono stati perquisiti e 
accompagnati in Questura a Milano. In più dalla stampa e dai fogliacci 
della questura si apprende che altre 30 persone sarebbero in corso di 
identificazione per concorso materiale e morale.Un'operazione,quindi, 
che riguarderebbe più di una quarantina di compagni con un dispiegamento 
di forze non indifferente.
A fronte di tale ferocia reati e imputazioni “normali”: resistenza 
aggravata a pubblico ufficiale e oltraggio. Normali perché oramai sempre 
più manifestazioni giungono a momenti di tensione con i cani da guardia 
del potere, perché sempre più frequentemente si decide di resistere alla 
violenza di Stato, perché sempre più persone potrebbero condividere 
queste azioni di resistenza e sentire la necessità di ribellarsi.
Diventa così impellente, da parte di chi vuole difendere lo status 
quo,colpire subitamente chi si organizza per resistere, chi si mette in 
gioco in prima persona per un cambiamento radicale dell'esistente.
Uno spazio libero e autogestito in una università sempre più legata al 
profitto, sempre più collusa e funzionale alle imprese è una spina nel 
fianco per l'anno accademico e al suo normale e triste svolgimento.
Una valle che si ostina a non subire le decisioni e il voler di Stato in 
nome del dio denaro viene militarizzata e colpita perché questo non può 
lasciare che una porzione di territorio decida da sé.
I lavoratori che prendono coscienza della loro condizione di sfruttati e 
iniziano a lottare contro le lobbies delle cooperative vengono puniti 
esemplarmente per smorzare ogni velleità di ribellione.
Chi trova la forza per resistere agli sfratti, creando reti di 
solidarietà e organizzandosi per tenersi la propria casa, viene represso 
per impedire la diffusione di una pratica che metterebbe in discussione 
il mercato del mattone e la legittimità del potere costituito.
Chi porta solidarietà agli internati nei CIE viene arrestato e bollato 
come isolato provocatore, perché per lo Stato la solidarietà con i 
detenuti dei CIE e delle galere, negli anni in cui le porte delle gabbie 
si aprono sempre più spesso per gli esclusi di questa società, deve 
rimanere una pratica marginale e controllabile.
Ci rinchiudono per aver resistito. Siamo fieri di averlo fatto. Se 
resistere è un reato, siamo tutti recidivi.
Facciamo un appello a tutti coloro che in questo momento sono sotto 
attacco a non arrendersi, ad alzare la testa, perché anche se per ora ci 
hanno tolto i nostri compagni, la battaglia non è finita: per loro e per 
chi lotta senza paura, diffondiamo la solidarietà.

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