Questa mattina (19 giugno 2013) 7 fra compagni e compagne sono stati
messi agli arresti domiciliari e altri 3 sono stati perquisiti e
accompagnati in Questura a Milano. In più dalla stampa e dai fogliacci
della questura si apprende che altre 30 persone sarebbero in corso di
identificazione per concorso materiale e morale.Un'operazione,quindi,
che riguarderebbe più di una quarantina di compagni con un dispiegamento
di forze non indifferente.
A fronte di tale ferocia reati e imputazioni “normali”: resistenza
aggravata a pubblico ufficiale e oltraggio. Normali perché oramai sempre
più manifestazioni giungono a momenti di tensione con i cani da guardia
del potere, perché sempre più frequentemente si decide di resistere alla
violenza di Stato, perché sempre più persone potrebbero condividere
queste azioni di resistenza e sentire la necessità di ribellarsi.
Diventa così impellente, da parte di chi vuole difendere lo status
quo,colpire subitamente chi si organizza per resistere, chi si mette in
gioco in prima persona per un cambiamento radicale dell'esistente.
Uno spazio libero e autogestito in una università sempre più legata al
profitto, sempre più collusa e funzionale alle imprese è una spina nel
fianco per l'anno accademico e al suo normale e triste svolgimento.
Una valle che si ostina a non subire le decisioni e il voler di Stato in
nome del dio denaro viene militarizzata e colpita perché questo non può
lasciare che una porzione di territorio decida da sé.
I lavoratori che prendono coscienza della loro condizione di sfruttati e
iniziano a lottare contro le lobbies delle cooperative vengono puniti
esemplarmente per smorzare ogni velleità di ribellione.
Chi trova la forza per resistere agli sfratti, creando reti di
solidarietà e organizzandosi per tenersi la propria casa, viene represso
per impedire la diffusione di una pratica che metterebbe in discussione
il mercato del mattone e la legittimità del potere costituito.
Chi porta solidarietà agli internati nei CIE viene arrestato e bollato
come isolato provocatore, perché per lo Stato la solidarietà con i
detenuti dei CIE e delle galere, negli anni in cui le porte delle gabbie
si aprono sempre più spesso per gli esclusi di questa società, deve
rimanere una pratica marginale e controllabile.
Ci rinchiudono per aver resistito. Siamo fieri di averlo fatto. Se
resistere è un reato, siamo tutti recidivi.
Facciamo un appello a tutti coloro che in questo momento sono sotto
attacco a non arrendersi, ad alzare la testa, perché anche se per ora ci
hanno tolto i nostri compagni, la battaglia non è finita: per loro e per
chi lotta senza paura, diffondiamo la solidarietà.
Inquisiti,solidali e complici del Saronnese
Anarchiche e Anarchici del Varesotto
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